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Torino Film Festival, la luce del grande cinema all'ombra della mole

Ricco ed eterogeneo, è stato presentato il programma della 36esima edizione (23 novembre-1 dicembre).
di Marianna Cappi

martedì 13 novembre 2018 - Torino Film Festival

Il Torino Film Festival è un trentaseienne in gran forma, come dimostra la presentazione alla stampa di oggi 13 novembre, del programma 2018, che avrà luogo tra il 23 novembre e il primo dicembre e prevede 34 anteprime mondiali e 59 anteprime italiane, selezionate tra più di 4mila titoli, tra lungometraggi, mediometraggi e corti.
La direttrice Emanuela Martini ha cominciato annunciando le giurie del festival, tra le quali figura come capofila quella del concorso, "Torino 36", composta dal regista cinese Jia Zhang-ke, dalla produttrice italiana Marta Donzelli, da Miguel Gomes, regista portoghese, dall'inglese Col Needham, fondatore e CEO di IMDb, e dal regista austriaco Andreas Prochaska.

Sono stati presentati con maggiori particolari i film che apriranno e chiuderanno il festival, già resi noti da qualche tempo: The Front Runner e Santiago, Italia.
Marianna Cappi

L'apertura, venerdì 23 novembre, è affidata a The Front Runner di Jason Reitman: film classico e altmaniano, appartenente al filone democratico, che racconta il ritiro dalla corsa elettorale, nel 1988, del senatore americano Gary Hart, interpretato da Hugh Jackman, accusato di avere una relazione extraconiugale con una modella. Il film uscirà in Italia a febbraio 2019, distrubuito da Warner Bros. La chiusura del festival, il primo dicembre, è invece affidata all'ultimo film di Nanni Moretti, il documentario Santiago, Italia, che racconta il ruolo dell'ambasciata italiana a Santiago nei mesi successivi al golpe che destituì Allende: come centinaia di oppositori al nuovo regime chiesero lì rifugio e come i rifugiati raggiunsero poi l'Italia. Il film uscirà nelle sale il 6 dicembre, distribuito da Academy Two.
Quindici sono invece i titoli del concorso, riservato a opere prime, seconde o terze. L'unico italiano è Ride, esordio alla regia dell'attore Valerio Mastandrea, che promette risate e commozione. Il resto del panorama della principale sezione competitiva è eterogeneo, stilisticamente e tematicamente, tra noir, commedie e anche cosiddetti "film da festival", che ormai costituiscono un genere a sé stante. Torna il vincitore del TFF33, Guillaume Senez, con Nos Batailles, con Romain Duris; c'è l'Islanda con Vargur, ruvido e perturbante; le Filippine di Nervous Translation; la dark comedy alla greca di Oiktos, dallo sceneggiatore di Lanthimos; e c'è Wildlife, l'esordio alla regia dell'attore Paul Dano dal romanzo "Incendi" di Richard Fox, con Jake Gyllenhaal e Carey Mulligan.


In foto una scena de Le nostre battaglie di Guillaume Senez.
In foto una scena di Wildlife di Paul Dano.

L'altra sezione internazionale, Festa Mobile, ricca come al solito, presenta tanti film italiani, tutte anteprime, e alcune anteprime internazionali. Si potrà vedere in questa sezione anche il film del presidente della giuria Jia Zhangke, Ash is purest white, interpetato dalla moglie Zhao Tao. Ci sono poi Steve della Casa e Chiara Ronchini con Bulli e Pupe, film d'archivi e sorta di prequel di Nessuno mi può giudicare, presentato a Torino due anni fa; Il gusto della libertà, Cinema e 68, di Giovanna Ventura, sugli eventi di quell'anno a Cannes e Venezia; The man who stole Banksy, di Marco Proserpio, sull'uomo che ha smurato l'opera dello street artist in Palestina, narrato da Iggy Pop. Torna anche Elisabetta Sgarbi, con un film narrativo, I nomi del signor Sulcic; il mélo on the road Ovunque proteggimi di Bonifacio Angius; Ragazzi di stadio, quarant'anni dopo di Daniele Segre, nel quale il regista torinese ritrova i vecchi ultras e nuovi giovani e analizza il fenomeno a suo modo; e ancora Sex Story di Cristina Comencini e Roberto Moroni, su come la Rai ha visto e lavorato sulla sessualità femminile.
Tra le fila degli internazionali: Ben Wheatley con Happy New Year, Colin Burstead; il biopic Colette con Keira Knightley; le prime due puntate di Das Boot, la nuova serie del giurato austriaco Prochaska; Blaze di Ethan Hawke; Madeline's Madeline, forse il miglior film di un'affezionata del festival, Josephine Decker; Juliet, Naked, tratto da "Tutta un'altra musica" di Nick Hornby; l'anteprima mondiale di Pretenders di James Franco, storia romantica e ultracinefila; il nuovo film di Ralph Fiennes, The White Crow, sulla prima parte della vita di Nureyev, e altro ancora.

Le presenze italiane al festival sono tante: nella sezione Torino Film Lab figura infatti il secondo lungometraggio di Duccio Chiarini, L'ospite, mentre la Film Commission Torino Piemonte presenta Drive Me Home di Simone Catania, con Vinicio Marchioni e Marco D'Amore, e Il Mangiatore di Pietre di Nicola Bellucci con Luigi Lo Cascio. In After Hours, invece, L'Ultima notte di Francesco Barozzi, un thriler padano che deve qualcosa al maestro del genere Pupi Avati.
Marianna Cappi

E quest'anno è proprio lui il guest director della trentaseiesima edizione, con una sezione di sua invenzione intitolata "Unforgettables" e dedicata alla musica jazz e sing. Da Trentadue piccoli film su Glenn Gould di Francois Girard (1993) a The Glenn Miller Story di Anthony Mann (1954), passando per Bix dello stesso Avati.
Per chiudere con gli italiani, ancora due eventi. Una giornata dedicata a Olmi, che si svolgerà mercoledì 28 al cinema Massimo 3, con proiezioni e discorsi fino a notte fonda. C'è Il Mistero delle armi e c'è un piccolo film per la Rai, il meraviglioso La Cotta (50'), sui liceali milanesi dei primi anni '60; due episodi televisivi, due cortometraggi per la Edison e naturalmente qualcosa di Ipotesi Cinema, la scuola da lui fondata: coi film di Brenta, Zaccaro, Campiotti. Il secondo evento, in collaborazione con l'università, porterà a Torino Luciano Tovoli per un incontro sul technicolor, sul l'uso che ne ha fatto lui durante la sua carriera e su quello dei maestri del techicolor Powell e Pressburger.


In foto una scena di Juliet, Naked di Jesse Peretz.
In foto una scena di Ash is Purest White di Jia Zhangke.

A questo punto della conferenza stampa, la parola è passata a Davide Oberto, curatore della sezione Documentari e Cortometraggi. Quest'anno il focus del TFF doc è dedicato al concetto di "apocalisse", variamente inteso. Dialogheranno tra loro i film sulla catastrofe di Fukushima (4 batiments face à la mer e Machine to machine di Philippe Rouy), un Alexander Kluge dell'83 (La forza dei sentimenti), Life=Cinematic Imperfections di Avo Kaprealian, che usa immagini del web e di vecchi film per parlare della vita, del teatro e del cinema stesso.
Nel concorso Internazionale.doc si segnala la prevalenza di lavori dal e sul Sud America (Unas preguntas, Segunda vez, Homo botanicus, storia d'amore tra uomini e piante in Colombia) ma anche l'esordio serbo Taurunum Boy di una montatrice e un direttore della fotografia.
Per Italiana.doc, invece, tra gli altri: Il gigante Pidocchio, di Paolo Santangelo, ritratto di un pastore calabrese che vuole diventare attore di cinema, e In questo mondo, di Anna Kauber, storia di donne che hanno scelto di tornare ad avere un rapporto più stretto con la terra e sono diventate pastore. Fuori concorso: Daniele Gaglianone con Dove bisogna stare, il racconto di quattro donne la cui vita cambia a contatto con i migranti, See know evil su Davide Sorrenti, fotografo che cambiò l'estetica della fotografia di moda, passando da Claudia Schiffer a Kate Moss, e il primo film televisivo di Rossellini, Psychodrame, del 1956, ritrovato da Sergio Toffetti e ancora mai visto in Italia.

La sezione "Onde", sezione di ricerca, lavora sul dialogo del cinema con le proprie forme e i propri formati. Cinema che interroga il cinema, dunque, nel film-evento La Flor dell'argentino Mariano Llinas: sei storie e un labirinto di personaggi per una narrazione di quasi quattordici ore; ma anche in Mathieu Amalric, L'art e la matière, ultimo capitolo della riflessione di André Labarthe, da poco scomparso, nel quale Amalric narra se stesso, sul set di Barbara, e il suo rapporto con gli attori e con la creazione.
Marianna Cappi

Tra i 18 film di Onde, ci sono anche Incorrectional dell'indipendente americano Christopher Bell, film interrotto dalla ribellione di un attore poi ripreso e completato tra documentario e finzione, e l'ultimo film di Tonino De Bernardi, Ifigenia in Aulide, un ritorno in Grecia al tempo dei flussi migratori. Per i film che interrogano la vita: il più sperimentale della sezione, Nueva Era, di Matti Harju, nel quale il regista si chiede cosa significhi filmarsi mentre si vive; i pensieri d'amore di Philippe Ramos (Les grands squelettes); gli asiatici Blue Amber da Singapore e l'esordio coreano Nothing or Everythin, storia di una donna che ripercorre il cammino della sorella morta suicida.
Ultima, ma non meno attesa, la sezione "After Hours" fa felici gli amanti del buio e della tensione. La notte horror, sabato 24 al cinema Massimo, quest'anno è dedicata ai maniaci. Preceduti dall'atteso Mandy, di Panos Cosmatos, con Nicolas Cage, verranno proiettati Incident in a ghost land, del regista di Martyrs, e Piercing, di Nicolas Pesce, minuscolo horror americano, ironico e imprevedibile, insieme con il capolavoro del genere, Peeping Tom, di Michael Powell.


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