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Rassegna stampa di Janet Leigh

Janet Leigh (Jeanette Helen Morrison) è un'attrice statunitense, è nata il 6 luglio 1927 a Merced, California (USA) ed è morta il 3 ottobre 2004 all'età di 77 anni a Los Angeles, California (USA).

VALERIO CAPRARA
Il Mattino

Un'attrice interessante e versatile, capace di giostrare col suo fisico slanciato e la sua spontaneità sexy sui diversi toni dell'intensità drammatica, della grazia sentimentale e della disinvoltura brillante. Eppure a Janet Leigh, al di là della candidatura all'Oscar, è toccato di restare legata per sempre al ruolo di Marion Crane, la contabile disonesta in fuga da Phoenix che viene massacrata nel bagno di un motel nel thriller più inquietante di Hitchcock... Magie e misteri del cinema: seppure presente in oltre sessanta pellicole e partner di star del livello di Errol Flynn, Gary Cooper e Jimmy Stewart, la Leigh non finirà mai di farci provare un brivido di colpevole voyeurismo quando in Psyco (1960) s'appresta a fare la doccia e Anthony Perkins si dilegua nelle tenebre della casa gotica presidiata da una madre imperiosa e querula. La sequenza, per la verità, aveva sconvolto da subito le platee mondiali non solo per l'imprevedibilità della morte di un'apparente protagonista ad appena 45 minuti dall'inizio del film, ma soprattutto per la sua (allora) inusitata violenza, orchestrata dal geniale montaggio del maestro. Nelle circa settanta fulminee inquadrature che dettagliano l'assassinio non si vede mai il coltellaccio del pervertito penetrare nelle sue carni nude, ma l'effetto complessivo, grazie anche alla lacerante partitura di Bernard Herrmann, è ancora oggi terrificante. Per girare la sequenza destinata a diventare di culto, l'attrice era tornata per un'intera settimana in quello spazio-mattatoio indossando una calzamaglia color carne e negli anni successivi ha confessato in numerose interviste di non essere stata più in grado di fare la doccia.

MARIUCCIA CIOTTA
Il Manifesto

È ricordata con il viso deformato da un grido di morte, un frame che segna la storia del cinema, Janet Leigh urlava in Psycho come l'uomo di Munch. Un urlo che dice di più della paura di Marion Crane, trasmette le vibrazioni emotive dei tempi. Allora, come ora, Janet Leigh urla per tutti noi. Era il 1960, tre anni dopo John F. Kennedy sarebbe stato ucciso. Era l'urlo dell'America già in rivolta. Stagliata nel bianco e nero di Hitchcock, Janet catalizza un'atmosfera di spaesamento che evoca il noir anni Quaranta e l'incursione di una malessere mentale. Ovvero Norman Bates, un Anthony Perkins, che estremizzava la perdita dell'identità maschile già investigata dall'uomo-erotico (Marlon Brando, James Dean...). Davanti a sé, Marion Crane ha una creatura camaleontica, un essere inafferrabile, non più sensibile alla seduzione. Norman Bates si incarica di uccidere definitamente la diva con una «vera» coltellata al cuore. Centralità della psicanalisi e della nouvelle vague europea, che il maestro del brivido ripropone a suo modo e che dà all'attrice il suo fermo immagine immortale. Per questo, la notizia della scomparsa di Janet Leigh suona come un assurdo, un'impossibilità. L'attrice è morta ieri a Los Angeles all'età di 77 anni. Abitava a Beverly Hills, nel quartiere esclusivo dei ricchi e dei famosi, circondato dalle palme e chiuso da un cancello dorato. Era malata da tempo. Accanto a lei c'erano le figlie attrici, Kelly e la più nota Jamie Lee, entrambe nate dal matrimonio con Tony Curtis, il protagonista di A qualcuno piace caldo.

ALBERTO CRESPI
L'Unità

Sì, dopo aver girato Psycho non fece mai più la doccia. No, l’acqua non era fredda, Hitchcock si premurò perché la doccia gettasse acqua calda per tutti i 7 giorni di riprese necessari per la scena. No, Anthony Perkins non era sul set: era a New York per le prove del musical Greenwillow, e del resto l’attore non interpretò nessuna delle scene in cui appare, letteralmente, nei panni della madre (Hitchcock non voleva che il pubblico potesse riconoscerlo). Sì, lei era nuda sotto la doccia, ma in nessuna inquadratura, per quanto brevissima, si vedono i capezzoli: problemi di censura, in quel lontano 1960.
Bisogna partire da lì, da quella scena - una delle tre o quattro più famose della storia del cinema - per raccontare la vita di Janet Leigh. Una diva capace di interpretare 63 film in carriera, e di frequentare le cronache rosa per un decennio grazie al «popolarissimo» matrimonio con il collega Tony Curtis (durato dal 1951 al 1962), ma rimasta nella memoria collettiva per un ruolo da protagonista nel quale muore a metà film. Psycho, oggi, può apparire come un horror «normale», o più semplicemente come uno dei film più famosi di Alfred Hitchcock: in realtà fu un film rivoluzionario. Perché rifondava un genere (l’horror, appunto), perché riscriveva le leggi del marketing applicato al cinema (riprese vietatissime a stampa ed estranei, titolo di lavorazione falso e fuorviante - Wimpy -, trailer misterioso in cui si vedevano solo il regista e il motel, divieto - per la prima volta nella storia! - di far entrare il pubblico a spettacolo iniziato). E perché, appunto, faceva morire la star nel primo tempo. E nonostante questa prematura scomparsa dal film, Janet fu candidata all’Oscar e cominciò a popolare i sogni (e gli incubi) di tutti i maschi del pianeta. Il film, del quale si tende a ricordare solo il motel, la doccia e le parrucche di Anthony Perkins, iniziava con una scena di sesso fra lei e John Gavin che era incredibilmente osé per il 1960. L’unico rimpianto di Hitchcock - lo confessò anni dopo a Truffaut - era il reggiseno: anche lì, motivi di censura, ma il regista avrebbe voluto il nudo integrale.

MASSIMO IONDINI
Avvenire

Dopo quella scena di accoltellamento, confessò in un libro di non esser mai più riuscita a entrare in una doccia. Prigioniera due volte del mago del brivido Alfred Hitchcock: perché quelle sequenze di Psycho, entrate come un'icona nella storia del cinema, fermarono anche la futura carriera di Janet Leigh. L'attrice americana, sofferente da tempo di un'infiammazione al sistema circolatorio, è morta ieri nella sua casa di Beverly Hills a 77 anni. Al suo capezzale il marito Robert Brandt e le figlie Kelly e Jamie Lee Curtis (nate dal matrimonio con Tony Curtis), anch'esse attrici. Per quella scena in cui, nei panni della ladra Marion Crane in fuga da Phoenix con 40 mila dollari nella valigia, viene ammazzata sotto la doccia di un isolato motel dallo psicopatico Norman Bates (interpretato da Anthony Perkins) ottenne anche una nomination all'Oscar nel '61. Da allora pochi altri ruoli in una manciata di film, tra cui Tre sul divano con Jerry Lewis, Va' e uccidi di Frankenheimer e Fog di Carpenter. Prima del fatidico e mortale urlo di terrore immortalato da Hitchcock la Leigh era stata protagonista in Atto di violenza di Zinneman (del '48), Piccole donne di Le Roy ('49), Scaramouche di Sidney ('52), Lo sperone nudo di Mann e Il mago Houdini col marito Tony Curtis (del '53), fino all'Infernale Quinlan di Orson Welles ('58). Nel '60 Hitchcock, dopo aver scartato diverse altre attrici (tra cui Shirley Jones e Lana Turner), scelse proprio Janet Leigh per quella breve ma leggendaria parte in Psycho. Per quella scena Hitchcock chiese alla troupe che l'acqua diventasse improvvisamente gelida nel momento in cui Marion veniva accoltellata. Ma non fu quello l'unico "scherzo" ai danni della Leigh: il regista, infatti, volle provare l'efficacia del cadavere della madre di Norman, mettendolo nel camerino della Leigh e ascoltando quanto urlasse forte quando lo scoprì. Il regista aveva tra l'altro concepito la scena della doccia senza colonna sonora, ma il musicista Bernard Herrmann compose ugualmente un brano e Hitchcock cambiò idea quando lo ascoltò. Inizialmente il lancio del film fu bloccato dalla censura che sosteneva che nella scena della doccia si vedesse un seno di Janeth Leigh. Ma così non era: la Leigh aveva indossato una tuta color carne. «Non potevamo mostrare le nudità, né una lama che trafigge un corpo - raccontò l'attrice -, ma la maggior parte delle persone si convinse di averle viste entrambe. Avere limitazioni di quel tipo spingeva i registi a essere più creativi».

FABIO FERZETTI
Il Messaggero

Janet Leigh, alias Marion Crane, alias Susan Vargas. I l primo nome è quello con cui fu celebre come attrice di film di ogni genere tra la fine degli anni ’40 e i primi ’60 (quello che le diedero quando nacque in California il 6 luglio del 1927 era più perbene e meno sexy: Jeanette Helen Morrison). Il secondo, molti lo ricorderanno, è il nome che portava in Psycho, una figura entrata nella leggenda anche se veniva accoltellata sotto la doccia in una delle scene più clamorose, imitate e commentate della storia del cinema.
Il terzo nome, noto forse solo ai cinefili, è quello che aveva ne L’infernale Quinlan di Orson Welles. Un altro piccolo personaggio, per giunta in un film di serie B che prima di diventare un “cult” fu un fiasco commerciale. Tanto da poter tranquillamente dire che la fama di Janet Leigh riposa in buona sostanza su questi due capolavori (a Psycho , di cui restò in certo senso prigioniera, l’attrice dedicò anche un libro di memorie una decina d’anni fa). E su un pugno di altri titoli come il Piccole donne di Mervyn Le Roy, 1949 (le sorelle erano Liz Taylor, June Allyson e Margaret O’Brian); Lo sperone nudo (1953), western crudele di Anthony Mann; Il mago Houdini , oliato “biopic” di George Marshall (1953), uno dei cinque film che interpretò accanto al terzo e non ultimo marito Tony Curtis (unione felice, almeno cinematograficamente, se misero al mondo l’incantevole Jamie Lee Curtis). Senza dimenticare Tre sul divano (1966), una delle gemme di Jerry Lewis; Scaramouche di George Sidney (1952); Va’ e uccidi di John Frankenheimer (1962), appena rifatto da Jonathan Demme; e un curioso giallo di Giuliano Montaldo, Ad ogni costo , 1967.

News

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