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Carrie Fisher, addio alla principessa oscura

L'attrice se n'è andata il 27 dicembre a causa di un attacco cardiaco mentre si trovava su un aereo per Londra.
di Fabio Secchi Frau

mercoledì 28 dicembre 2016 - Celebrities

Figlia d'arte, attrice e sceneggiatrice americana, sospese la sua fortunata carriera da star quando fu all'apice del successo come interprete cinematografica, cioè dopo aver vestito i panni e le curiose acconciature della principessa Leila nella prima trilogia di Guerre stellari. Un ritiro dalle scene che fu doveroso per disintossicarsi dalla dipendenza da droga e alcol. Inizialmente considerata un'attrice maledetta, rilanciò il suo nome come "script doctor", una sorta di "meccanico" o "medico" delle sceneggiature hollywoodiane, che veniva reclutato quando alcuni dialoghi risultavano pesanti per determinati attori, registi o produttori.

Dopo ben trentacinque anni, tornò a vestire i panni dell'eroina che le diede la fama in un attesissimo ritorno alla saga di George Lucas. Spettacolare e luminosa, è stata una donna zeppa di umorismo e di aneddoti, che nascondeva però l'oscurità di un bipolarismo che l'ha accompagnata per tutta la vita.
Fabio Secchi Frau

Nata il 21 ottobre 1956 a Beverly Hills dall'attrice Debbie Reynolds e dal cantante Eddie Fisher. Il padre divorziò dalla madre quando lei aveva due anni per sposare la grande Elizabeth Taylor. Non fu facile per lei essere la figlia di un'attrice "ingombrante" come la Reynolds, tanto è vero che le due, pur amandosi alla follia, ebbero un rapporto conflittuale fino all'età adulta della Fisher e cioè quando, scritto tutto ciò che aveva da dire su sua madre in un romanzo autobiografico, sentì che fosse pronta per essere semplicemente se stessa, senza più pressioni o ansie provocate dalle aspettative materne.


Carrie Fisher nei panni della principessa Leia.
Insieme a Harrison Ford sul set di Star Wars.
Dal set de Il ritorno della forza.

Sorellastra di Joely Fisher e Tricia Leigh Fisher (entrambe attrici), studiò alla Central School of Speech and Drama di Londra e mosse i suoi primi passi come attrice teatrale accanto a sua madre ("Irene", 1975), salvo poi ottenere il suo primo ruolo sul grande schermo in Shampoo di Hal Ashby, accanto a Warren Beatty, lì anche nelle vesti di sceneggiatore. La Fisher ammirava Beatty. Non solo per la sua bellezza, ma anche per quella versatilità artistica e professionale che sperò, un giorno, di poter raggiungere. E lo raggiunse!

Shampoo fu un buon inizio e le aprì due strade. Da una parte, Brian De Palma la volle per un horror su una licale con poteri telecinetici, uscita dal romanzo di un giovane scrittore americano, Stephen King. Dall'altra, George Lucas la corteggiò per quello che le era stato descritto come il più grande film di fantascienza di tutti i tempi.
Fabio Secchi Frau

Purtroppo, seppur tentata dal primo progetto, la Fisher si rifiutò categoricamente di girare delle scene di nudo (necessarie per una certa scena nelle docce scolastiche) e così scelse il secondo, lasciando a Sissy Spacek il ruolo da protagonista in Carrie, con tanto di futura candidatura all'Oscar come miglior attrice protagonista! Fu proprio per questo suo drastico rigetto del nudo che non accettò neanche il ruolo di Emmeline in Laguna blu (1980), che andò infatti a Brooke Shields.


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Un'immagine dal film Shampoo.
Carrie Fisher insieme al regista e amico Steven Spielberg.
Carrie Fisher durante le riprese de Il ritorno dello Jedi.

Carrie Fisher si presentò sul grande schermo come una ribelle guerriera, impegnata attivamente nella lotta contro il terribile Impero Galattico. Su Leia, in seguito, vennero scritte canzoni e dedicati persino documentari. Fu da subito un'icona del cinema, soprattutto per via dei costumi, che insinuarono la Fisher nell'immaginario comune degli spettatori addirittura come un sex symbol. In quest'ultimo caso, fu merito senza dubbio del bikini in metallo che indossò nelle scene in cui fu prigioniera di Jabba the Hutt!

E, dopo ben 35 anni, accettò di vestire nuovamente i panni del suo personaggio in Star Wars: Il risveglio della forza, diretta da J.J. Abrams, offrendole però un'anima più malinconica, solenne, materna. La Disney, non contenta, ha insistito che la sua Leia apparisse anche in Rogue One: A Star Wars Story di Gareth Edwards, ma facendo in modo che fosse ricreata digitalmente in giovane età.
Fabio Secchi Frau

Fra quegli e questi anni, purtroppo cominciarono i preoccupanti problemi di droga e abuso di alcol (che fra l'altro quasi compromisero proprio la realizzazione de Il ritorno dello Jedi). Costretta a farsi da parte per disintossicarsi, è tornata sulle scene solo per grandi cineasti o amici. Fu il caso di: The Blues Brothers (1980, all'interno del quale interpretò una misteriosa e folle donna che voleva uccidere John Belushi, con il quale fra l'altro ebbe una brevissima relazione sentimentale) di John Landis, Hannah e le sue sorelle (1986) di Woody Allen o Harry ti presento Sally (1989) di Rob Reiner. Si è resa anche disponibile per piccole apparizioni e camei, come in Austin Powers (1997), Scream 3 (2000), Jay & Silent Bob... Fermate Hollywood! (2002, dove lavorò di nuovo con Mark Hamill, suo vecchio compagno di set ai tempi di Guerre stellari), Charlie's Angels: più che mai (2003) e il bellissimo Maps to the Stars di David Cronenberg, dove recitò i panni di se stessa (come fece anche in Sex and the City e The Big Bang Theory).


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Nei panni della principessa Leia per Star Wars.
Carrie Fisher sul set dei Blues Brothers.
Insieme all'allora compagno John Belushi.

Grazie alla sua passione per la scrittura, fu importante anche la sua carriera di sceneggiatrice e di "script doctor" per serie tv, show o pellicole. Fu a lei che registi (Steven Spielberg su tutti) e produttori si riferivano per salvare ottime sceneggiature dalla catastrofe. La Fisher fu in grado di aggiustare script claudicanti, che presentavano qui e lì alcune sbavature, collaudandoli a interpreti che non riuscivano a essere nella parte o si rifiutavano di girare determinate scene.

In poco tempo, il suo nome fu sinonimo di un certosino lavoro di scrittura per dialoghi e scene, che fece risparmiare a molti Studios enormi difficoltà di realizzazione, di budget o di ostilità fra attori e registi.
Fabio Secchi Frau

Sono passati sotto la sua penna titoli come: Hook - Capitan Uncino (1991), Sister Act: Una Svitata in abito da Suora (1992), Arma letale 3 (1992), The River Wild - Il fiume della paura (1994), Il mio primo bacio (1994), Mia moglie è una pazza assassina? (1993), Lezioni di anatomia (1994), Love Affair - Un grande amore (1994), L'amore ha due facce (1996), Prima o poi me lo sposo (1998), Kate & Leopold (2001), Le ragazze del Coyote Ugly (2000), Prima ti sposo, poi ti rovino (2003), Made in America (1993), Last Action Hero - L'ultimo grande eroe (1993), e persino la nuova trilogia di Guerre stellari composta da Star Wars: Episodio I - La Minaccia fantasma (1999), Star Wars: Episodio II - L'attacco dei cloni (2002) e Star Wars: Episodio III - La vendetta dei Sith (2005).


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