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Animali fantastici, un'allegoria politica sospesa tra la distopia e il fantasy

Un po' prequel e un po' spin-off. Al cinema.
di Lorenzo Ciofani, vincitore del Premio Scrivere di Cinema

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Eddie Redmayne (42 anni) 6 gennaio 1982, Londra (Gran Bretagna) - Capricorno. Interpreta Newt Scamander nel film di David Yates Animali Fantastici - I Crimini di Grindelwald.
mercoledì 21 novembre 2018 - Scrivere di Cinema

All'origine della preventivata pentalogia di Animali fantastici c'è un fittizio libro di testo usato da Harry Potter, ma la vera fonte del franchise è un composito apparato di frammenti e allusioni da rintracciare nell'opera omnia dedicata al maghetto creato da J.K. Rowling. Un po' prequel e un po' spin-off, un'estensione dell'universo, una ricognizione dell'immaginario svincolata dai codici del romanzo di formazione. Attraverso questo contenitore elastico ed aperto, appare evidente quanto il blockbuster si dimostri ancora una volta una scatola da riempire per interrogare il presente, un luogo fertile in cui poter battere strade inattese ed intercettare questioni che dominano la contemporaneità.
Ambientato alla fine degli anni Venti, Animali fantastici - I crimini di Grindewald (guarda la video recensione) è un'allegoria politica sospesa tra la distopia e il fantasy che mette in scena il clima sospettoso, angosciato e cupo di una guerra incipiente. La pace è minacciata dal progetto ideologico dell'oscuro Grindewald, che intende sottomettere la razza inferiore dei babbani. Il Ministero della Magia le prova tutte per sconfiggerlo, forte del suo profilo istituzionale: ma, proprio come la fragile Europa d'oggi, sembra non saper reagire in modo convincente al messaggio semplificato e semplificatorio che fa breccia tanto nel popolo desideroso di risposte facili a problemi complessi quanto nelle famiglie purosangue (la razza ariana?) conniventi col male e bramose di ottenere la supremazia.

A parte le allusioni ai fermenti politici contemporanei, non occorre troppo intuito per leggervi una metafora dei totalitarismi del Novecento, con la spia del cognome del persuasivo e potente antagonista che tradisce la provenienza tedesca e si ricollega trasversalmente all'esperienza esoterica del nazismo.
Lorenzo Ciofani, vincitore del Premio Scrivere di Cinema

Di rimando, non possiamo non scorgere anche la prosecuzione di una saga della quale fatalmente conosciamo già il finale.
Questo aspetto legato al passato collettivo ci permette di riallacciarci al grande tema della narrazione di Harry Potter: l'incidenza del passato privato nelle vicende collettive. Quasi a voler rafforzare l'afflato nostalgico di un film che fino a quel momento, nel solco del precedente, ha continuato a seminare puntini senza darci tutti gli strumenti per unirli, la seconda parte de I crimini di Grindewald, annunciata dal leggendario motivo musicale di John Williams, ci accompagna nel castello di Hogwarts. Sarebbe ingeneroso far paragoni, ma ci sarà un motivo se lo stucchevole Newt Scamander (Eddie Redmayne) scompare di fronte al carismatico quarantenne Silente (Jude Law guarda a Richard Harris, compianto interprete dei primi due Harry Potter).
Silente assicura quel coefficiente emotivo fondamentale per costruire un legame sentimentale con una storia non di rado perfino tendente ai meccanismi di una soap. Poiché la sceneggiatrice Rowling è abilissima nel definire la geografia dei rimpianti dei suoi personaggi - pensiamo nella saga alla titanica tragicità di Piton o alla malinconia di Sirius Black ed ora al triangolo che unisce Newt, suo fratello e l'inquieta Leta Lestrange - è abbastanza eloquente che, alla fine, tra i crimini citati nel titolo che evocano un tragedia collettiva, quello che davvero non si perdona a Grindewald è proprio qualcosa di privato come il dolore insopportabile procurato dall'oblio di un amore struggente.


LA RECENSIONE

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