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«Ho diretto Penalty per stimolare le coscienze»

Il giovane regista Aldo Iuliano parla di sé, dei suoi progetti e del corto con cui ha vinto al Venezia il concorso I Love GAI.
di Olivia Fanfani

lunedì 4 settembre 2017 - Incontri

Penalty di Aldo Iuliano è il vincitore della seconda edizione di I Love GAI - Giovani Autori Italiani, il concorso nato da un'idea di SIAE in collaborazione con Lightbox in programma alla 74. Mostra del Cinema di Venezia.

I 20 finalisti sono stati selezionati su oltre 200 candidati under 40 da una giuria composta dal produttore cinematografico Francesco Bonsembiante, la curatrice Géraldine Gomez e il regista Giuseppe Piccioni.
Olivia Fanfani

Iuliano, con un passato da fumettista e una carriera decennale alle spalle che conta numerosi tra cortometraggi, documentari per la tv e videoclip, con Penalty racconta la storia di un gruppo di ragazzi alle prese con una particolare partita di calcio che mette in palio molto più di una semplice vittoria.


L'INTERVISTA

Come nasce la passione per il cinema?
Dopo essere andato via da Crotone dove per il cinema non c'erano grandi possibilità, ho creduto che il linguaggio cinematografico potesse essere un campo di sperimentazione nuovo e stimolante rispetto al fumetto. Un linguaggio che mette a confronto tutta una serie di componenti che finiscono per apportare al lavoro sempre nuove sfaccettature. Ho quindi deciso di cimentarmi con il cortometraggio per scoprire e indagare realtà che non conoscevo, per stimolare le coscienze a riflettere sul concetto di umanità da nuovi punti di vista.

Come nasce l'idea di Penalty?
L'idea me la propose mio fratello circa tre anni fa. Volevamo affrontare un argomento complesso come la condizione umana di persone costrette a partire dai loro paesi e insieme usare la metafora del calcio in un percorso di ricerca sulla vita, la morte, la vittoria la perdita.

Come si è svolta la fase dei casting?
Nonostante il soggetto fosse di pura finzione, ho scelto di usare dei non attori: per molto tempo ho frequentato assiduamente un centro di seconda accoglienza a Crotone, Agorà.  Lì, abbiamo affrontato con quattordici ragazzi un anno in cui alternavamo lo studio della sceneggiatura con partite di calcio.

Nel corto la macchina da presa assume i connotati della soggettiva in più occasioni, la scelta dello sguardo diretto in macchina di alcuni dei protagonisti è una decisione ambiziosa (e azzarderemo riuscita) per eliminare ogni filtro e coinvolgere in prima persona lo spettatore nei passaggi più drammatici. Cosa ti ha spinto a una scelta di questo tipo?
Lo sguardo in macchina è per me un momento fondamentale, in cui la realtà dei fatti rappresentati esce dall'ambiente circoscritto della narrazione per arrivare allo spettatore come un pugno nello stomaco, una grande consapevolezza e una richiesta di riflessione. Senza dialoghi, solo attraverso lo sguardo, i protagonisti raccontano qualcosa del loro passato. Una soggettiva che ne guarda un'altra, una via estrema. Con Daniele [Ciprì nda] ne abbiamo discusso molto.

Daniele Ciprì (David di Donatello nel 2012 per Vincere) avevate già lavorato insieme? Com'è nata la collaborazione? Perché hai pensato a Ciprì per la fotografia?
Ho scelto Daniele perché volevo raccontare una favola nera. Non lo conoscevo, ha letto il soggetto, gli è piaciuta l'idea ed ha accettato. Abbiamo parlato più di cinema che di luce, il discorso si concentrava più che altro su come inquadrare i volti in maniera non invasiva. Mi è sempre sembrato che nel suo lavoro sospendesse le dimensioni di spazio e tempo, ed era proprio questo tipo di idea che avevo in mente fin dall'inizio per Penalty. Non volevo che il plot diventasse troppo importante rispetto all'evoluzione che conduce al finale.

Una grande occasione di lavoro che ha coinvolto anche Marco Spoletini al montaggio, come ti sei avvicinato a Marco e cosa lo ha spinto a prendere parte al progetto?
Marco l'ho conosciuto dopo aver incontrato per caso Matteo Garrone. Matteo aveva visto alcuni miei corti e gli erano piaciuti. Quando gli ho parlato di Penalty, mi ha presentato Marco che ha voluto a tutti i costi prendere parte al progetto e portare a termine il montaggio, nonostante i numerosi lavori che aveva in quel periodo. Hanno tutti creduto nell'idea, una squadra che è cresciuta piano piano.

  Quello di I Love GAI non è l'unico riconoscimento ricevuto da Penalty, il corto ha anche vinto il Globo D'oro come miglior cortometraggio...
Il Globo d'Oro è stato fondamentale insieme agli altri premi esteri. Ma questo premio a Venezia, un premio in Italia, è stato come un grande abbraccio di bentornato a casa dopo tanto lavoro e sacrifici.

Secondo te è arrivato il momento di tentare il grande salto per realizzare il tuo primo lungo?
Il grande salto non l'ho ancora fatto solo perché non mi sembrava ci fossero le condizioni. Adesso sento che può essere arrivato il momento di sviluppare un soggetto che ho già in mente e ha raccolto i primi pareri positivi. La storia vorrebbe ripercorrere una grande storia d'amore, traendo però ispirazione dalle ambientazioni di film come Rosemary's Baby e Shining. Un thriller psicologico con venature horror che si pone in primis come una sfida che dopo anni di cortometraggi mi sento finalmente pronto ad affrontare.


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La premiazione di Penalty.
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La premiazione di Penalty.

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