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A Venezia i migranti senza speranza di Midi Z e Kai Ko

Il regista e l'attrice raccontano l'esperienza sul set del loro ultimo film, presentato alle Giornate degli Autori della 73. Mostra.
di Emanuele Sacchi

In foto Kai Ko e Wu Ke-Xi in una scena del film The Road to Mandalay di Midi Z, presentato alle Giornate degli Autori della 73. Mostra di Venezia.
venerdì 9 settembre 2016 - Incontri

La storia di Guo e Lianqing, anime smarrite nel mondo ostile di Bangkok, per alcuni versi può sembrare qualcosa che abbiamo già visto in passato. Magari nei racconti di disagio urbano di Tsai Ming-liang, in cui l'incomunicabilità conduce spesso verso la tragedia. Ma il nuovo film di Midi Z, The Road to Mandalay, presentato alle Giornate degli Autori della 73. Mostra del cinema di Venezia, va ben oltre l'apparenza.

L'analisi che il regista compie, prendendo spunto da un tragico fatto di cronaca, è quella di un loop autolesionistico di disperazione che colpisce una moltitudine di migranti clandestini che dalla Birmania si trasferisce in Thailandia.
Emanuele Sacchi

Orde di uomini e donne senza identità, disposti a tutto pur di lavorare. Cerchiamo di capirne di più dalle parole del regista, taiwanese d'adozione ma nato in Birmania come i protagonisti del film, e del protagonista Kai Ko, star taiwanese proveniente dal cinema commerciale (You Are the Apple of My Eye), alle prese con un ruolo che potrebbe rappresentare una svolta nella sua carriera.


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In foto Kai Ko e Wu Ke-Xi in una scena del film The Road to Mandalay.
In foto il regista Midi Z sul set del film con Kai Ko e Wu Ke-Xi.
In foto il regista Midi Z sul set del film.
L'intervista a Midi Z

Il problema della migrazione clandestina dalla Birmania alla Thailandia, centrale in The Road to Mandalay, mi pare estremamente diffuso e comune a molti migranti. Come è nata l'idea di farne un film? Anch'io sono nato in Birmania e mi sono trasferito in Taiwan, quindi ho intrapreso un percorso simile a quello della storia narrata. Il film è ispirato a una storia vera del 1992 di due migranti clandestini, un ragazzo e una ragazza, che entrarono in Thailandia per lavorare; dopo tre anni tornano nella madrepatria per sposarsi e dopo tre giorni di matrimonio lui uccide lei e poi si toglie la vita. In seguito si è saputo che la ragazza voleva tornare nuovamente in Thailandia, mentre lui era contrario. Da qui sono partito per raccontare la storia di The Road to Mandalay. Dalla Birmania ci sono tre milioni di lavoratori che si spostano in Thailandia per lavorare, di cui due milioni sono clandestini. Quello che sta succedendo in Europa noi lo viviamo da diversi anni, anche a causa delle guerre e dei regimi che hanno caratterizzato il sud est asiatico".

La Thailandia, che nell'immaginario occidentale può apparire come un Paese povero, qui emerge come una terra della speranza rispetto al Myanmar. Ha un basso grado di disoccupazione infatti, è questo ad attirare molti lavoratori?
È simile a quello che avviene nel Regno Unito per quel che riguarda l'Europa. Se tu lo visiti scopri che la gran parte dei camerieri proviene da altri Paesi, come il Sud Africa. Il nostro Regno Unito è rappresentato da Taiwan o Singapore, mentre la Thailandia è una sorta di soluzione intermedia. Un Paese in via di sviluppo che necessita di forza lavoro, dove la Birmania è un Paese arretrato e sottosviluppato. Ovviamente il lavoro in nero viene pagato molto di più - 5000 baht al posto di 2000, per dire - e questo incrementa il flusso migratorio clandestino. Difficile ottenere i documenti e superare la burocrazia, molto più semplice entrare clandestinamente.

Vicino all'epilogo avviene una svolta traumatica. La scena che introduce questo cambio di registro è quella dell'incontro tra Linqiang e il varano, che non so dire se avvenga sul piano della realtà o su uno simbolico...
La sceneggiatura segue la suddivisione in tre atti, tipica di una storia drammatica, ma la prima parte procede più lentamente, mentre in seguito il ritmo accelera. Nello script originale non c'era la scena di sesso con il varano, la protagonista prendeva soldi in prestito per falsificare i documenti necessari. Ho scelto di dare un suggerimento metaforico su come la ragazza potesse risolvere il suo problema, utilizzando il personaggio della coinquilina, anche lei birmana. La prostituzione è la sola prospettiva che vede per salire nella scala sociale, ma mostrare un grasso e vecchio cliente in quella scena sarebbe stato troppo crudele, ho preferito ricorrere a un simbolismo che suggerisse quel che avviene anziché mostrarlo. Ma quello che si vede potrebbe anche essere un incubo, magari di Guo, indotto dall'uso delle anfetamine.

Il ricorso alla droga è qualcosa di peculiare: persone molto povere e disposte ad accettare qualunque lavoro finiscono per abusare di anfetamine per poter reggere questi ritmi e quindi spendono soldi per la droga. Una sorta di ciclo infinito del disagio...
L'anfetamina costa davvero poco in Thailandia, la metà di quanto costi in Europa. È purtroppo anche di qualità peggiore, quindi i lavoratori che la assumono per lavorare senza dormire finiscono spesso per impazzire. Avevo un compagno di classe, arrestato dalla polizia, che era dipendente da anfetamina e crystal meth: quando finiva le scorte tornava in Birmania ed era sempre messo peggio sul piano mentale.

Ti definiresti un regista taiwanese o questa definizione non ha più senso in un mondo di coproduzioni panasiatiche?
Penso che sia complesso da dire. Quando avevo sedici anni sono finito a Taiwan, e mi considero una persona molto fortunata. Se non fossi stato fortunato avrei potuto finire come il protagonista di questo film. Quando dieci anni fa sono tornato in Myanmar per far visita a mio nonno, ho dovuto farlo clandestinamente perché non c'era modo di ottenere per tempo i documenti necessari. Mio padre ebbe l'ordine di fermarsi al confine e di rimanere lì finché il Kuomingtang non avesse ordinato di poterlo attraversare. È una sorta di ciclo anche qui: mio bisnonno si trasferì da Nanchino allo Yun'an, mio nonno da lì alla Birmania per sfuggire alla guerra. Siamo nati in Birmania e poi ci siamo trasferiti in Taiwan. Quindi non posso dire di appartenere a una sola nazione.


In foto una scena del film The Road to Mandalay di Midi Z.
In foto una scena del film The Road to Mandalay.
Kai Ko in una scena del film The Road to Mandalay.
L'intervista a Kai Ko

Per un attore abituato al cinema popolare come è stato cimentarsi con il cinema d'essai e un autore come Midi Z?
Ci sono molte differenze. Per girare con Midi Z ad esempio ho dovuto prepararmi molto attentamente per la parte, conoscendo usi e costumi dei lavoratori birmani e la loro storia... Ho vissuto là per un po' per cercare di capire la difficoltà delle vite di queste persone e la loro lotta per la sopravvivenza in un mondo ostile. Girare film commerciali comporta altre difficoltà perché oltre alle esigenze del regista devi soddisfare quelle del mercato, del pubblico e di una serie di fattori che con il film di Midi Z non c'entrano.

Per la caratterizzazione di Guo hai posto l'accento più sul suo folle amore o sulla sua degenerazione che lo porta a drogarsi sempre più per tirare avanti?
Non capivo all'inizio come potesse nascere così rapidamente la sua storia d'amore per Linqiang e poi trasformarsi altrettanto rapidamente in follia omicida, ma vivendo un mese laggiù ho capito molte cose. Senza voler giudicare dall'alto in basso le loro abitudini, in Myanmar conducono una vita semplice, come a Taiwan o in Cina poteva essere 50 anni fa. Per esempio due amanti non possono rendere pubblica una storia d'amore, se si tengono per mano vuol dire che devono stare insieme per sempre ed esistono ancora i matrimoni combinati, stipulati prima che marito e moglie possano conoscersi. Quando ho visto tutto ciò ho compreso le ragioni di Guo e come il suo sistema crolli di fronte a un mondo che non capisce. Le anfetamine fanno il resto, portandolo rapidamente alla follia.

C'è una componente fortemente pessimistica nel personaggio di Guo, quando confrontandosi con Linqiang le dice che il lavoro che troverà in ogni caso sarà solo come cameriera o prostituta e quindi che in ogni caso non ne vale la pena...
Non penso che Guo sia pessimista, quantomeno non all'inizio. Lui guadagna soldi per costruire la sua strada per Mandalay (che sarebbe come dire la sua strada dei sogni), per poter tornare a casa e condurre una vita semplice. Poi subentra la ragazza, che va sempre in una direzione contraria alla sua volontà, e lui comincia a non capire.

Avevi in mente qualche attore in particolare del cinema, magari di Hong Kong, per calarti in questo ruolo?
All'inizio non avevo in mente di fare questo lavoro, è avvenuto tutto abbastanza casualmente, quindi non avevo dei particolari modelli o ispirazioni a cui riferirmi. Solo qualche anno dopo ho capito le possibili sfumature e difficoltà del lavoro di attore e oggi ti posso dire Tony Leung per quel che riguarda il cinema di Hong Kong e Won Bin per quello sudcoreano.

Un regista con cui vorresti lavorare?
Troppi. Una volta guardavo solo blockbuster, film Marvel o DC, più di recente invece ho visto molti film d'autore e ho cambiato i miei gusti. È difficile dire il nome di un solo regista....

Allora quale supereroe vorresti essere? Amo Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan, ma se dovessi scegliere un supereroe direi Spiderman, che è più ottimista e spiritoso di Batman. Oppure Deadpool.


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