giovedì 14 luglio 2016 - Mostra di Venezia
Sono stati attribuiti all'attore francese Jean-Paul Belmondo e al regista polacco Jerzy Skolimowski i Leoni d'oro alla carriera della 73. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (31 agosto - 10 settembre 2016).
La decisione è stata presa dal Cda della Biennale di Venezia presieduto da Paolo Baratta, su proposta del Direttore della Mostra del Cinema Alberto Barbera.
A partire da quest'anno, il Cda ha deciso l'attribuzione di due Leoni d'Oro alla carriera in ciascuna delle edizioni future della Mostra: il primo assegnato a registi o appartenenti al mondo della realizzazione; il secondo a un attore o un'attrice ovvero a personaggi appartenenti al mondo dell'interpretazione.
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Jean-Paul Belmondo, icona del cinema francese e internazionale, ha saputo interpretare al meglio l'afflato di modernità tipico della Nouvelle Vague attraverso gli straniati personaggi di A doppia mandata di Claude Chabrol, Fino all'ultimo respiro (1960) e Il bandito delle 11 (1965, in concorso a Venezia) entrambi di Jean-Luc Godard, o La mia droga si chiama Julie (1969) di François Truffaut. In particolare, impersonando Michel Poiccard/László Kovács in Fino all'ultimo respiro, Belmondo ha imposto la figura di un antieroe provocatorio e seducente, molto diverso dagli stereotipi hollywoodiani ai quali lo stesso Godard si ispirava.
"Jerzy Skolimowski - ha dichiarato il Direttore Alberto Barbera nella motivazione - è tra i cineasti più rappresentativi di quel cinema moderno nato in seno alle nouvelles vague degli anni Sessanta e, insieme con Roman Polanski, il regista che ha maggiormente contribuito al rinnovamento del cinema polacco del periodo". Lo stesso Polanski (che lo volle accanto come sceneggiatore nel suo film d'esordio Il coltello nell'acqua), ebbe a predire: "Skolimowski sovrasterà la sua generazione con la testa e le spalle". In realtà, la carriera del "boxeur poeta", durata ben oltre cinquant'anni con diciassette lungometraggi realizzati, è stata tutt'altro che facile, segnata da continui dislocamenti - dalla Polonia al Belgio, dall'Inghilterra agli Stati Uniti, prima del definitivo ritorno in Patria avvenuto meno di dieci anni fa - che ne hanno contrassegnato l'opera: apolide in apparenza, perché assoggettata a strategie produttive eterogenee ed apparentemente diseguali, in realtà personalissima e originale in ciascuna delle opere in cui si è concretizzata. La trilogia realizzata in Polonia ai suoi esordi, Rysopis (1964), Walkover (1965) e Barriera (1966), fu per i Paesi dell'Est ciò che i primi film di Godard sono stati per il cinema occidentale, mentre i capolavori successivi - Il vergine (1967, Orso d'oro a Berlino), La ragazza del bagno pubblico (1970), L'australiano (1978, Grand Prix a Cannes), Mani in alto! (1981), Moonlighting (1982, migliore sceneggiatura a Cannes) - sono tra i film più rappresentativi di un cinema moderno, libero e innovatore, radicalmente anticonformista e audace. I film più recenti realizzati dopo il ritorno in patria - Quattro notti con Anna (2008), Essential Killing (2010, Premio Speciale della Giuria a Venezia) e 11 minuti (2015, in concorso a Venezia) - manifestano infine un'inesauribile e sorprendente capacità di rinnovamento, che lo collocano di diritto tra gli autori più combattivi e originali del cinema contemporaneo.