Stefano Accorsi è un attore italiano, regista, produttore, sceneggiatore, è nato il 2 marzo 1971 a Bologna (Italia). Stefano Accorsi ha oggi 53 anni ed è del segno zodiacale Pesci.
Tutto cominciò nel lontano 1955. Allora c'era James Dean. Era il protagonista di Gioventù bruciata, che fece epoca. Era la storia di tre ragazzi con enormi problemi famigliari. Erano infelici, uno finiva malissimo. Gli attori, poco più che ventenni, erano Sal Mineo, Natalie Wood e, appunto, James Dean. A loro volta finiti malissimo. Era la prima volta che Hollywood si occupava dei giovanissimi. Grazie a quel film i genitori americani, e non solo, vennero a sapere che dai figli potevano essere divisi da una barriera insuperabile, e questa era la buona notizia, l'altra era che dai figli spesso erano odiati, anche a morte. Dunque, la "rivelazione" veniva dal cinema. Buona funzione. E poteva anche essere utile. James Dean fu diligente: in Gioventù bruciata odiava il padre, nella Valle dell'Eden la madre, nel Gigante il padrone. Da allora nessuno più ha saputo rappresentare i sentimenti giovanili - ribellione, insoddisfazione, dolore, vuoto - come lui. Ma, si sa, Dean è un divo, nel senso stretto di "divinità", è un mito perenne. Non fa parte dei normali mortali, e nemmeno dei normali personaggi. Non fa testo e basta. Ma veniamo a noi, al nostro paese, al nostro cinema e ai nostri giovani. Detto con la dovuta cautela abbiamo anche qui un bravo catalizzatore di fatti giovanili. È Stefano Accorsi già presente in un numero precedente. Ma attenzione, non c'è solo lui. Ci sono anche autori che conoscono il problema, e che lo hanno affrontato. Nella sua pur breve carriera (ha solo trent'anni) Accorsi ha già toccato quasi tutti i sentimenti, e gli argomenti, dei giovani, stagione dopo stagione, diventando grande. In Jack Frusciante è uscito dal gruppo (1996) era l'adolescente dalla tipica vita: la discoteca, il gergo, il primo sesso, i genitori rimbecilliti dalla tivù, l'impossibilità di farsi capire da loro. E c'era anche il viaggio favoloso, in America, come trasgressione incredibilmente realizzata. Da allora Accorsi divenne il primo identificatore dei suoi coetanei. In Radiofreccia (1998), insieme ad amici, cercava di aprire una radio privata. Inoltre avanzava un'altra realtà, brutta ma presente, la droga. Con una frase sintomatica "la droga è meglio della musica". Più tardi, e naturalmente più maturo, Accorsi diventa il testimone di un regista emergente, anzi, subito beatificato, Gabriele Muccino. Il suo L'ultimo bacio (2001) è un "cult" istantaneo. E Stefano non è più l'adolescente (o quasi), ma il giovane marito pentito che ritiene di non aver consumato a sufficienza gli anni belli. A trenta ha già la nostalgia dei vent'anni. Ma la vita lo richiama duramente. Insomma, non si torna indietro. L'attore invece "torna indietro" nel film Santa Maradona (2001). È neolaureato, si sottopone a continui colloqui di lavoro, tutti destinati al niente. Girano pochissimi soldi. Divide l'appartamento con un amico che non gli perdona nulla. Chiacchiere su chiacchiere. Mai un'iniziativa vera, mai un'impennata. Arriva l'incontro importante, forse l'amore, ma c'è pigrizia, e diffidenza, non si decolla. Arriva un ultimo colloquio e ci sarebbe anche il lavoro, ma ancora pigrizia, ancora diffidenza e nessuna voglia di crescere. Tutto ben rappresentato. Perché non vengano lasciati spazi, e ruoli, vuoti assistiamo a una performance di Accorsi nelle Le fate ignoranti (2001), dove dà corpo e volto a una credibile figura di gay.
Nel 2001 interpreta anche Capitani d'Aprile ambientato durante la rivoluzione dei garofani in Portogallo. Anche il 2002 lo ha visto di nuovo protagonista con il successo televisivo di Il giovane Casanova e soprattutto con il personaggio complesso e tormentato del poeta Dino Campana (al fianco della poetessa Sibilla Aleramo interpretata da Laura Morante) in Un viaggio chiamato amore (2002) di Michele Placido. Questa interpretazione gli è valsa la Coppa Volpi alla Mostra di Venezia e ha costituito la prova definitiva della sua maturità artistica. L'ex ragazzo di Bologna ha dimostrato di saper interpretare personaggi molto diversi.
Raoul Bova è bello, Kîm Rossi Stuart, Stefano Dionisi e Daniefe Liotti sono belli, in un suo modo apparentemente drammatico e sulfureo è bello pure Alessandro Gassman.
Ma gli altri? La bellezza non sembra una caratteristica costante per i divi italiani trentenni: magari bravi, risultano invece fisicamente piuttosto comuni, corpi poco allenati e trascurati, facce qualsiasi da commesso di negozio d’abbigliamento maschile oppure da sportellista postale, occhioni scuri malinconici alla Valerio Mastandrea, poCo glamour, nessuno splendore. Neppure Marcello Mastroianni, del resto, era bello.
E Stefano Accorsi? A vedere due anni fa la frenesia che lo circondava, nelle librerie dove accompagnava il libro all’origine d’un film di cui era protagonista, c’era da rimanere a bocca aperta entusiasmo, estasi, ammirazione, soprattutto da parte delle ragazze. Ma bello, no. Normale, carino ma normale, regolare: e da questo si potrebbe anche desumere che i giovani attori italiani piacciano anche per il loro aspetto realistico, per la naturalezza e l’eventuale bravura, per quell’aria non aggressiva e non pretenziosa da ragazzi della porta accanto. Per il loro presentarsi (in teoria) come accessibili: e naturalmente l’illusione di accessibilità, familiarità, disponibilità è essenziale per i divi non bellissimi, è l’altra faccia della seduzione.
Stefano Accorsi, protagonista di due film alla Mostra del Cinema 2004, era a Venezia nel 2003 come componente della giuria (spalleggiato dal suo cane Anch’io), veniva premiato al festival nel 2002 come protagonista del film in concorso Un viaggio chiamato amore di Michele Placido. Patenti di bravura? La sua popolarità, nata con uno spot pubblicitario televisivo diretto nel 1994 da Daniele Luchetti per il gelato Maxibon, compie adesso dieci anni (lui, nato a Bologna nel 1971, ne ha compiuti trentatré) e comprende prove interessanti come Radiofreccia di Luciano Ligabue, La stanza del figlio di Nanni Moretti, Le fate ignoranti di Ferzan Oztepek, L’ultimo bacio di Gabriele Muccino.
La sua storia personale è segnata da due attrici diversamente rilevanti con le quali ha avuto oppure ha relazioni durature e forti: Giovanna Mezzogiorno, Laetitia Casta. Patenti di seduzione? Stefano Accorsi non ne ha troppo bisogno: bravo, interprete esemplare di una generazione di trentenni in crisi di identità, premiato con ogni possibile riconoscimento italiano, è già un ragazzo normale di gran successo.
Da Lo Specchio, 4 settembre 2004