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Berlinale 2018, presentato il programma. Ecco chi sfiderà Figlia Mia

Unico italiano in Concorso, il film di Laura Bispuri se la vedrà con autori come Lav Diaz, Gus Van Sant e Wes Anderson.
di Francesca Ferri

Figlia mia

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Alba Rohrwacher (45 anni) 27 febbraio 1979, Firenze (Italia) - Pesci. Interpreta Angelica nel film di Laura Bispuri Figlia mia.
martedì 6 febbraio 2018 - Berlinale

A pochi giorni dall'apertura della 68esima edizione del Festival di Berlino, in programma dal 15 al 25 febbraio 2018, vengono svelati tutti i titoli in competizione per l'Orso d'Oro e l'Orso d'Argento (l'ultimo, annunciato questa mattina, è Utoya 22. Juli). Benoît Jacquot, Gus Van Sant, Alexey German Jr., Malgorzata Szumowska, Philip Gröning, Thomas Stuber, Isabel Coixet e Lars Kraume, oltre a Wes Anderson che aprirà il festival con L'isola dei cani, sono solo alcuni dei nomi dell'appuntamento tedesco per il cinema internazionale. In Italia, gli occhi, però, sono puntati su Figlia mia, l'unico titolo di casa nostra in concorso.

La regista di Vergine giurata, Laura Bispuri, realizza una seconda opera con Alba Rohrwacher, questa volta affiancata da Valeria Golino, sull'universo femminile raccontato attraverso scelte e scoperte del passaggio all'età adulta.
Francesca Ferri

Ambientato nella Sardegna contemporanea, Figlia mia è la storia di una bambina di dieci anni a cui la vita, in una sola estate, si rivela in tutta la sua complessità. Vittoria (Sara Casu) vive un'infanzia tranquilla con il papà e la mamma finché qualcosa non la insospettisce. La bambina ha un rapporto simbiotico con Tina, madre amorevole, ma per una serie di vicende inizia a frequentare Angelica, una donna fragile e istintiva dalla vita scombinata che abita a tre km di distanza, in aperta campagna. Tra le due nasce un rapporto fortissimo fino a scoprire chi delle due donne è la vera madre. Rotto il patto segreto che le lega sin dalla sua nascita, Tina e Angelica si contendono l'amore di una figlia. La piccola Vittoria, vivrà dunque un'estate di domande, di paure, di scoperte, ma anche di avventure e di traguardi, un'estate dopo la quale nulla sarà più come prima.

"Figlia mia è un viaggio in cui tre figure femminili si alternano, si cercano, si avvicinano e si allontanano, si amano e si odiano e alla fine si accettano nelle loro imperfezioni e per questo crescono - racconta la regista - Tornare a Berlino mi emoziona moltissimo, sento un legame profondo con questo festival di cui ho sempre apprezzato l'alto impegno politico e il gusto cinematografico. Farne parte è un onore!". Attraverso tre punti di vista, Laura Bispuri racconta, dunque, l'amore filiale nelle sue diverse declinazioni.


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L'isola dei cani.
Ang Panahon ng Halimaw.
Don't Worry, He Won't Get Far on Foot .

La regista italiana spera nella stessa accoglienza trionfale di Vergine giurata ma i suoi concorrenti annunciano opere dalle grandi promesse. Wes Anderson detta subito il tono con il suo L'isola dei cani, primo film d'animazione ad inaugurare la Berlinale. Il regista statunitense che ha già presentato tre dei suoi film a Berlino, The Royal Tenenbaums (2002), Le avventure acquatiche di Steve Zissou (2005) e The Grand Budapest Hotel (Orso d'Argento, Gran Premio della Giuria 2014) in apertura della 64° edizione del festival, torna con un nuovo mondo stralunato e una nuova galleria di eccentrici personaggi doppiati da attori famosi come Bill Murray, Jeff Goldblum, Tilda Swinton, Frances McDormand, Bob Balaban, Edward Norton, Yoko Ono, Scarlett Johansson e Greta Gerwig, solo per citarne alcuni. Presentato in prima mondiale il 15 febbraio, Isle of Dogs immagina un Giappone del 2037, in cui tutti i cani vengono messi in quarantena su un'isola di rifiuti a seguito dell'influenza canina. Cinque cani, stufi della loro misera esistenza isolata dal mondo, offrono aiuto a un ragazzino, Atari Kobayashi, che giunge sull'isola per ritrovare il suo cane Spots.

Sull'onda della meraviglia, il regista indipendente filippino, Lav Diaz, non mancherà certamente di stupire con Ang Panahon ng Halimaw (Season of the Devil), descritto come un musical antimusicale, un'opera rock che scava nella mitologia, accompagnato da 33 canzoni composte dal regista stesso.
Francesca Ferri

Fattosi conoscere con Norte, the End of History (Festival di Cannes 2013) e recentemente applaudito al festival di Venezia 2016 per The Woman Who Left (Leone d'Oro), il rappresentante dello slow cinema presenta la sua ultima opera su Hugo Haniway, poeta, insegnante e attivista, che cerca disperatamente la verità sulla scomparsa della moglie durante la dittatura militare di Ferdinand Marcos in uno sperduto villaggio delle Filippine degli anni '70.

Grandi speranze sono riposte anche in Don't Worry, He Won't Get Far on Foot che segna il ritorno alla regia di Gus Van Sant dopo l'esperimento deludente di La foresta dei sogni (2015). Presentato in anteprima al Sundance Festival, il nuovo lungometraggio del regista statunitense è un biopic sulla vita tormentata del disegnatore John Callahan, ispirato alle sue memorie intitolate "Don't Worry, He Won't Get Far on Foot". Interpretato da un irriconoscibile Joaquin Phoenix, Callahan rimane paralizzato in seguito a un incidente automobilistico e si rifugia nel disegno come forma di terapia. Alla guida di un cast eccezionale, tra cui Rooney Mara, Jonah Hill, Jack Black e Udo Kier, Gus Van Sant promette di ritornare il regista di Drugstore Cowboy, Elephant e Milk che preferiamo ricordare.


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La prière.
Mein Bruder heißt Robert und ist ein Idiot.
Khook.

Dalla Francia invece arriva La prière di Cédric Kahn, la storia spirituale di Thomas, un ragazzo di 22 anni che per uscire dalla dipendenza, si unisce a una comunità isolata tra le montagne gestita da ex tossicodipendenti che si curano con la preghiera. Ma tra i titoli francesi il più atteso è Eva di Benoît Jacquot, che segna la sesta collaborazione del regista con Isabelle Huppert. Nuovo adattamento dell'omonimo romanzo di James Hadley Chase, Eva è un thriller psicologico sulla storia di una donna misteriosa che irrompe nella vita di Bertrand (Gaspard Ulliel), scrittore promettente. Un incontro annunciato da una tempesta di neve che porterà l'uomo all'ossessione e alla perdita di sé.

Tra i titoli tedeschi incuriosisce, invece, la storia di pubertà e incesto chiamata Mein Bruder heißt Robert und ist ein Idiot (My Brother's Name is Robert and He is an Idiot) di Philip Gröning, regista di The Police Officer's Wife (Premio Speciale della Giuria alla 70° edizione della Mostra del Cinema di Venezia).
Francesca Ferri

La Berlinale, infine, non dimentica il valore politico e sociale del cinema. Se Khook (Pig) del regista iraniano Mani Haghighi è una commedia sulla difficoltà di realizzare film nel suo Paese, Toppen av ingenting (The Real Estate) di Måns Månsson e Axel Petersén ironizza sul torbido mercato immobiliare svedese e Transit di Christian Petzold riflette sulla transitorietà dei rifugiati condannati a vivere in attesa.

Il festival di Berlino non trascura nemmeno il suo aspetto glamour. Sul red carpet già si attendono volti noti come Gael Garcia Bernal, protagonista di Museo del regista messicano Alonso Ruizpalacios e Robert Pattinson, pioniere in viaggio per l'America in Damsel, commedia western dei texani David e Nathan Zellner. Non si annuncia una competizione semplice, dunque, per Laura Bispuri.


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