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Rassegna stampa di Luigi Zampa

Luigi Zampa è un regista, scrittore, sceneggiatore, co-sceneggiatore, assistente alla regia, è nato il 2 gennaio 1905 a Roma (Italia) ed è morto il 16 agosto 1991 all'età di 86 anni a Roma (Italia).

GIAN LUIGI RONDI
Il Tempo

Luigi Zampa preferisce da tempo far polemica in chiave umoristica, anche se uno dei film, dopo Anni facili, che più lo raccomandarono all'attenzione della critica fu La romana, ambiziosamente tratto dall'omonimo romanzo di Moravia; in genere la sua polemica è caustica, puntata, spietata, ma per la ironia di cui si veste raggiunge il bersaglio senza ferire in modo eccessivo; sia che, rifacendosi a un fatto di cronaca, tenti, come nel Vigile, una satira largamente ispirata al costume contemporaneo, sia che, come negli Anni ruggenti, parodia di un noto testo letterario, riproponga con fermezza, ma anche con gusto, la caricatura degli anni della dittatura fascista, visti in un'atmosfera che pur suscitando il riso, non sa separarsi volutamente da una nota sconsolata di amarezza; con rigore, asciuttezza, schiettezza di modi.

GIAN PIERO BRUNETTA

Al contrario di Castellani, Luigi Zampa non si trova spiazzato agli inizi del nuovo decennio: anzi, senza perdere il contatto con il livello medio alto della produzione, vede germogliare elementi del suo cinema disseminati negli anni Cinquanta e lui stesso ha la possibilità di proseguire e coltivare un tipo di racconto che gli è congeniale. Zampa e chi ha lavorato con lui negli anni Cinquanta si è posto il problema della rappresentazione del ritratto dell'italiano e della misurazione dei rapporti variabili con le istituzioni. La vena della satira e del grottesco si salda in lui a una risentita consapevolezza civile (che gli viene dal sodalizio con Brancati con molta probabilità), che si manifesta non con risultati omogenei ma con discreta continuità. Il regista non parte dal personaggio, ma dal contesto, dal tema, e usa l'intreccio e il personaggio come esatta misura e reagente dei problemi del contesto. Dalla corruzione politica alla disfunzione dell'assistenza medica e ospedaliera, dalla crisi dell'identità religiosa, alla rappresentazione della mafia e delle sue ramificazioni nella società, Zampa - spostando sul piano della satira temi drammatici - ha continuato a tener vivo il senso di una grande passione e l'esigenza di lottare contro i residui parassitari e arcaici della società italiana. Tra i titoli ricordo Il vigile (1960), Anni ruggenti (1962), Una questione d'onore (1966), II medico della mutua (1968), Contestazione generale (1970), Bisturi: la mafia bianca (1973), Gente di rispetto (1975). Se Germi è andato alla scoperta dei vizi della sconosciuta provincia Veneta con Signore e signori, Zampa, con Questione d'onore, va alla scoperta dell'ancor più sconosciuta ed estranea Sardegna. Vale la pena ricordare come la voce fuori campo, in apertura del film offre un quadro dell'isola: «La Sardegna è una terra di 24.084 kmq, 967.000 abitanti, 4.500.000 pecore e 82.000 pugili e 36.250 carabinieri».

ITALO CALVINO
Cinema Nuovo

[...] C'è stato un momento, quando Adriana e l'amica sono nella losca trattoria di campagna con Astarita e l'altro, e bevono e ballano col grammofono, e fa caldo, e c'è un'aria amara e greve e pigra, c'è stato un momento in cui proprio ho detto: - Perbacco! L'ha imbroccata! - Ero stato fino allora sul chi vive, per vedere se riusciva a ingranare, e ecco, questa scena, questa seduzione a freddo, a bocca storta, con quella sciatteria romanesca e disgustata, era il tono giusto di Moravia, d'un Moravia più recente ancora della Romana, il tono dei Racconti romani che Zampa aveva indovinato in pieno.
E poi quando andavano via in macchina e il dialogo e la recitazione procedevano stentati, legnosi - e avevamo fresca nella memoria l'immagine d'un'altra scarrozzata di due coppie vista poche sere prima, in Touchez pas au grisbi, tutta disinvoltura gergale, gioco di sfumature facili e scoperte - ancora ci dicevamo, ecco questo è lo stile del film duro e sgradevole, che ce ne importa di Grisbi e del suo mestiere: qui si vede che c'è qualcosa da dire. Poi Adriana che aveva ricevuto i soldi andò a casa e si buttò sul letto a piangere, e allora dicemmo: - Be', è tutto il contrario di Moravia. Adriana non è quella pigra e sana creatura che passa come intatta attraverso le esperienze più oscure senza che le albeggi mai un dramma, una coscienza di peccato se non sentito come condizione di natura? Qui hanno voluto moralizzarla, ricondurla al risaputo "cliché" della traviata col dramma interiore, piena di retti sentimenti ecc., ma l'importante è che stia in piedi come film; che importa che sia Moravia o non Moravia, se invece di Moravia Zampa ci ha detto un bel drammone popolare, con dentro il sapore di quell'Italia sudata, poliziesca e corrotta, ha fatto una gran cosa, più utile ancora.
Entrò in scena Mino, un personaggio preso subito di petto, dichiarato, caricato al massimo per far capire anche ai sordi che è il moralista, il giovane con i pensieri fissi a un punto, a un ideale, e con una maschera come quella di Gélin che poteva assimilarsi a un certo tipo d'intellettuale anche italiano. E dicemmo: - Ecco, Zampa non è uno che va per il sottile, le sue caratterizzazioni saranno magari sforzate, però di personaggi come questi il cinema italiano ne ha bisogno, quest'immagine dell'antifascista moralista non è entrata nella tipizzazione popolare, è ancora sconosciuta ai più, e Zampa la volgarizza, la acquisisce alla conoscenza del pubblico, a una sistemazione storica spicciola. Col professore di Anni facili l'antifascista moralista è ancora una macchietta, qui comincia a diventare, anche se un po' rozzo, un po' stridente, un personaggio.

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