In occasione dell'uscita di Quello che so di lei, dal 1° giugno al cinema, l'attrice è protagonista di un weekend che vede 4 suoi film in streaming su Nuovo Cinema Repubblica.
C'è una dimensione poetica intraducibile in ogni lingua. Possiamo tradurre qualsiasi parola ma ci sarà sempre un resto ineffabile. Indémodable è l'aggettivo che coglie meglio la natura di Catherine Deneuve. Gli anni passano ma lei, l'attrice più singolare del cinema francese, non passa mai di moda. Indice di incommensurabilità tra due lingue, quel resto esprime il sentimento di un'altra cultura e di quella cultura Catherine Deneuve è il simbolo eterno. Catherine Deneuve è la Francia classieuse, è la Marianne, allegoria della Repubblica francese a cui ha prestato il volto, è il cinema, amore esclusivo (non ha mai fatto teatro), è la vita vissuta con passione e in segreto. Voilà quello che forgia la sua aura. Catherine Deneuve è un sentimento unanime e condiviso che diversamente da Delon o Depardieu non conosce detrattori. È lei l'ultima étoile in un mondo di star effimere che confermano la profezia di Andy Warhol: "un giorno tutto il mondo avrà il suo quarto d'ora di celebrità".
Quintessenza oggi di un'età che oscilla tra pudore e autorità, è capace di abitare universi eterogenei e di incarnare l'immaginario degli autori più ambiziosi. Si spiega così la sua straordinaria longevità, più di cinquant'anni di carriera, radicata in un carattere di grande temperamento e in un'attitudine a ridere dei tabù e delle convenzioni sociali. Fotogenia solenne, jeu minimale e voce morbida sono gli strumenti privilegiati di un'artista che trascende con intelligenza e (auto)ironia lo statuto di icona fossilizzata. Oui, è Catherine Deneuve ma non si prende mai per Catherine Deneuve. Negli anni ha girato con Truffaut, Buñuel, Demy, Vadim, Polanski, Melville, Ferreri, Téchiné, Desplechin, Garrel, Ozon, von Trier, ma sarebbe più elegante dire che loro hanno girato con lei, grande dame che i nuovi registi francesi reinventano sullo schermo (Elle s'en va, Piccole crepe, grossi guai, Quello che so di lei).
Catherine Deneuve ha collezionato una filmografia abbagliante che debutta in fondo agli anni Cinquanta ma decolla in rime e canzoni nel 1964 con Les parapluies de Cherbourg. Il successo è immediato, il musical di Jacques Demy vince la Palma d'oro al Festival di Cannes e la bruna e dimessa Catherine Dorléac diventa la bionda e abbagliante Catherine Deneuve. Musa di Yves Saint Laurent, conosce un successo internazionale nei suoi tailleur (Bella di giorno) e nel Sessantotto 'interpreta' la tensione che risiede nel cuore di Chanel N. 5. Tutti la vogliono ma l'attrice prende in mano la sua carriera e il controllo della sua vita pubblica concedendo il tratto altero e seccamente seduttivo soltanto ai migliori. Al sommo della sua bellezza trova con Roman Polanski (Repulsione) e in una frigida schizofrenica terrorizzata da niente la cifra del suo quasi non-jeu (non recitare). Una sonnambula della nevrosi che fa così poco suggerendo così tanto. Luis Buñuel solleciterà la stessa sofisticata inclinazione per mettere in scena una ricca borghese in preda a fantasmi tenaci che riflettono la sua frustrazione sessuale (Bella di giorno). La fotogenia aurorale porta già con sé quella maschera di impassibilità che conviene alla Séverine di Buñuel, la cui superficie levigata e perfetta nasconde abissi di perversità.
Femme moderna che combatte l'abitudine e l'usura con un movimento di rinnovamento permanente, interpreta la moglie potiche per Ozon o la belle-mère per Aghion (Belle Maman), passando per i roman familiari di Desplechin (Racconto di Natale), le serie americane (Nip/Tuck) o le commedie in costume di Tirard (Asterix). L'ironia è la sua cura contro il tempo che infrange la sua immagine seriosa e la bellezza fredda con cui da sempre la definiscono. Preso l'ultimo metrò di François Truffaut, Catherine Deneuve scende a un'altra stazione che l'accoglie e accoglie il suo mistero, un mistero che sfuma se provi a spiegarlo.
Prossimamente in sala con Quello che so di lei, una favola sull'esistenza appoggiata su due eroine agli antipodi, l'attrice interpreta un'avventuriera tempestosa in faccia all'ordine rassicurante del personaggio di Catherine Frot. Catherine Deneuve eccelle in un ruolo che una volta 'evaporato' continua a risplendere in una traccia di rossetto, perché nessuna sa uscire di scena come lei. Una frase in sospeso, una sigaretta à la bouche e un sorriso che persiste dopo la sua partenza. Come i suoi numerosi personaggi, depositati nella memoria collettiva, conserva lo splendore del sogno senza negare il passaggio del tempo che diventa risorsa drammatica al cuore dei film. Flambeuse, che ha messo davanti a tutto il piacere, la sua Béatrice trova l'equilibrio perfetto tra il crepuscolo e la sua figurazione stilistica. È così che Catherine Deneuve rinforza la sua aura, è così che aggiorna la parte, è così che resta belle toujours.