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Kim Jee-woon presenta il suo The Age of Shadows

A Firenze per l'inaugurazione del Florence Korea Film Fest, il regista coreano che rifugge il cinema di genere per una sempre rinnovata energia creativa.
di Olivia Fanfani

giovedì 23 marzo 2017 - Incontri

A Firenze per presentare The Age of Shadows, nell'ambito del Florence Korea Film Festival in programma al Cinema La Compagnia da stasera al 31 di marzo, il regista coreano Kim Jee-woon racconta i retroscena del suo ultimo film, una spy-story fatta di intrighi e tradimenti, con un registro che mescola sapientemente noir e azione. La ricostruzione storica degli attentati che hanno scosso la Corea degli anni '30, durante l'occupazione Giapponese. Una storia di resistenza e oppressione, poliziotti infiltrati e dissidenti politici, per ricordare coloro che lottavano per liberare il paese dall'egemonia nipponica. 
Lee Jung-chool è un poliziotto che opera sotto lo stretto controllo giapponese. A capo della polizia di Stato, è incaricato di identificare e neutralizzare un gruppo armato che lotta nella resistenza. Il suo superiore, il generale Higashi, è ben deciso a individuare i vertici dell'organizzazione e a mettervi fine, ma i traditori si nascondono ovunque e ben presto Lee verrà chiamato a confrontarsi con il leader del gruppo armato. Coinvolto in un pericoloso doppiogioco con la resistenza, Lee metterà a repentaglio il suo futuro e la morale ferrea e brutale con cui da sempre opera nelle forze armate. 

Con nove film e due cortometraggi, tra cui l'omaggio a Sergio Leone Il Buono il Matto e il Cattivo del 2008, Kim Jee-woon ha sempre dichiarato di non volersi allineare ai classici canoni di genere, conquistando il pubblico internazionale grazie alla varietà degli elementi stilistici, per trarre ispirazione e una sempre rinnovata energia creativa.
Olivia Fanfani

La decisione di mettere in scena la storia di un movimento di liberazione in particolare, il più violento dell'epoca, è riconducibile al fascino che fin da piccolo nutriva per "l'unica resistenza che fosse mai stata in grado di spaventare i Giapponesi; in una sorta di omaggio al patriottismo del popolo coreano e alla malinconia di un paese allora così unito nel combattere un nemico comune."  
Un film che in un periodo storico contraddittorio, rintraccia nel deterrente del doppio gioco una valenza sociale più che mai attuale. Kim valica gli stilemi del noir e la ricostruzione fedele per passare attraverso un serrato regime d'azione, raccontando del clima di sfiducia e tradimento in cui nacque la figura di quell'eroe nazionale che fu Kim Il-Sung. Nelle parole del regista: "Il leader del movimento d'indipendenza che, quando il Giappone perse la seconda guerra mondiale e la Corea fu finalmente libera, abbandonò il sud del paese per ragioni politiche, convinto che lì, la polizia fosse un lascito dell'invasione nipponica, con i suoi metodi rudi e le sue tecniche di spionaggio. In Corea del Nord incontrò le prime avvisaglie della rigida dittatura di Kim Hin Song e si convinse che questo suo non riuscire a vivere sereno in nessuna delle due Coree sarebbe ben presto sfociato in un problema di tutto il paese, successivamente [e ancora oggi] scisso in due fazioni inconciliabili e autonome l'una dall'altra".


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Nel film il leader del movimento è interpretato da Lee Byung-hun, in una sorta di cammeo in cui l'attore incarna l'essenza di un uomo carismatico ed energico, per dar voce alla frangia di personaggi giusti che combattevano per la liberazione del paese. "Il percorso con i protagonisti è stato soprattutto una ricerca di profondità attraverso i caratteri dei personaggi. Un lavoro di ricerca che andasse oltre l'intrattenimento. In particolare Kang-ho Song ha dimostrato una capacità di gestione della tensione grazie alla quale l'atmosfera assumeva i contorni stessi della resa attoriale, caricata delle contrapposizioni che il protagonista innescava con gli altri personaggi." Come molti suoi connazionali, Kim racconta la svolta cruciale d'inizio secolo, sottolineando come negli ultimi anni "In molti abbiano girato film sul periodo dell'occupazione giapponese, ma sempre nel rispetto - ognuno - delle proprie peculiarità artistiche e dei propri nuclei d'interesse." Su tutti è emblematico osservare come, pur avendo molti punti in comune, The Age of Shadows e Mademoiselle di Park Chan-wook non potrebbero essere più diversi.

"Io parlo di uomini valorosi e temerari che rischiano la propria vita per un ideale, mentre Park Chan-wook racconta di un panorama in cui l'artefice è un protagonista perverso. Il riferimento non è certo all'omosessualità di alcuni dei personaggi, ma piuttosto al comportamento del protagonista."
Kim Jee-woon

E ancora, parlando del rapporto che lo lega al collega e amico: "I punti di contatto tra me e Park Chan-wook sono molti, abbiamo avuto le stesse influenze, esperienze hollywoodiane molto difficoltose, che hanno però riservato enormi soddisfazioni. Nonostante questo i nostri film non potrebbero essere più diversi".  Entrambi presenti al Florence Korea Film Fest, i maestri del cinema coreano raccontano - nei risvolti drammatici di narrazioni tortuose - dei precedenti bellici, d'intrighi e tradimenti che hanno minato le basi di un paese unito, creando una frattura che la Corea si porta dietro ancora oggi, e che difficilmente avrà la forza e gli strumenti necessari per distruggere.


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