TRANSFORMERS, RAPPRESENTAZIONE DELLO STATO DELL’IMMAGINARIO FANTASTICO AMERICANO

Con l'ultimo episodio dedicato alla saga dei robot Hasbro, Michael Bay trasforma l'estetica digitale in un processo di visibilità accecante. Al cinema.

Roy Menarini, domenica 25 giugno 2017 - Focus

Il tuo browser non supporta i video in HTML5.

Cinque film, dieci anni. Con Transformers - L'ultimo cavaliere la creatura di Michael Bay, cominciata nel 2007, raggiunge il primo decennio di maturità, e offre il capitolo finale diretto dal regista americano, che ha fatto sapere di non poter più prendersi cura del franchise (la saga tuttavia continuerà, come dimostra la sequenza durante i titoli di coda, più vari spin off in lavorazione). Il quinto episodio non sembra cambiare di molto l'approccio estetico e narrativo di Bay e dei suoi collaboratori, anche se le scoperte sul ruolo dei robot alieni nel corso della storia umana si allarga - e non di poco - fino a comprendere il Medioevo, Re Artù e altri passaggi storici con una disinvoltura che fa sembrare Dan Brown un dilettante del cospirazionismo postmoderno.

Che cosa, allora, continua a colpire dell'approccio di Michael Bay al cinema e alle figurine Hasbro di cui si è preso tanta cura? Due sono i principali termini della questione: uno è tecnologico, il secondo è tematico.
Roy Menarini

Dal primo punto di vista, Bay non solo ha innalzato (grazie ai team di effetti speciali) l'estetica digitale a livelli mai immaginati prima, ma li ha trasformati in un processo di visibilità accecante: quando i suoi Autobot e Decepticon si trasformano davanti ai nostri occhi, sempre in piena luce (è rarissimo che Bay, a differenza di molti colleghi, nasconda le sue creature nel buio per occultare i limiti del digitale), assistiamo a una vera e propria rappresentazione dello stato dell'immaginario fantastico americano. Lambendo il sogno che il cinema colga la metamorfosi nel suo farsi, Bay spinge fino alla radicalità un discorso che si situa nel cuore del cinema più popolare e chiassoso. Una rivoluzione interna al blockbuster e alla prassi dello sguardo sul visibile, che è poi la vera posta in gioco del cinema fantasy, una sorta di flagrante onestà e "ingenuità" da contrapporre al meccanismo di stupore telecomandato di tanti altri franchise (ogni riferimento alle recenti derive di alcuni marchi del genere super-eroistico è pienamente intenzionale).

Dal secondo punto di vista, quel che potrebbe apparire una forma di racconto convulso, anfetaminico, pieno di sottotracce narrative che faticano a sovrapporsi e fondersi, è invece un approccio volutamente diretto alla materia. Non ci sono giochetti autoreferenziali, trappole per il pubblico con battute buone per differenti età anagrafiche degli spettatori, elementi di cinismo compositivo: si apprezza, di Bay, l'adesione quasi scandalosa per purezza, a formule e temi da cinema muto, quasi che assistessimo a un serial di Feuillade degli anni Dieci o a un'avventura con Douglas Fairbanks degli anni Venti, piuttosto che a un'opera del 2017. Ovviamente questi aspetti solleticano soprattutto gusto e memoria del cinefilo, ma il pubblico di massa intercettato da Transformers - L'ultimo cavaliere anch'esso partecipa al rito collettivo così smargiasso, sopra le righe, epico e comico al tempo stesso, tanto da riconoscergli una evidente differenza rispetto agli altri film dei generi di appartenenza. Ora si tratterà di capire se i Transformers sopravvivranno all'assenza di un creatore così lucido nei prossimi anni. Paradossi del franchise d'autore.

ALTRE NEWS CORRELATE
FOCUS
Pedro Armocida - sabato 6 dicembre 2025
David Freyne dirige una commedia leggera che tocca temi molto profondi. Al cinema. Vai all'articolo »
FOCUS
Marzia Gandolfi - giovedì 4 dicembre 2025
Discreta e luminosa, Benedetta Porcaroli riceve per la seconda volta da Carolina Cavalli un ruolo che le va a pennello: Il rapimento di Arabella, al cinema. Vai all'articolo »
FOCUS
Pino Farinotti - martedì 2 dicembre 2025
Un cortometraggio che affronta il tema del femminicidio con un dispositivo narrativo originale. Di Pino Farinotti. Vai all'articolo »