Daniel Radcliffe (Daniel Jacob Radcliffe) è un attore inglese, è nato il 23 luglio 1989 a Londra (Gran Bretagna). Daniel Radcliffe ha oggi 34 anni ed è del segno zodiacale Leone.
Uno dei produttori, che si chiama David Heyman, dice che l'eroe dei film di Harry Potter, Daniel Radcliffe, è cresciuto troppo. Avrà 15 anni in luglio (due più del personaggio), cominciano a piacergli le ragazzine per le quali è un idolo, la sua voce s'è fatta più profonda e virile: insomma, bisognerà sostituirlo.
Per ora sta interpretando il quarto film della serie, Hariy Pottere la coppia di fuoco, previsto per il novembre 2005,e partecipa a cerimonie e festeggiamenti mediatici per il terzo film, HanyPottere il prigioniero di Azkaban di Alfonso Cuaron. Anche se dopo non ci sarà più, resteranno i motivi di gratitudine verso questo ragazzo bravo, calmo e bello, divenuto celebre nell'intero Occidente, star della magia e del coraggio.
Innanzi tutto, con i suoi occhialini rotondi ben cerchiati di scuro ha liberato dai complessi migliaia di ragazzini occhialuti, impacciati e soffereriti per la necessità di portare le lenti: se gli occhiali possono accompagnarsi a un tale successo, se non ostacolano le avventure più ardite e fantastiche, non vorrà dire che portarli non è una limitazione né una vergogna, che non bisogna farsene un dispiacere? E poi (naturalmente il merito principale va alla fenomenale serie dei libri di J. K Rowling da cui i film derivano) Daniel Radcliffe ha restituito a bambini e ragazzi il mondo fatato dell'immaginazione. Si sa che lo spettacolo tende sempre di più al concreto verismo, a ripetere o imitare la vita reale come se ne valesse la pena: Harry Potter ha consentito agli spettatori ragazzini e ragazzi di riscoprire il fascino, il brivido della magia. Il sogno di passare attraverso i muri, di sconfiggere i mostri, di guidare un'automobile volante, di penetrare nella camera dei segreti, di trasformare la scuola in un territorio d'avventura. Terzo, e non ultimo, merito: ha cambiato l'immagine di moda per i ragazzini, decretando l'eclisse del piccolo teppista dall'aria aggressiva e feroce, instaurando invece il piccolo studente intelligentissimo, pacato e piacevole con un'aria seria temperata dall'ironia del sorriso.
Daniel Radcliffe è inglese, figlio di una direttrice di casting e di un agente letterario. Ha cominciato a recitare a dieci anni in David Copperfìeld, sceneggiato della televisione inglese; ha avuto un ruolo ne Il sarto di Panama di John Boorman; è persino comparso in palcoscenico, vestito da donna e imparruccato di bianco, a fianco di Kenneth Branagh. Non è sicuro, adesso, di voler continuare a fare l'attore: forse preferirebbe essere sceneggiatore o regista, ma se avesse oggi poteri magici li userebbe, dice, per trasformare il suo cane in lupo.
Da Lo Specchio, 12 giugno 2004
Se c’è un posto dove non mi riconoscono, ditemelo. Ci farò le vacanze
Puntata numero sei: esce tra poco Harry Potter e il principe mezzosangue. E il bambino degli inizi è oggi un giovane attore, che ha recitato nudo, progetta un film drammatico, parla di politica e di come si vice da star planetaria.
Compie vent'anni tra venti giorni, Daniel Radcliffe. Ne ha vissuti da Harry Potter quasi la metà. Scavallata l'adolescenza, il viso paffuto s'è fatto più scavato e, al posto degli occhiali, fuori dal set, ci sono le lenti a contano. Il fisico è rimasto minuto. Intatte la cavalleria d'altri tempi, l'educata semplicità alto borghese e quella vivacità infantile dei primi incontri. Non si può dire sia diventato divo per caso, figlio unico di Alan, agente letterario, e Marcia Gresham direttrice di casting. Nè che il resistere al tempo del suo status non sia stato accuratamente pianificato.
«Visto che roba? (credo sia il posto più lussuoso in cui sono starlo in vita tuia»: il giovane milionario ci accoglie indicando gli arredi dell’Oriental Mandarin Hotel, nel cuore di Londra.
Il sesto capitolo filmico della saga Harry Potter, Harry Potter e il principe mezzosangue, esce il 15 luglio in contemporanea mondiale.
Dall’ultimo film lei è diventato maggiorenne.
Si. Ho iniziato a pagare le tasse e a votare alle elezioni: doveri e diritti. Ma non direi che sono cambiato, no. Tutto mi stupisce e affascina. Anche quest'albergo: è fantastico, fin troppo per me. Da questo punto di vista, credo resterò diciassettenne anche quando avrò cent'anni».
Fama, ricchezza... Non si sente troppo sotto pressione, ora che non c'è più la protezione della minore età?
«I paparazzi si sono fatti molto più decisi quando vogliono portarsi a casa una mia foto. Ma niente di insopportabile».
Esiste un posto al mondo in cui non la riconoscono per strada?
«Per ora non l'ho trovato. Se lo scopro, ci passo le prossime vacanze. Ma non sono infastidito dai fan. Penso a come mi sento io quando sto per incontrare una persona che ammiro ed è eccitante sapere che suscito queste emozioni in qualcun altro».
Lei è considerato un modello dai ragazzini.
«Harry Potter lo è, non io. Non voiglio rinunciare alla mia vita, voglio fare le mie scelte e i miei errori. Mi ha fatto ridere il clamore intorno al mio nudo a teatro, in Equus: tutti noi siamo nudi, sotto i vestiti. E in quella pièce, bellissima, si trattava di un nudo necessario. l miei fan accetteranno che non posso restare un eterno Peter Pan». Lei è paragonato dai media inglesi ai principi William e Henry.
«Non li ho mai incontrati, ma eredo che i nostri stili di vita siano molto diversi. Non ce la farei a sopportare tutto il carico istituzionale che si portano addosso. i Non entro in considerazioni politiche, ma, come persone, William e Henry mi sembrano in gamba. Ho ammirato la determinazione di Henry nel voler andare a combattere in Afghanistan, anche se io non impugnerei mai una pistola. E mi è piaciuta la calma con cui William ha reagito al modo ridicolo e offensivo con cui i tabloid hanno affrontato la rottura del suo fidanzamento».
A parte la continuazione della saga di Harry Potter, sta preparando un film sulla vita e la morte del fotoreporter Dan Eldon, ucciso in Somalia nel 1993, durante la guerra civile, mentre scattava fotografie.
È un progetto cui lavoro da lungo tempo. Il film si chiama The Journey is the Destination, "Il viaggio è la meta", come i suoi diari, che hanno venduto milioni di copie. Mi hanno parlato a lungo di lui la madre e la sorella Amy, due donne fantastiche. Ma anche amici che lo hanno conosciuto, come il regista Christopher Nolan. Dan era ottimo giornalista, ma soprattutto una persona speciale, che aveva un forte impatto su chi entrava in contatto con lui. Ha vissuto solo 23 anni, ma ha accumulato l'esperienza, le avventure e la saggezza che alcuni uomini non riescono ad avere vivendone ottanta. E poi la sceneggiatura è bellissima e sono onorato di interpretarlo».
Pensa di diventare un attore impegnato alla Clooney?
«Mi sono ripromesso di non aprire bocca su argomenti sui cui non ho competenza. Ammiro Clooney perché è un profondo conoscitore dei temi su cui prende posizione. La politica mi interessa, eccome. Purtroppo, non quella della Gran Bretagna, dove al centro ci sono sempre i partiti e al potere ormai c'è sempre lo stesso gruppo di persone. Niente di stimolante, tanto meno carismatico. Mi sono appassionato alle presidenziali americane. Prima ho tifato per Hillary Clinton, per la sua esperienza e perché donna. Poi sono stato contento per l'elezione di Barack Obama. È un leader vero. Ho anche invitato le sue figlie sul set degli ultimi film».
«Il principe mezzosangue» è pieno di risvolti rosa. Potter si fidanza con Ginnie, la bacia ripetutamente. Nessuna emozione sul set?
«Conosco Bonnie da quando aveva nove anni. Mai, allora, si sarebbe immaginato che J. K. Rowling l'avrebbe un giorno trasformata nella mia fidanzata. Sul set ho già baciato Katie Leung. E, se hai recitato nudo sul palco in Equus, resta poco che t'imbarazza. Ma Potter non è solo un ragazzo in preda a pruriti adolescenziali, è anche un giovane uomo consapevole di avere un compito alto e delle responsabilità. Malgrado i momenti di commedia, in questo film si racconta la persecuzione sistematica contro i maghi di origine umana da parte di Voldemort e dei suoi seguaci puristi, metafora di altre persecuzioni. Mia madre è ebrea e io credo sia importante che il libro per ragazzi più venduto al mondo sia portatore di un messaggio contro il razzismo».
«I doni della morte», sdoppiandosi al cinema, ha allungato i tempi della serie cinematografica, i film sono diventati otto. Si inizia a stancare? «Sono contento perché stavolta riusciremo ad essere più fedeli al libro. Penso sinceramente saranno i film migliori di tutta la saga.
Per me rivedere tutti gli episodi è come sfogliare un album di ricordi. Dietro a ogni scena c'è momento di vita vera, accaduto fuori dal set. Mi piace l'idea di poterli mostrare ai miei figli un giorno e dire loro: "Papà ha fatto questo"».
C'è una donna che considererebbe per il matrimonio?
«Kate Hudson. Era una mia cotta di quand'ero ragazzino. È venuta alla première dello scorso film e mi ha baciato sulla guancia. E poi l'anno scorso ci siamo incontrati ai Bafta, gli Oscar inglesi. Credo mi sposerà, prima o poi».
E quando non è sul set che cosa fa?
«È mezzogiorno, in genere a quest'ora dormo. Dormo moltissimo. Sono un uomo pigro. Leggo, ascolto musica, guardo film. Ho passato bei pomeriggi anche con gli spaghetti western di Sergio Leone, adoro Il buono, il brutto e il cattivo. E poi ten go una fitta corrispondenza».
Chatta?
«No, scrivo lettere. A mano. È una cosa laboriosa, non lo fa più nessuno e per questo si tratta di missive preziose da ricevere e inviare. Sono piuttosto bravo a scrivere, sa. Lo faccio da anni. Alla prima ragazzina di cui m'innamorai, la sorella maggiore di un mio amico, scrissi una lettera che consegnai al fratello. Non arrivò risposta e io ne soffrii. I miei mi trovarono una notte sulle scale che cantavo: "Domani, domani, il sole sorgerà domani", avevo nove anni».
Alla fine dell'incontro, il premuroso Daniel ci trattiene per leggerci a voce alta un biglietto in italiano: « È stato un piacere incontrarti» declama con pronuncia perfetta. E poi sorride: «Sì? Yes?». Ce lo consegna. È scritto a mano, in bella grafia.
Da Il Venerdì di Repubblica, 3 luglio 2009