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Ossessione è il più grande film italiano. Forse.

Nel film di Luchino Visconti c'è realismo, dramma, letteratura e persino un melò nobile.
di Pino Farinotti

Ossessione

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Clara Calamai (Clara Calama) 7 settembre 1909, Prato (Italia) - 21 Settembre 1998, Rimini (Italia). Interpreta Giovanna Bragana nel film di Luchino Visconti Ossessione.
venerdì 9 marzo 2018 - Focus

Nel mio precedente editoriale affermavo che il più grande film italiano è Ladri di biciclette. Nei vari commenti relativi c'è chi ha scritto che "quando si parla di assoluti occorre stare molto attenti. A meno che Farinotti non creda di essere lui, l'assoluto". Dico che mi è capitato di crederlo, ma renderlo pubblico non mi sembrava elegante. Nei margini di dubbio e della discrezione - niente è più discrezionale del cinema - rilevo un altro titolo che può giustificare quell'assoluto, diciamo dunque un pari merito. È Ossessione, di Luchino Visconti. Certo il cinema italiano esisteva anche prima, dignitosamente. C'erano i film leggeri con De Sica canterino; le commedie "alla Hollywood" con attori come Roberto Villa e Assia Noris; c'era anche il colosso come Scipione l'Africano (Gallone) e l'epica fantastica con La corona di ferro (Blasetti); c'era già Totò; l'avventura letteraria, di qualità, Un colpo di pistola (Castellani) da Puskin; l'ottimo film di guerra Bengasi (Genina). E altro.

Nel '43, cinque anni prima di Ladri di biciclette, irruppe Ossessione. In quel film non c'è solo realismo, ma dramma più avanzato, c'è letteratura, persino un melo nobile.
Pino Farinotti

Luchino Visconti rientrava dalla Francia dov'era stato assistente del maestro massimo Jean Renoir. Il regista si ispirò al bestseller di James M. Cain "Il postino suona sempre due volte" e lo "assemblò". Assemblare non è riduttivo, ma il contrario. Il film accorpava tre culture, quella francese, intellettuale e non prevedibile, quella americana efficace e senza fronzoli, unite a quella italiana mediatrice e drammaturgicamente equilibrata. Con lo scenario del Po e delle sue rive, estetica dominante. Il film di De Sica era una magnifica istantanea autoctona solo romana, ma quello di Visconti era un'espressione ecumenica dai molti orizzonti. E non faccio classifiche di qualità artistica. Entrambi i titoli sorpassano la disciplina "cinema" per diventare "opera d'arte".


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Una scena del film.
Una scena del film.
Una scena del film.

La storia: stralcio dal dizionario "Farinotti": "Gino, un vagabondo, arriva allo spaccio di Bragana, uomo rozzo che ha una moglie, Giovanna, troppo bella per lui. Gino mangia e non paga, allora il proprietario gli fa fare il meccanico per risarcirsi. Fra Gino e Giovanna nasce qualcosa, anche se non espressa all'inizio. Poi i due diventano amanti. Gino cerca di ravvedersi, si allontana. Vaga di paese in paese, ma poi incontra di nuovo i coniugi e la relazione riprende. Giovanna, che ormai odia il marito, istiga Gino ad ucciderlo. Lui ne è sconvolto, ma alla fine cede. Gino si instaura ormai come compagno ufficiale, anche di fronte alla gente, ma il rimorso e la paura degli amanti sono insopportabili, la vita è un incubo. Decidono di fuggire quando si sentono braccati dalla polizia. in macchina hanno un incidente. Lei muore e lui viene arrestato".

Nella sua permanenza alla corte di Renoir, Visconti era immerso nel clima del Fronte popolare, un movimento decisivo, nato alle elezioni del 1936, in Francia, vinte da Léon Blum leader socialista che incarnava la speranza rivoluzionaria di molte fasce, studenti, militanti della sinistra, operai, e anche frange della media borghesia.
Pino Farinotti

Blum, sospettato di voler installare una dittatura comunista, cadde nel 1937. Ma quel breve interregno bastò per immaginare uno sviluppo umano, sociale e artistico, certo ideale e teorico, la realizzazione di un sogno. Il "Fronte" divenne una delle massime manifestazioni, anche in chiave di arte assoluta, del Novecento. Omologabile alle grandi idee dell'espressionismo in Germania e del realismo in Italia. Con un valore in più: la letteratura alta. Quel cinema riuscì nella fusione, la più nobile e difficile, fra la poesia pura e lo specifico del cinema. Tutta manna per un uomo come Visconti, che avrebbe assunto quell'idea e quell'ideologia. Lui, iscritto al Partito comunista italiano per tutta la vita. L'ispirazione americana del "postino" è congeniale all'attitudine letteraria di Visconti, che ha tradotto in film testi fondamentali delle letterature: dopo Cain americano, ecco il tedesco Mann (Morte a Venezia); il russo Dostoevskij (Le notti bianche), il francese Camus (Lo straniero); e poi gli italiani: Verga (La terra trema), D'Annunzio (L'innocente) e Di Lampedusa (Il gattopardo). E sempre, il nobile milanese, ha rispettato l'identità letteraria di quei capolavori. Ladri di biciclette e Ossessione: leggende, e tempi lontani.


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