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«Il cinema è di tutti, anche dei pubblicitari»

Proveniente dal mondo della pubblicità, Davide Gentile parla di sé e del suo Food for Thought, corto vincitore del concorso I Love GAI.
di Gabriele Niola

In foto una scena di Food for Thought di Davide Gentile, corto vincitore di I Love GAI - Giovani Autori Italiani.
lunedì 5 settembre 2016 - Incontri

A poco più di un centinaio di metri dal palazzo del cinema della Mostra di Venezia, dentro l'Hotel Excelsior, Davide Gentile ha ritirato il premio di I Love GAI - Giovani Autori Italiani, progetto che nasce da un'idea di SIAE in collaborazione con Lightbox. Dei 17 cortometraggi in concorso il suo Food for Thought ha incontrato i favori della giuria - composta da Beatrice Bulgari, fondatrice della casa di produzione In Between Art Film, Karel Och, direttore artistico del Karlovy Vary International Film Festival e Riccardo Chiattelli, direttore del canale laeffe - grazie ad un misto di originalità visiva, montaggio ad alta tensione e scelta di un tema sociale non semplice da comunicare.

Proveniente dalla pubblicità, non uscito da scuole di cinema, abile, tecnico e dotato anche di doti produttive, Davide Gentile sembra sapere bene quanto un premio simile conti, ma anche quali siano i limiti della sua utilità.
Gabriele Niola

"In linea di massima non credo che un regista si misuri in premi - ha dichiarato il regista - Certo fanno comodo sia i soldi che i contatti che portano, poi se grazie ad un premio puoi essere notato di più o ottenere la fiducia di un produttore o distributore allora ben vengano. Però non mi illudo. Di sicuro prima di vincere premi era più difficile riuscire a parlare con alcuni produttori".


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L'intervista

Quello di I Love GAI non è l'unico riconoscimento ricevuto da Food for Thought, al suo attivo il corto ha anche il Young Director Award a Cannes Lions, un festival di pubblicità, ci sei proprio legato al mondo degli spot...
"Sì, il corto infatti nasceva così come una pubblicità sociale, tant'è che è stata caricata su internet già il 7 Aprile, cosa che solitamente non fai se vuoi girare molti festival ma non mi importa. L'ho fatto perché penso che il cinema sia di tutti. Io poi da quel mondo vengo. Non ho fatto scuole di cinema, sono cresciuto in un società di produzione pubblicitaria partendo dal basso e quindi naturalmente sono finito a dirigerne. Sono una grande palestra, danno da vivere bene e consentono di sperimentare tante cose diverse. Io poi non avevo nemmeno il sogno della regia".

Cosa ti ha spinto a fare un corto allora?
"Di solito l'inverno mi assale sempre la sensazione che tutto vada bene ma non che non mia ancora davvero espresso e ogni anno pianifico qualcosa come un corto. Novembre scorso l'ho fatto con più decisione a partire dalla statistica secondo la quale muoiono 6 persone al minuto per problemi di alimentazione".

Com'è produrre un corto oggi?
"Per me non è stato semplice, la casa di produzione con cui avevo pianificato tutto mi ha mollato all'ultimo momento. Ero già in ballo e ho deciso di prosciugare il conto in banca e metterci del mio. Lo stesso è stata una produzione risicata, dove tutti hanno dovuto dare il massimo e non avevamo più del minimo indispensabile".

Secondo te ai produttori di cinema e tv piace il tuo background nella pubblicità o è una caratteristica squalificante?
"I pubblicitari pensano sempre che quelli del cinema ti schifino ma parlando con i produttori mi sono dovuto ricredere. Loro anzi ammirano il fatto di saper visualizzare una storia in maniere non canoniche eppure funzionali".

Adesso farai il salto o tieni un piede nella pubblicità?
"Di certo un piede lo tengo perché è una gran palestra e mi dà da vivere. Però quest'esperienza mi ha fortificato e mi ha spinto verso lo storytelling più strutturato. Ora più di prima seleziono i progetti pubblicitari di cui occuparmi. Ad esempio sono attratto dal branded content, spot di tre minuti in cui disporre di un arco narrativo più interessante dei soliti 15 secondi. Ne sto per girare uno in Sud Tirolo".

In generale se dovessi scegliere tu dove fare il grande salto preferiresti cinema o serie tv?
"Cinema. Anche se la serie tv è un ambito che mi interessa, ma solo a certi livelli. Nei prossimi 5 anni vedo un lungometraggio che però dovrà arrivare quando sarò pronto e avrò una sceneggiatura in cui credo, non posso farlo solo perché ho l'occasione. Un film va fatto come si fa un figlio: quando senti di avere le carte giuste per buttarti. Ad oggi mi manca ancora l'intelligenza registica per il giusto film e la giusta storia, mi serve ancora palestra. Alcuni produttori mi dicono che sono pronto ma io sento che non è così".


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