Il film Marvel esplicita una chiara allusione alla politica contemporanea, guidando lo spettatore verso riflessioni più ampie.
di Giovanni Chessari, Vincitore del Premio Scrivere di Cinema
Tre fasi, undici anni, ventidue film: è stato un cammino obiettivamente esteso e talvolta accidentato quello percorso dalla prolifica casa Marvel prima di tagliare il traguardo. E in effetti era una sfida innegabilmente ardua centrare l'occasione e le modalità migliori per scrivere la parola 'fine' al termine di un'epopea antologica come questa, tanto longeva quanto fortunata.
Da Iron Man all'Incredibile Hulk, da Captain America a Thor, da Ant-Man ai Guardiani della Galassia: a guardarlo nel suo insieme, quello tracciato dalla Saga dell'Infinito è un mosaico complesso e sfaccettato, ora più grossolano ora più raffinato, ma sempre coerente con sé stesso e con la propria idea di intrattenimento.
In tal senso, Avengers: Endgame è l'epilogo perfetto di una grammatica epica che, prendendosi tutto il tempo necessario, ha sviscerato la mitologia dell'eroe moderno, rinunciando a sacrificare sull'altare della mera deriva intellettualistica l'arte nobilmente effimera del gioco. E se in più di un'occasione nei capitoli precedenti i ritagli comici finivano per collassare con le istanze drammatiche, è con il tassello conclusivo che il versante dichiaratamente umoristico (e meta-filmico, riallacciandosi al Peter Parker di Infinity War (guarda la video recensione) nel divertito gioco di citazioni più o meno trasparenti, da Alien e Footloose fino a Titanic (guarda la video recensione) e Ritorno al Futuro) e quello più propriamente tensivo riescono a spalleggiarsi con misurata versatilità, restituendo al genere fumettistico il merito dell'indubbia maturità acquisita negli anni sul grande schermo. D'altro canto, il punto di forza degli Studi Marvel è stato quello di saper fidelizzare, con onestà di intenti e chiarezza di contenuti, un numero di persone quanto mai sterminato, parlando alla pancia degli spettatori senza mai trascurarne cuore e mente. Infatti, il linguaggio scelto oscilla tra il significante palese dell'intreccio e il significato intrinseco della fabula, tra il piano del visibile e quello del latente, tra il letterale fantastico e il metaforico realistico.