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Sally Potter: «la commedia è una medicina per l'anima»

La regista racconta il suo The Party, applaudito alla Berlinale, ora alla Festa del Cinema di Roma e prossimamente al cinema.
di Paola Casella

Sally Potter (74 anni) 19 settembre 1949, Londra (Gran Bretagna) - Vergine. Regista del film The Party.
sabato 28 ottobre 2017 - Incontri

È la regista e sceneggiatrice di Orlando e Lezioni di tango, e il suo cinema è considerato uno dei più sperimentali e coraggiosi del panorama britannico. The Party, presentato a Berlino e ora alla Festa di Roma, è la sua prima commedia tout court, ma il senso dello humour ha colorato tutta la sua produzione.

The Party è una commedia dall'impianto teatrale che vibra di arguzia e cinismo come da miglior manuale di humor britannico
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The Party, girato in digitale in un bianco e nero nitido e spietato, si mantiene in equilibrio fra farsa e tragedia, e ha un cast stellare fra cui spiccano Kristin Scott Thomas, Timothy Spall, Patricia Clarkson e Bruno Ganz.


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Farsa e tragedia sono facce della stessa medaglia?
Diciamo che sono i due lati dello stesso crinale, e io mi sono divertita a camminare in equilibrio fra di loro. Tecnicamente, sia in scrittura che in regia, è molto difficile da realizzare: basta ruotare la trama, o la cinepresa, di mezzo grado e si sconfina inevitabilmente da una parte o dall'altra.

Questa volta però la commedia prevale, in modo molto evidente.
È vero, la commedia in questo momento mi affascina, tant'è vero che ne sto già scrivendo un'altra. Credo che sia un'arma potentissima per raccontare cose sgradevoli o dolorose, e guardare più lucidamente al mondo. La commedia è una vera e propria medicina per l'anima. Credo che i fratelli Marx siano i più grandi filosofi della contemporaneità, e non mi stupisce che i commentatori politici più acuti di oggi siano i comici.

Una dei sette protagonisti di The Party lavora in politica. Come mai ha deciso di puntare l'obiettivo su quel mondo?
Mi interessava mostrare che ciò che è politico è sempre anche personale, e ciò che è personale è anche inevitabilmente politico. Ogni relazione umana è un rapporto di potere e in ogni rapporto di potere c'è uno squilibrio fra chi ne ha di più e chi ne ha di meno. Alla base di The Party ci sono le dinamiche politiche che incidono sulle vite private delle persone e si manifestano nelle loro interazioni personali.

Una domanda strettamente politica: che cosa pensa della Brexit?
Che è un disastro. Io ho votato contro, come il 97% dei londinesi, anche perché Londra è l'esempio vivente di come innumerevoli etnie, razze e religioni possano coesistere pacificamente. Ma nel resto del Paese ha votato una minoranza poco informata, e il loro parere ha avuto più peso dell'indifferenza di chi non è andato alle urne.

È vero che lei lavora spesso a varie sceneggiature contemporaneamente?
Verissimo. Mi aiuta a non impantanarmi: quando sento che mi sto bloccando su una storia la lasciò lì per un po' e mi butto su un'altra. Magicamente, mentre scrivo la sceneggiatura successiva, i nodi narrativi della precedente si sciolgono. Ad un certo punto, indipendentemente dalla mia volontà, una prende il volo e passa avanti a tutte le altre. È successo anche con The Party: ha superato a sinistra quello che pensavo fosse il copione in pole position, e ha tagliato il traguardo in solitaria.


THE PARTY: RECENSIONE

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