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Rassegna stampa di Lyda Borelli

Lyda Borelli. Data di nascita 22 marzo 1884 a Rivarolo Ligure (Italia) ed è morto il 1 giugno 1959 all'età di 75 anni a Roma (Italia).

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A differenza della sua rivale Francesca Bertini, che ebbe forse una maggiore popolarità, oltre che una diva fu anche una vera attrice. Prima di giungere, grazie alla sua bellezza, sullo schermo, aveva svolto una intensa attività di prosa. Nel 1904 Virgilio Talli la volle nella sua celebre compagnia accanto alla Gramatica e al Calabresi. Un anno dopo la si trova accanto alla Duse in Fernanda di Sardou. Nel 1909 lavora con Ruggero Ruggeri. Aveva un fisico sottile, lineamenti delicati, vestiva con un gusto suo, particolarmente marcato. In breve, quando cominciò la popolarità data dallo schermo, questo tipo si impose fra le giovani, come più tardi avvenne con le dive di Hollywood. I suoi film ebbero spesso motivi particolari di interesse: Perfido incanto, ad esempio, diretto da Anton Giulio Bragaglia, allora seguace di Filippo T. Marinetti, avrebbe dovuto essere il primo film futurista e infatti tutte le scenografie sono in stile. Per Rapsodia salanica, che fu diretto da Carmine Gallone e nel quale la B. ebbe la parte principale, Umberto Mascagni scrisse la musica che un'orchestra .eseguiva in sala nel corso di ogni spettacolo. La sua prima scrittura avvenne nel 1913, quando era nella compagnia Piperno-Borelli-Gandusio. Il successo del primo film, Ma l'amor mio non muore, fu clamoroso. Nel 1915 passò alla casa di produzione allora diretta da Ermete No-velli. La carriera della B. ebbe fine quando la sua fama era ancora altissima, nel 1918, anno in cui sposò l'industriale conte Vittorio Cini, ritirandosi a vivere in una principesca dimora sul Canal Grande, a Venezia.

VITTORIO MARTINELLI

«Ricordo quelle donne dal passo vacillante e convulso, le loro mani di naufraghe dell'amore che andavano accarezzando le pareti lungo i corridoi, aggrappandosi alle tende, inebriandosi al profumo dei fiori, tra ombrosi giardini e scalinate marmoree...».
Così si esprime un eccellente testimone d'epoca, Salvador Dalí, a proposito delle grandi dive italiane del silenzio. E di queste silhouettes diafane e languide, frementi ed accese, fasciate in serici abiti, che incedono eteree, a piccoli passi come le musmé giapponesi, in un'atmosfera rovente e rarefatta ad un tempo, Lyda Borelli è, senz'ombra di dubbio, il più esemplare modello.
Il suo fu un passaggio da meteora: solo cinque anni di presenza sullo schermo, in tutto una dozzina di film che però hanno segnato un'epoca. Non è azzardato affermare che la sua fu una presenza magnetica: per diverso tempo si parlò di «borellismo» sia tra le molte imitatrici - e non solo in Italia - che si rifecero al suo personalissimo stile di recitazione, sia tra tante donne del suo tempo, contagiate dal carisma dell'attrice.

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