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Tel Aviv, città libera disobbediente innamorata

La città israeliana è la quarta grande protagonista della storia raccontata da In between, nuovo lavoro della regista Maysaloun Hamoud. Dal 6 aprile al cinema.
di Ilaria Ravarino

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Shaden Kanboura . Interpreta Noor nel film di Maysaloun Hamoud Libere disobbedienti innamorate - In Between.
mercoledì 29 marzo 2017 - Focus

L'Ana Lou Lou Club apre alle nove di sera, chiude alle 3 di mattina e ospita serate come l'Arabs do it better party e il Tonight Queers Unite. Si beve, si balla, si fuma in pista. Con estrema probabilità, fuori dalla pista si fa anche molto altro. È qui, in questo locale di Jaffa a Tel Aviv, che la regista Maysaloun Hamoud ha scelto di girare la scena iniziale di Libere disobbedienti innamorate: quella in cui una delle protagoniste, l'avvocatessa arabo-israeliana Layla, assume con gioiosa disinvoltura Ritalin, cocaina e alcool durante una serata con amici.

"Era importante per me girare in questo posto - ha raccontato Hamoud in un'intervista - e più in generale a Jaffa. I personaggi del film e molto di quel che succede prendono ispirazione da quei luoghi e da quella scena".
Ilaria Ravarino

Locali come l'Ana Lou Lou o il Thew Block (famoso per le serate con dj palestinesi e israeliani) sono oggi il punto di riferimento della scena "radicale" arabo-israeliana, quell''"avanguardia palestinese formatasi su due eventi centrali - ha spiegato la regista - la seconda Intifada e la primavera araba del 2011". A due passi dalla moschea di Hassan Bek, uno dei luoghi "caldi" della seconda Intifada, si trova l'appartamento che nel film viene diviso dalle tre ragazze. Siamo nel quartiere yemenita di Manshiyya, ma nessuna delle protagoniste è originaria del posto. Layla viene da Nazareth, Salma da Tarshiha, Nour da Umm al-Fahm, tra le più grandi città a maggioranza araba d'Israele. A portarle a Tel Aviv sono motivi diversi, che raccontano ognuno a suo modo una parte della complessa, e molto originale, identità della città.


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In foto una scena del film.
In foto una scena del film.
In foto una scena del film.

Ad attirare Selma a Tel Aviv è soprattutto la forza della scena gay, già raccontata nel 2015 dal documentario Oriented di Jake Witzenfeld, che qui ha il suo centro in Allenby Street, una traversa di Ben Yehuda, un festival cinematografico dedicato (il TLV Fest) e il pride più grande d'Asia e del Medio Oriente: 180 mila persone in corteo solo nel 2016 per un evento completamente a carico della municipalità pubblica. Migliore città gay del mondo secondo i siti specializzati, "bastione della libertà in una regione tormentata dall'intolleranza" secondo Hillary Clinton, Tel Aviv è, più in generale, una città disinibita sul piano dei costumi sessuali, dove la prostituzione è largamente tollerata, con più di 10.000 prostitute che vivono in città, e le escort si fanno pubblicità in rete.

Ma con i suoi 650mila abitanti, che ne fanno la seconda città più popolosa d'Israele, Tel Aviv è anche la città più moderna del paese, incubatrice d'eccezione per centinaia di start up dell'high tech israeliano: è questo ambiente di giovani winner quello in cui si muove Layla, di giorno abile avvocatessa capace di sfruttare il denaro della new economy che scorre nei quartieri del centro, e di notte scatenata regina dei night club di Jaffa.
Ilaria Ravarino

Una vita da bohémienne permessa tanto dalla particolare tolleranza esercitata dalla municipalità di Tel Aviv sulle droghe leggere, marijuana in testa, quanto dalla posizione strategica di Israele nel circuito del commercio delle droghe pesanti, con la cocaina pericolosamente sempre più diffusa tra i consumatori (tra il 2005 e il 2009 ne sarebbe raddoppiato il numero).


In foto una scena del film.
In foto una scena del film.
In foto una scena del film.

Sarebbe tuttavia sbagliato considerare Tel Aviv una sorta di "Berlino mediorientale. Tel Aviv è Tel Aviv, la sua scena è unica - ha dichiarato Hamoud - e a renderla unica è proprio la mutua influenza di elementi arabi e israeliani. Qui molti palestinesi sostengono la condivisione degli spazi e tantissimi israeliani sono di sinistra e antisionisti: è una situazione particolare, che favorisce anche la nascita di coppie miste".

Anche la più tradizionale delle ragazze, Nour, fa parte di quel 5% arabo che vive a Tel Aviv, e anche lei sarebbe disponibile a condividere lo spazio con chi sente "diverso", pur di godere dell'offerta culturale (in termini di studio, università, possibilità lavorative) della città.
Ilaria Ravarino

Ma è con Nour che ci avviciniamo al lato più oscuro di una convivenza difficile, quello che racconta di donne palestinesi che si sentono discriminate per la scelta di portare il velo o gli abiti tradizionali, che spesso non lavorano (nel 2014, secondo i dati del governo, lavorava solo il 31% delle donne palestinesi israeliane), e che hanno timore di reagire quando diventano vittime di violenza. Inclusa quella, purtroppo in crescita ovunque, che avviene tra le mura della propria casa.


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