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Jacques Tati: la silhouette che inventa la poesia con una gag

Al cinema dal 6 giugno quattro opere restaurate dell'artista francese che fece del realismo sociale una poesia malinconica.
di Marzia Gandolfi

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venerdì 3 giugno 2016 - Evento

Monsieur Hulot è la silhouette più celebre del cinema francese. Corpo dinoccolato, cappello morbido, pipa in bocca e la maniera di procedere in punta dei piedi, è l'uomo dei misteri, un'ombra, un'atmosfera.

Di lui sappiamo nulla o quasi. Personaggio lunare e indipendente creato e incarnato da Jacques Tati, monsieur Hulot è senza riserve parigino, a suggerirlo è l'immatricolazione della sua vettura (8244 AK 75), e senza speranza disadattato.
Marzia Gandolfi

Sbadato dentro un'epoca funzionale inanella gaffe e gag poetiche che deflagrano la corsa al progresso. Perché il cinema lirico di Tati, che debutta (in lungo) con Giorno di festa nel 1949, interroga i vizi dello sviluppo e della modernizzazione attraverso il percorso caotico di monsieur Hulot, spettatore (quasi) muto e nostalgico di un mondo rurale e autentico. Ventidue anni dopo la denuncia del mondo industrializzato e della razionalizzazione della produzione di Chaplin (Tempi moderni), Tati realizza Mio zio e si fa corpo e voce di un burlesco sociale, dipingendo due universi e introducendo nel mezzo monsieur Hulot, conteso tra flânerie poetica e modernità implacabile. L'essenza del suo cinema risiede allora in questa contrapposizione (ancien-nouveau) sulla cui linea corre eternamente ottimista il suo eroe maldestro. Provocatore e rivelatore insieme, monsieur Hulot è depositario di una sorta di infanzia e di leggerezza sconosciuta al mondo ma sensibile al mondo verso cui si abbassa per parlare.


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Mio zio (1958)
Uscita: 6 giugno
 

Appassionato di modernismo, monsieur Arpel vive una vita perfettamente ordinata in una casa attrezzata di ogni confort tecnologico. Industriale di successo e padre distratto di Gerard, un bimbo di pochi anni, Arpel ha un cognato che abita più modestamente due locali in un quartiere popolare. Bizzarro e bohémien, monsieur Hulot spezza l'ordine rigoroso che regna a casa del nipotino, iniziandolo all'immaginazione e a un domani alternativo. La sorella intanto spera segretamente di sistemarlo con la vicina ma monsieur Hulot ribadisce la sua irriducibile irriducibilità.

Cronaca di vita moderna, Mio zio è il ritratto apologo di un personaggio lunare e conviviale, amico dei cani randagi e insofferente alla regimazione.
Marzia Gandolfi

Monsieur Hulot ancora una volta sta in disparte, rifiutando la tecnologia moderna e il culto dell'oggetto, fustigando la passività e esaltando l'ecologia sociale, l'innocenza e la ribellione contro i codici imposti. Accompagnato da una vivace melodia musicale, che incoraggia monsieur Hulot a vivere la sua vita come un interludio, Mio zio è il primo vero film a colori di Jacques Tati che realizza finalmente il sogno accarezzato con un Giorno di festa.


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In foto una scena del film Mio zio.
In foto una scena del film Mio zio.
In foto una scena del film Mio zio.
Tempo di divertimento (1967)
Uscita: 14 giugno
 

All'aeroporto di Orly sbarca un gruppo di americani per visitare Parigi. Entusiasti vengono condotti in città e in un hotel perfettamente funzionale ubicato in un vasto complesso di palazzi ultramoderni. Davanti ai loro occhi appare una città impersonale di facciate uniformi. In uno dei tanti grattacieli, monsieur Hulot ricerca senza successo il suo capo servizio, inghiottito continuamente dai corridoi e dagli ascensori. Sfiorando costantemente il suo appuntamento, monsieur Hulot finirà per recarsi a Montmartre dove si prepara l'inaugurazione di un ristorante e dove il nostro incontrerà una giovane turista americana.

Accolto tiepidamente dal pubblico e dalla critica dell'epoca, Tempo di divertimento è un concentrato meraviglioso del cinema di Jacques Tati. Un film visionario e profetico, un dramma ordito di una finezza comica che nasce dall'osservazione, un capolavoro di inventiva plastica incomparabile che conserva la sua pertinenza quarantanove anni dopo.
Marzia Gandolfi

Dentro una megalopoli che prefigura la Défense, una giungla grigia di vetri e acciaio, Tati svolge l'odissea di monsieur Hulot, alter ego inquieto e bonario che ha già condotto in spiaggia, in città e al principio della modernità. Confuso nella folla, monsieur Hulot prosegue il suo viaggio storico e geografico, avanzando dalla ruralità verso l'urbanità, verso la grande metropoli tecnologica e frenetica a bordo di una vettura atipica, quasi di un altro tempo. Ascoltando musica jazz e ignorando il bla-bla del mondo. Perché monsieur Hulot vuole approfittare della vita.


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In foto una scena del film Tempo di divertimento.
In foto una scena del film Tempo di divertimento.
In foto una scena del film Tempo di divertimento.
 

L'estate è arrivata e al volante della sua Salmson scoppiettante, monsieur Hulot guadagna il litorale bretone. Vacanziere eccentrico e bislacco arriva all'Hotel de la Plage e provoca suo malgrado un finimondo. Pieno di garbo e di buona volontà, semina disordine nel quotidiano dei malcapitati pensionanti che chiedevano soltanto un po' di pace e tranquillità.

Per il suo secondo film, Jacques Tati trasloca in spiaggia un personaggio singolare (negli abiti, nella postura, nelle maniere educate) senza integrarlo mai con i francesi in ferie retribuite del dopo guerra. Il solo a desiderare davvero questa vacanza, monsieur Hulot entra in contraddizione aperta con le cose e le persone che lo circondano.
Marzia Gandolfi

I suoi momenti di piacere, ascoltare il jazz nella sua camera, giocare a ping-pong con un bambino, finiscono sempre per infastidire gli altri clienti. Cronaca estiva falsamente indolente, Le vacanze di Monsieur Hulot si muove in equilibrio precario cullato da una musica liquida e sottile. La postura di Hulot/Tati, mani posate saldamente sui fianchi come per impedirsi di cadere, è il simbolo di questa instabilità e di una personalità cordiale e laconica che fa parte a sé. In città come in spiaggia.


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In foto una scena del film Le vacanze di Monsieur Hulot.
In foto una scena del film Le vacanze di Monsieur Hulot.
In foto una scena del film Le vacanze di Monsieur Hulot.
Giorno di festa (1949)
Uscita: 27 giugno
 

In un piccolo villaggio di provincia fervono i preparativi per la festa patronale. Gli adulti si danno un gran da fare, i bambini girano intorno e i venditori di sogni montano le loro attrazioni. Gentile ma maldestro, François, il postino, offre a tutti il proprio aiuto zelante.

Film campestre e atipico, Giorno di festa viene da lontano. Tutto comincia nel 1942 quando Jacques Tati scopre la dolcezza di vivere a Sainte-Sévère-sur-Indre, dove ripara per fuggire al Service du travail obligatoire.
Marzia Gandolfi

E in quel piccolo comune Tati gira Giorno di festa con una doppia ambizione: realizzare il primo film francese a colori e recuperare la tradizione burlesque del cinema muto. Ambizione soddisfatta a metà perché bisognerà attendere il 1994 per trovare un laboratorio capace di sbrigarsela con il Thomsoncolor, procedimento di cinematografia a colori per sintesi additiva. In compenso il secondo obiettivo fu pienamente atteso. Delicato acquerello terrestre, Giorno di festa è un film 'impuro', sospeso tra bianco e nero, parola e silenzio, che trova tutto il suo umorismo in questa sospensione instabile. Assurde e fugaci, le gag hanno conservato tutta la loro freschezza.


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In foto una scena del film Giorno di festa.
In foto una scena del film Giorno di festa.
In foto una scena del film Giorno di festa.

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