•  
  •  
  •  
Apri le opzioni

Rassegna stampa di Carl Theodor Dreyer

Carl Theodor Dreyer. Data di nascita 3 febbraio 1889 a Copenhagen (Danimarca) ed è morto il 20 marzo 1968 all'età di 79 anni a Copenhagen (Danimarca).

A CURA DELLA REDAZIONE
MYmovies.it

È il grande regista danese, una delle personalità più eminenti dell'intera storia del cinema. Nato nel 1889 (non a Copenaghen come assicurano i suoi biografi, bensì in Svezia da madre svedese) fu allevato in Danimarca da una rigida famiglia luterana che lo adottò. Il giornalismo fu la sua professione, alla quale resterà sempre legato e sovente ritornerà, anche per sbarcare il lunario nei lunghi intervalli tra un film e l'altro. La sua carriera cinematografica (che non si svolse soltanto in patria, ma in Svezia, Norvegia, Germania e Francia) fu infatti assai densa nel primo decennio, dal 1918 al 1928, ma eccezionalmente parca nel periodo sonoro, in cui il regista diresse soltanto quattro film (Vampyr, Dies irae, Ordet, Gertrud) e alcuni cortometraggi. Fin dalle prime opere vengono lentamente in luce le costanti che caratterizzeranno il suo mondo e il suo stile: un angoscioso problema di coscienza e il rapporto uomo-ambiente nel melodrammatico Il presidente (1918), l'intolleranza in Fogli del libro di Satana e la vecchiaia nella Vedova del pastore ovvero Il quarto matrimonio della signora Margherita (1920), il rigore intimista e i primi piani in Mikal ovvero Il desiderio del cuore (1924) e nel già magistrale Devi rispettare tua moglie (1925), conosciuto in Italia coi titoli L'angelo del focolare e Il padrone di casa. L'arte inconfondibile di Dreyer che, come osserva Francesco Savio, eccelle nel "cavare" piuttosto che nel "mettere", ricorre a pochissimi mezzi e qui, sulla scorta del Kammerspiel tedesco, a tre soli personaggi sempre in interni: ma la vita domestica ch'egli evoca è autentica, l'atmosfera è ottenuta con estrema sapienza e variata con grande ricchezza psicologica, il ricorso alle didascalie è reso inutile dal fatto che le immagini parlano da sole, e l'unità del dramma è assoluta. La passione di Giovanna d'Arco, realizzato in Francia nel 1927-'28, è considerato il capolavoro del regista: un film muto che "tende" al sonoro, una sintesi realistica ottenuta coi mezzi dell'avanguardia figurativa, una densissima galleria di primi e primissimi piani movimentata da panoramiche essenziali, un'opera di alta religiosità imbevuta di storia e di realismo, un film che non ha nulla di mistico pur trattando di una santa e del suo olocausto. La radiografia di un'anima, certo, ma in cui la resistenza di un'anima si tramuta nella resistenza di un popolo. Ingenua fede da una parte, fanatismo e intolleranza dall'altra: sono i temi che ritorneranno anche in Ordet; qui tutto è concreto, e le reazioni della pulzella sono quelle di una contadina, mentre sui volti degli ecclesiastici del collegio sono dipinti, anzi scolpiti tutti i vizi umani. Vampyr (1931) è esattamente il contrario: un bagno nell'assurdo, nell'irrazionale, in cui i mostri sono partoriti dalla fantasia e, al fine di rendere palpabile l'impalpabile, viene descritta minuziosamente e concretamente un'atmosfera di suspense e di terrore. Nel 1943 Dreyer affronta il tema della stregoneria: è il Dies irae. La vecchia Marta è una povera fattucchiera di paese che viene bruciata come strega; anche la giovane Anne è una strega ma dice Dreyer, "soltanto nell'opinione degli altri". E qual'è l'opinione di Dreyer? Egli mantiene la stessa imperturbabile equidistanza da tutti i personaggi: ciascuno ha torto e ragione, ciascuno inganna l'altro, la cosa più terribile è che, in tale clima, la giovane e la vecchia possono, entrambe, ritenersi anche streghe. La neutralità e l'oggettività del regista non reggono più, comunque, di fronte agli interrogativi precisi, in materia di fede e di assoluto, che porranno sia Ordet nel 1955, sia Gertrud, nel 1964. L'autore non può più essere reticente, anche se la reticenza era la forza del Dies irae, che giocava su diversi piani e rimandava sempre la soluzione, o la spiegazione. Ordet, invece, è costruito tutto in funzione di un culmine, che è la rivelazione: la sequenza del miracolo che si compie davanti ai nostri occhi, con tutto il naturalismo possibile, la morta che risorge grazie alla fede degli ingenui e dei puri di cuore, dimostra che il pazzo Johannes, che si crede Gesù Cristo reincarnato, è più savio degli altri cristiani, irrimediabilmente divisi in sette e fazioni, dunque profondamente irreligiosi. Quanto a Gertrude, porta nell'amore e nella vita la stessa sete d'assoluto del mistico folle: conosce uomini ma non trova chi fa per lei, su questa terra, e sceglie d'invecchiare da sola, serenamente. Artista solitario, Dreyer ha maturato in sè le proprie convinzioni. Il suo antico amore per il teatro lo ha condotto negli ultimi film, e particolarmente in Gertrud, a un impianto teatrale che, se pure esisteva anche in epoca muta, era completamente assorbito nelle immagini, mentre ora è accentuato dal prevalere del dialogo. Può darsi che il danese Christensen, autore del film La stregoneria attraverso i secoli (1922), abbia influenzato il suo stile: non certo il suo pensiero. Così il Kammerspiel e anche il Potemkin. Dal canto suo, anche Dreyer non ha influenzato nessuno, tanto meno Bergman che discende da tutt'altre fonti (Sjòstriim, Stiller) e tutt'altra problematica (l'esistenzialismo filosofico, da Kierkegaard a Sartre). Forse soltanto Bresson si è ispirato al suo ascetico rigorismo, ma su un piano diverso e minore. Per Ordet, e per la sua opera e la sua vita di artista, CarI Theodor Dreyer ebbe il Leone d'oro a Venezia nel 1965; sue "personali" furono allestite dalla Mostra nel 1937 e, più ampia, nel 1956.

FRANçOIS TRUFFAUT

Se penso a Carl Dreyer, la prima cosa che mi viene in mente sono immagini bianche, gli splendidi primi piani silenziosi di La passion de Jeanne d'Arc (La passione di Giovanna d'Arco, 1928) la cui successione sullo schermo costituisce l'esatto equivalente del dialogo serrato svoltosi tra Giovanna e i giudici di Rouen.
Subito dopo mi ricordo del candore di Vampyr (Il vampiro, 1932) accompagnato ai suoni, alle grida e soprattutto ai gemiti atroci del Dottore (Jean Hieromniko) la cui ombra accartocciata scompare nel deposito di farina, là in quel mulino imperturbabile dove nessuno verrà mai a liberarlo. Tanto era stata sobria la cinepresa di Dreyer nel filmare Jeanne d'Arc, altrettanto si libera e diventa una sorta di lapis in mano a un giovane per seguire, precedere o intuire i movimenti del vampiro lungo i muri grigi.

FERNALDO DI GIAMMATTEO

Nato dall'unione illegittima di un agricoltore svedese e della sua governante, il bambino è adottato, alla morte della madre, da una famiglia luterana di austeri costumi. Dopo alcune esperienze infelici, trova accoglienza nel giornalismo e, insieme, nel cinema, come soggettista, redattore di didascalie e montatore. Nel 1919, a 30 anni, dirige il suo primo film e l'anno successivo si cimenta - con la tranquilla improntitudine d'un megalomane sotto mentite spoglie - in una imitazione di Intolerance di Griffith: Pagine del libro di Satana (1920). Emigra in Germania e prosegue una attività di qualche interesse (curioso è quel Mikael, Desiderio del cuore,1924, in originale imperniato sulla malcelata omosessualità del protagonista), fino a quando, in Francia stavolta, può dedicarsi, per un anno e mezzo, all'allestimento, alle riprese e al montaggio di La Passione di Giovanna d’Arco (1928), il primo dei cinque capolavori che hanno consegnato il nome del danese alla storia del cinema: tre ritratti di donna, le storie di una donna vampiro e di un miracolo che provoca la resurrezione di una donna. Al centro di una ossessione profonda e lacerante, la donna è per Dreyer il fulcro di uno stile visivo rigoroso (contrasti duri di bianchi e di neri, primi piani fortemente angolati, immobilità insistita dell'inquadratura, controluci, filtri deformanti, recitazione lenta e come sospesa). La Passione narra il processo, l'abiura e la ritrattazione di Giovanna. Il vampiro (1932), primo film sonoro del regista, è la storia

GIORGIO GHEZZI

Due sono i film che questo grande regista danese dedicò alla stregoneria: Il vampiro, 1930, e Dies Irae, 1940. Col suo celebre Giovanna d'Arco Dreyer era stato accusato di troppa preoccupazione delle superfici, di eccesso di realismo. Nel Vampiro egli si decise così ad andare al di sotto della realtà e di ricercare il fantastico sotto la normalità. A differenza dei registi tedeschi, come Wiene. Lang, Galeen, Dreyer lavorò fuori dagli studios, e riuscì a creare un film pieno di un'atmosfera fantastica usando del materiale comune. Dirà Dreyer: «Immaginate di star seduti in una stanza ordinaria. Improvvisamente si dice che dietro la porta c'è un corpo. In un istante la stanza nella quale ci troviamo risulta completamente alterata; ogni cosa che vi si trova assume un aspetto differente; la luce, l'atmosfera sono cambiate sebbene fisicamente esse siano sempre uguali. Questo perché siamo noi ad essere cambiati e gli oggetti sono come noi li concepiamo. Quello è l'effetto che io voglio ricreare nel mio film». Nel film, quindi, viene eliminata qualsiasi visione scioccante di tipo fisico, e l'orrore della vicenda risulta solo psicologico. Il vampiro segnò anche il debutto del regista nel sonoro; anche qui egli usò questo elemento fisico per aggiungere mistero e orrore alla sua vicenda, usando dialoghi ellittici, frasi e rumori indistinti, e una musichetta che pareva suonata dal violino del Diavolo. Dovevano passare altri dieci anni prima che Dreyer si rimettesse alla macchina da presa realizzando, appunto, Dies Irae. In questo caso, però, si tratta di un « fantastico nordico » troppo deformato da uno spirito religioso, che spezza ogni slancio, ogni ricerca dij atmosfera fantastica, anche se serve a approfondire la conoscenza di questo regista, che si muove tra la stregoneria e il misticismo.

Vai alla home di MYmovies.it »
Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | Serie TV | Dvd | Stasera in Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | TROVASTREAMING
Copyright© 2000 - 2024 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Accedi | Registrati