Pola Negri - sembra che il nome d'arte glielo abbia ispirato la poetessa Ada Negri - aveva esordito diciannovenne sui palcoscenici di Varsavia. Un film, interpretato nel 1914, l'aveva anche fatta esordire nell'allora nascente cinema polacco.
Quando nel 1916 Varsavia venne occupata dalle truppe tedesche, a Max Reinhardt capitò di vederla a teatro in Sumurun e le offrì di recitarlo anche in Germania, sotto la sua direzione. Il che avvenne, ma dopo poche repliche la Negri preferì un'allettante offerta dell'Ufa che quasi subito la affidò a Ernst Lubitsch. Il regista fece della Negri, film dopo film, la più clamorosa stella dell'epoca.
È indubbio che Pola, malgrado il giudizio incomprensibilmente velenoso di alcuni storici francesi («Volto squadrato e mascella brutale» secondo Sadoul, «Viso inespressivo e corpo sgraziato» secondo Charensol), possedeva invece un veemente magnetismo ed un istinto cinematografico di prim'ordine. La sua abilità pantomimica era genuina e nei personaggi che le vennero affidati o che si scelse -perché aveva un suo caratterino - come Carmen, la Dubarry, Saffo e tutta una galleria di figure femminili piene di temperamento e di sensualità, Pola seppe essere zingaresca e appassionata, rapinosa e vibrante, arrogante e tenera, dominatrice e - ma piuttosto di rado - dominata.
I suoi film raggiunsero i luoghi più sperduti ed ovviamente la sua carriera culminò con una scrittura a Hollywood, ove si impose perentoriamente non tanto per i film che, per quanto girati con dispendio di mezzi, spreco di talenti tra sceneggiatori e registi e partner di buon livello, risultarono inferiori a quelli realizzati in Germania, quanto per la sua esuberante vita privata. Ebbe tre mariti, due conti e un principe, movimentati flirts con Charlie Chaplin e Rodolfo Valentino, una furente rivalità con Gloria Swanson, l'altra prima donna della Paramount.
Perché piacque tanto? Perché per lei si scrivevano poemi appassionati ed esaltanti che la paragonavano alla rosa di Varsavia, la rosa stanca, la rosa d'ottobre che «si apre e si fende come a mostrarci il cuore»?
È probabile che il suo tipo, se non proprio esotico certo estraneo ai canoni americani e nordeuropei, quel suo volto capriccioso e sensuale dai grandi occhi neri, estremamente mobile ed espressivo, quel misto fisico di languore e di decisione unito a una indiscutibile professionalità, che la rendeva capace di impersonare differenti e contrastanti figure femminili, abbiano agito come una sferzata su pubblici poco abituati e personaggi così temperamentali.
Passati i folli anni Venti, l'astro della Negri si avviò al declino. Ritornò in Germania e vi interpretò alcuni film, tra cui Mazurka (1935), un eccellente melodramma diretto da Willi Forst, e Madame Bovary (1937) di Gerhard Lamprecht.
Al ritorno negli Stati Uniti venne accusata di simpatie naziste e solo dopo lunghe trattative riuscì a riottenere il visto d'entrata. È anche autrice di un inattendibile ma divertente libro di memorie.
Da Le dive del silenzio, Le Mani, Genova, 2001.