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Rassegna stampa di Riccardo Freda

Riccardo Freda è un attore egiziano, regista, scrittore, sceneggiatore, montatore, assistente alla regia, è nato il 24 febbraio 1909 ad Alessandria d'Egitto (Egitto) ed è morto il 20 dicembre 1999 all'età di 90 anni a Roma (Italia).

MAURO GERVASINI

Riccardo Freda è un caso a parte. un po' come Melville in Francia. Individualista, solitario, anticonformista, controcorrente per vocazione e non per vezzo. Non è un caso che il regista italiano abbia sempre rivendicato la sua amicizia, oltre che una sorta di sintonia politica, con Leo Longanesi, feroce dissacratore di Mussolini durante il ventennio e altrettanto risoluto fustigatore della retorica antifascista nel dopoguerra. Freda non fu da meno, nel suo campo. Primo e unico a gridare al mondo culturale molto “organico” del nostro paese che il re, in verità, era nudo. Ovvero che il neoralismo fu (anche) un bluff colpevole di aver assegnato a registi incapaci e privi di talento una sorta di patentino ideologico buono per tutte le stagioni, che ne faceva d'ufficio dei “grandi autori”. Il suo furore lo portò a generalizzare indistintamente, se è vero che di Vittorio De Sica disse cose dure smontando pezzo per pezzo la sua opera: «Gira sempre lo stesso film, prende un fatto storico, epico e terribile sul cui sfondo ambienta la storia di qualche poveraccio con il cuore in mano e con la mamma che lo aspetta piangendo di giorno e pregando di sera». Era la natura di un personaggio scorbutico che aveva, del cinema italiano, un'idea personale: arte sì, ma popolare, della quale era necessario, obbligatorio, esaltare lo specifico, quindi le potenzialità spettacolari. Non in senso americano, benché il cineasta guardasse con rispetto alla Hollywood classica. Anzi il cinema, per Freda, era il linguaggio adatto a recuperare il coté squisitamente europeo dei generi, quello che ha appassionato i nomi principali della nostra letteratura offrendosi loro come “mezzo di trasporto” di poetiche e storie. Victor Hugo (I miserabili, 1994 con Gino Cervi indimenticabile Jean Valjean); Alexander Puskin (Aquila nera, 1946, avventuroso con Rossano Brazzi); Shakespeare (Giulietta e Romeo, 1964, interessante trasposizione che ha il respiro del cappa e spada e qualche risvolto horror); Adolphe D'Ennery (Le due orfanelle, 1966). Ma il suo capolavoro, Il conte Ugolino del 1949, con uno straordinario Carlo Ninchi nei panni dei nobile della Gherardesca, cita addirittura Dante Alighieri e il “fiero pasto”, in un finale di grande impatto emotivo.

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