Mario Soldati è un attore italiano, regista, scrittore, sceneggiatore, co-sceneggiatore, assistente alla regia, è nato il 16 novembre 1906 a Torino (Italia) ed è morto il 19 giugno 1999 all'età di 92 anni a Tellaro (Italia).
Il viaggio nella nostalgia continua, e, con buone ragioni. Il New York Times annota che il pur bel film di Tornatore, Baarza, cardine del cinema italiano alla Mostra del cinema di Venezia, «impallidisce» dì fronte a La grande guerra, capolavoro scomodo e restaurato nella sua integrità, cinquant'anni dopo aver disturbato la nostra eroica visione, appunto, della cosiddetta Grande Guerra (film che raccomandiamo per la forza antiretorica, per la poderosa orchestrazione delle scene di massa e per il senso di umanità che ne esce).
Sempre sul sentiero della memoria del cinema, che tanto ha da insegnarci, magari in una direzione un po' più alta delle tarantinate alla moda, ecco un insigne storico del settore, Gian Fiero Brunetta, presentarci per i tipi di Laterza Il cinema italiano di regime, una come sempre dotta e informata storia della produzione italiana, da La canzone dell'amore, il nostro primo film sonoro, a Ossessione, il film con cui molti sostengono sia nato il neorealismo.
Ma, soprattutto, ecco un delizioso libretto curato da Emiliano Morreale, il cultore della nostalgia cinematografica, con scritti di Gianni Amelio, Adriano Aprà, Alberto Arbasino, Goffredo Fofi, Enrico Ghezzi, Jean Gili, Carlo Uzzani, Luca Malavasi e Emanuela Martini e con un album fotografico a cura di Anna Cardini Soldati, dedicato a Mario Soldati e il cinema Un percorso colloquiale e spiritoso nelle pieghe di quella ricca e contraddittoria personalità che fu Soldati, scrittore e regista - o regista e scrittore, come preferite - che rivediamo nelle foto con il suo basco, i baffi, il toscano, la sua aria scarmigliata e trafelata da Groucho Marx italiano. Certo, oltre che un formidabile scrittore da rileggere, un grande «artigiano» del cinema, nel senso migliore della parola, a cui si deve qualche classico adattamento letterario e tanto buon cinema di genere o popolare (tra cui proprio il titolo a cui si ë ispirata la retrospettiva veneziana di questi due ultimi anni, Questi fantasmi). Da rivedere tutto quello che è disponibile (tra cui Piccolo mondo antico, La provinciale e Le miserie del signor Travet).
Da Il Venerdì di Repubblica, 18 settembre 2009
Accennando in altra sede e fuggevolmente al nuovo film di Mario Soldati, La provinciale, abbiamo detto che esso sarà probabilmente un film guida. Cercheremo ora, esaminando il film, di spiegarci più chiaramente. È noto che, da tempo ormai, Mario Soldati desiderava di fare un film importante, un'opera, come si dice, impegnata, che valesse soprattutto a togliergli.la noia causata da tanta gente che gli rimproverava i film balordi e dimessi a contrasto con le sue fatiche letterarie, culminate nel recente successo dei racconti «A cena con il commendatore».
Uomo di ingegno e di carattere singolari, cattolico «refoulé» («Il mio amico gesuita») Mario Soldati proviene dalla critica d'arte e, come gusto, da quel gruppo torinese che si formò trent'anni or sono nella cerchia di Piero Gobetti e delle sue due riviste «Rivoluzione liberale» e «Il Baretti». Con una borsa di studio si recò negli Stati Uniti, dove restò, clandestino, dopo i termini contrattuali: da questa esperienza nacquero uno dei libri suoi più vivi, «America primo amore», e quella conoscenza di usi e costumi USA che tanto doveva servirgli nel cinema. Aveva anche partecipato, secondo la moda di quegli anni, a una esperienza provinciale, collaborando a una rivista intitolata «La Libra» assieme a giovani che dovevano conquistarsi un buon nome, Enrico Emanuelli e Mario Bonfantini. E il loro sforzo, poco eterodosso anche in chiave politica, doveva meritare una segnalazione da parte di G. A. Borgese in un articolo del «Corriere della Sera», intitolato «i novaresi».
Questo si dice per illuminare la figura di un regista venuto al cinema non per amore, per una chiara vocazione, ma per ragioni pratiche, per guadagnarsi la vita in modo un pochino più brillante di quello che facevano i suoi compagni professori di scuola media o inviati speciali dei giornali del regime. Non sappiamo quali siano le idee del Soldati di oggi: ma in un articolo uscito sulla terza pagina del «Lavoro», alcuni anni prima della guerra, egli dichiarò fuori dai denti che il cinema non era mai stato un'arte, e che non lo sarebbe mai diventato, con grande scandalo di chi come noi seguiva attentamente quel giornale, così poco conformista e che aveva la collaborazione di un gruppo di scrittori poco in odore di santità politica. Questa sua dichiarazione non vietò al Soldati, arrivato al cinema come sceneggiatore e aiuto di Mario Camerini, di firmare alcuni film significativi: da Piccolo mondo antico (Alida Valli), di gusto ambientale perfetto e che aveva alcuni personaggi memorabili, a Tragica notte che per molti lati si apparenta alla Provinciale. Nel dopoguerra Soldati ha creduto opportuno di dolcificare e aggiornare i «contenuti» moraviani. Gemma, bellissima e povera ragazza di provincia, spera di sposare un dovizioso giovane, il cui padre, un aristocratico, tutti gli anni l'invita in villa per un soggiorno estivo. Vedendola sempre più infatuata, la madre le rivela che il matrimonio è impossibile, perché anche lei è figlia del conte, suo amante di gioventù. La delusione è cocente, lo scarto tra una speranza quasi corposa, da toccare da un momento all'altro, e la misera vita d'ogni giorno è tale che Gemma, in un torrido pomeriggio d'estate, cede alle voglie di un professore di scuola media pensionante della madre. I due si sposano ma mentre il marito, soddisfatto fisicamente, continua i suoi ardui studi, Gemma nell'accidia provinciale (è questa la parte più viva e calda del film) cede alle provocazioni di una avventuriera, sedicente contessa rumena. Ben presto s'accorge che l'amante sta per lasciarla e che la mezzana cerca di far soldi servendosi della sua leggerezza e del suo splendido corpo. Dopo un soggiorno in montagna, nel quale si accorge di amare il marito che s'è rivelato studioso di vaglia, Gemma cerca di rompere i legami col passato; ma la rumena la ricatta e si introduce in casa sua. In uno scatto d'ira Gemma cerca di accoltellare la rumena. La ferisce appena e il marito perdona.
Soldati s'è posto con chiarezza tre problemi: un problema di stile, un problema d'ambiente e un problema psicologico. Ha risolto pienamente il problema d'ambiente, aiutato dalla bravura dell'operatore Aldo: certa provincia italiana, tètra nell'apparente serenità dei monumenti e del clima, è colta stupendamente. Il regista ha capito il fondo amaro di esistenze sempre uguali, aduggiate dall'ambiente meschino e dalle scarse, prevedutissime risorse economiche. Circa il problema di stile Soldati è stato molto ambizioso ed. è ricorso al «narratage», cioè al racconto a rovescio. Il film si apre con la scena di Gemma che accoltella la mezzana e ricattatrice. Da questo episodio si svolgono «à rebours» le confessioni dei protagonisti. Ognuno si chiede il perché, le ragioni dell'accaduto. Questo procedimento, che richiede un'abilità tecnica non comune, ha indebolito alquanto lo slancio vitale della situazione. Ha dato come scontato l'effetto della coltellata (un po' come ha fatto Billy Wilder in Sunset Boulevard, quando mostra Holden morto nella piscina) e ha riservato ogni attenzione allo sviluppo psicologico. Questo ha portato a un certo squilibrio, col «climax» che cade nella prima parte, quando la madre rivela alla figlia la propria colpa giovanile. Inoltre, a render chiari i racconti, Soldati è stato obbligato a insistere nelle situazioni col risultato di render duri e legati certi passaggi. Per ciò che riguarda il personaggio centrale, quello di Gemma, è giusto sottolineare i grandi progressi della Lollobrigida; ma è anche giusto dire che essa per ora è più che altro una «presenza» e non è ancora attrice completa. Soldati ha fatto benissimo a sceglierla come interprete, perché il suo fascino fisico è tale da facilitare néllo spettatore la comprensione degli accadimenti; ma è certo che una recitazione più «nuancée» avrebbe facilitato il disegno compositivo dell'opera. Bravissimo invece Gabriele Ferzetti nella parte del marito.
S'è accennato che Soldati è stato obbligato a modificare alquanto lo spirito dell'originale. Dolcifìcandolo, abbiamo detto. Non bisogna dimenticare che il racconto di Moravia è «datato», anche se nobilmente datato, nella sfera dell'espressione artistica. Esso appartiene all'anteguerra, alla dittatura, a quel frigido tetto di noia cui era stata ridotta la vita italiana. Adesso, tutto, o quasi tutto, è cambiato. E per questa ragione Gemma appare più vicina al personaggio di Flaubert che a quello di Moravia: è una donna che pecca, ma con violenza e che ritrova la pace e un appaga-mento nella trincea matrimoniale da cui ha cercato di evadere. Gemma è vicina a Emma non per ciò che le accade, ma perché le sue esigenze spirituali si iscrivono non nel pre-esistenzialismo di Moravia giovane ma nel naturalismo di Flaubert. Come l'autore di «Madame Bovary», Soldati potrebbe dire: «Gemma c'est moi.» Parole che ovviamente non potrebbe dire Moravia della protagonista del suo racconto.