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Ho te sotto la mia pelle, ho te nel profondo del mio cuore

Da Alien a Matrix, il cinema dei parassiti e degli zombie.
di Andrea Bellati

domenica 30 ottobre 2016 - Focus

Scriveva il grande naturalista Charles Darwin al collega Asa Gray "Non riesco a persuadermi che un Dio benefico e onnipotente abbia volutamente creato gli icneumonidi con l'espressa intenzione che essi si nutrano dentro il corpo vivente dei bruchi". Gli icneumonidi dovevano davvero sconvolgere le menti di fine ottocento se anche John Brown, l'attivista americano che dedicò la vita alla causa antischiavista e che per questo giace nella tomba nella celebre canzone, scriveva: "Con crudele astuzia e ingegno superato solo dall'uomo, questo insetto depravato e senza principi perfora il povero bruco e deposita le uova nel corpo vivo e straziato della vittima".
Gli icneumonidi sono piccole vespe molto comuni. Sono, per intenderci, quelle con la vita strettissima e le zampe lunghe. Quel che inorridì Darwin e Brown è il meccanismo riproduttivo del piccolo insetto. La vespa inietta le proprie uova dentro il bruco che continua la sua vita senza traumi. Quando le uova schiudono il bruco esplode liberando le larve del suo aguzzino. Ci ricorda qualcosa? Certamente, lo sceneggiatore Dan O'Bannon si inspirò proprio agli icneumonidi per immaginare il ciclo vitale dell'alieno (Alien, di Ridley Scott 1979) e scrivere la famosa scena della larva che sfonda il torace di un poveraccio sull'astro rimorchiatore Nostromo. Alien, lo xenomorfo, ha addirittura un nome scientifico, Linguafoeda acheronsis, e uno sviluppo degno di un manuale di zoologia. La Regina xenomorfa depone delle teche che sembrano uova, dentro alle quali si nascondono esseri tentacolati: i Facehuggers, cioè "aggrappafaccia". Quando un astronauta capita a tiro, la teca si schiude e il facehugger si aggrappa con tenacia al volto del disgraziato che viene tenuto in vita perché possa covare un embrione nel petto. Il neonato si chiama Chestburster, "spaccatorace", e quando è pronto sbudella la vittima e saluta il mondo con un vagito rabbioso prima di darsi alla macchia e diventare adulto.

Cosa è uno zombie se non un tizio contagiato da un parassita virulento che ne annulla la volontà e lo trasforma in uno strumento di diffusione a suon di morsi?
Andrea Bellati

I parassiti cinematografici sono spesso insetti, tutt'al più crostacei, persino quando sono meccanici, come la sonda gamberetto che gli Agenti infilano nell'ombelico di Keanu Reeves in The Matrix (Larry e Andy Wachowski, 1999). Gli insetti sono piccoli, si muovono in modo imprevedibile, portano malattie, mangiano le nostre provviste, ci rovinano le cose... Insomma non serve scomodare Freud per capire come mai le povere bestiole siano diventate i parassiti per eccellenza a partire dagli strani animaletti a metà tra il sorcio e lo scarafaggio che soggiogano le menti in The Brain Eaters di Bruno Ve Sota del 1958. E poi ci sono i cosini tentacolati che penetrano nella spina dorsale e salgono fino al cervello per prenderne il controllo ne Il terrore dalla sesta luna (The Puppet Masters, 1994) diretto da Stuart Orme, fino ai gamberetti preistorici che dopo un'eternità trascorsa dentro a un mammuth congelato, sterminano i ricercatori ne La creatura dei ghiacci (The Thaw, 2009) di Mark Lewis.
Fin qui abbiamo visto parassiti di fantasia. Invece nel film di Barry Levinson The Bay (2012) c'è una forma mutante di Cymothoa exigua che fa strage di persone nel Maryland. La Cymothoa esiste davvero ed è un piccolo crostaceo che parassita i pesci. Questa specie di gamberetto si aggrappa alla lingua del pesce e la prosciuga succhiandone sangue e tessuti. Ben presto la lingua cade e il parassita ne prende il posto collegandosi al moncherino. Il crostaceo diventa a tutti gli effetti una protesi vivente, come i tentacoli del Dottor Octopus di Spider-Man 2 (Sam Raimi, 2004).
Veri o finti che siano, i parassiti del cinema, se non sono insetti, sono vermi che guizzano e strisciano sotto la pelle. Possono essere frutto di un esperimento scientifico per conferire superpoteri alle vittime, come quelli di Growth (Terrore sotto la pelle, 2009) di Gabriel Cowan, oppure sono capaci di scatenare un'irrefrenabile furia erotica e omicida, come fanno i vermi di Cronenberg in Il demone sotto la pelle (Shivers, 1975).
"I've got you under my skin, I've got you deep in the heart of me" cantava Sinatra ma di certo non si riferiva al Dracunculus medinensis un orribile verme diffuso dall'Africa al Medio Oriente lungo fino a un metro e venti. Per levarselo viene ancora avvolto attorno a un bastoncino e sfilato da sotto la pelle un pezzo alla volta: un'operazione delicata che dura giorni. Pare che il caduceo di Hermes, il simbolo delle farmacie (i due serpenti arrotolati sul bastone alato) ricordi proprio questa pratica.
Ci sono poi i parassiti senza una forma propria ma che prendono in prestito quella dell'ospite. Ancora Carpenter con La cosa (The Thing, 1982) ci offre una raccapricciante creatura multiforme che fonde e impasta i corpi delle vittime in una poltiglia orrorifica. Simile l'idea in Splinter (2008) di Toby Wilkins: un parassita acuminato rende capace di vita autonoma ogni singola parte del corpo della vittima.
Il cinema non ha inventato nulla nemmeno in questo caso. Il parassita acquatico Ribeiroia ondatrae induce mutazioni mostruose nelle rane che infetta. Alla rana colpita non crescono le zampe oppure ne crescono troppe. Le rane mutanti sono facili prede degli aironi all'interno dei quali il parassita si riproduce.


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In foto una scena di Spider man 2 (2004)
In foto una scena di La Cosa (1982)
In foto una scena di Io sono leggenda (2007)

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