Ci sono appuntamenti che non possiamo disattendere. Appuntamenti con l'amore, con un amico e qualche volta col cinema, quello in sala e quello che arriva direttamente a casa nostra. In occasione di Rendez-vous, festival del nuovo cinema francese giunto alla sua sesta edizione, gli spettatori potranno intraprendere un viaggio attraverso le storie di una cinematografia che nonostante i (tragici) colpi del reale prosegue la sua marcia trionfale. Perché nessuno ama il cinema come i francesi. Luogo di culto che adora gli autori e gli attori, le sale cinematografiche sono diffuse sul territorio più delle chiese, delle sinagoghe e delle moschee. Trasversali e infilate tra un arrondissement e l'altro, esagerate, grandi o petite osservano l'oscurità e guardano in faccia al film, che (soprattutto) a Parigi può sempre contare sulla seconda uscita.

Resistente al reale e sensibili all'immaginazione che lo eccede e lo sublima, la Francia anche quest'anno conosce una stagione felice che approda a Roma e toccherà le principali città italiane (Napoli, Bologna, Torino, Lecce, Palermo).

Introdotto dall'Ambasciata di Francia in Italia, Rendez-vous è realizzato dall'Institut français Italia con il sostegno di UniFrance. La manifestazione culturale invita il pubblico a frequentare il territorio inesplorato del cinema transalpino attraverso trenta titoli (circa) che comprendono produzioni popolari e sofisticate, autoriali e campioni di incassi, accompagnate (e seguite) da dibattiti, incontri e masterclass animate da artisti francesi e italiani. Allineata nella passione, MYmovieslive offre ancora una volta un posto in prima fila per godere di quattro opere diverse tra loro ma ugualmente indispensabili. Conferme o debutti che si annunciano drammatici (Un français), impegnati (La Belle Saison), sentimentali (A trois on y va) e ovviamente comici (Un peu, beaucoup, aveuglément). Buona visione.

Charlotte e Michel vivono insieme in una casa a Lille. Charlotte e Michel si amano ma Charlotte tradisce Michel con Mélodie. E Michel non tarderà a tradire Charlotte con Mélodie. Andare, suggerisce il titolo francese, ma dove? I tre giovani protagonisti non hanno un'idea precisa della meta. Debuttanti nella vita, devono comprendere ancora tutto delle relazioni umane. Professionalmente e sentimentalmente precari, i personaggi di Jérôme Bonnell sono degli innocenti che si lasciano portare dalla corrente.

Vertigine amorosa a tre, A trois on y va mette in scena l'esplorazione del libero desiderio e del piacere, rivisitando (splendidamente) il triangolo nell'era degli SMS e del 'matrimonio per tutti'.

Omosessualità, bisessualità, eterosessualità, queste parole non contano per i tre protagonisti e sarebbe un errore cercare un punto di vista morale in un film che legittima con la giovinezza la spensieratezza della condotta sentimentale e la difficoltà di fare una scelta. I personaggi si amano senza porsi questioni sulla natura della loro attrazione. Rimandando la maturità a data da destinarsi, Charlotte, Michel e Mélodie passano il loro tempo a mentire e a colpevolizzarsi, incapaci di vedere un punto di arrivo. I loro sentimenti sono sempre veri nell'istante preciso in cui li esprimono e donano l'impressione di vivere quell'istante come se la loro storia, passata e futura, non avesse alcuna importanza. Commedia che combina delicatezza e gravità, burlesque e malinconia, Feydeau e Marivaux, A trois on y va è interpretata da un cast straordinario soggiogato da Anaïs Demoustier, melange di charme e fragilità febbrile che ancora una volta prende l'iniziativa erotica.

All'inizio degli anni Sessanta le femministe lottano ardentemente per ottenere diritti che il Maggio '68 gli accorderà senza crederci troppo. A crederci tanto sono invece Carole e Delphine che si incontrano e si innamorano perdutamente. Professoressa impegnata la prima, giovanissima provinciale la seconda, il loro amore non trova ostacoli almeno dentro in confini di Parigi, cuore delle lotte sociali degli anni Settanta. In campagna, dove Delphine deve tornare a causa della salute del padre, la battaglia per 'essere' si fa dura e colpisce duro.

Combinando passione amorosa e rivoluzione, Catherine Corsini impiega con grazia infinita i corpi e i volti luminosi di Cécile de France e Izïa Higelin, arbitrate magnificamente da Noémie Lvovsky, madre franca che come la vita richiama Delphine alle sue responsabilità.

Ma Delphine adesso è attraversata dal desiderio, il desiderio della liberazione che anima la Francia giscardienne assopita. Personale e viscerale, La Belle Saison è un omaggio sincero e riconoscente dell'autrice alla lotta emancipatrice del passato (prossimo), un film frontale e libero 'dai corsetti' che funziona meglio quando lascia il ritratto pubblico per concentrarsi su quello privato. Le sequenze di lotta collettiva, che donano l'atmosfera dell'epoca ma non la sostanza, fanno da cornice a un amore saffico che la Corsini approccia in maniera più sentimentale che sessuale, raccontando la bella stagione di due donne di diversa estrazione ma medesima intenzione.

Lui inventa rompicapi e ama il silenzio, lei suona il piano e ama la musica. 'Sonoramente' incompatibili, le loro esistenze sono separate da un muro tutt'altro che insonorizzato. La guerra è presto dichiarata e si combatte senza vedersi almeno fino quando gli animi non si placano e i due vicini non finiscono per darsi appuntamento.

Opera prima di Clovis Cornillac, Un peu, beaucoup, aveuglément è una relazione 'alla cieca' che confronta un uomo e una donna accomodati ai lati opposti di un muro prossimo alla coperta che separava Clark Gable e Claudette Colbert (Accadde una notte).

Ma Cornillac alza la posta e un muro reale tra due persone che si amano senza essersi mai viste o presentate. Film rocambolesco che pratica i codici della commedia romantica, Un peu, beaucoup, aveuglément è realizzato e interpretato da Clovis Cornillac che si ritaglia il ruolo di inventore sociopatico, approcciando in maniera originale e in entrambi i ruoli un romanzo platonico che scommette sullo spirito (e lo split screen) e inibisce il corpo (e la carne).

Testa rasata, Bomber indosso, Dr. Martens ai piedi, Marco e suoi compagni skinheads vivono nella Francia degli anni Ottanta e spendono il loro tempo a regolare i loro conti con arabi, neri, omosessuali. Nutrito di violenza e razzismo, Marco prende coscienza e distanza dalla giovinezza militante in tre decenni e in un film cupo che affonda nel passato recente del Fronte Nazionale.

Diretto da Diastème, scrittore, regista e compositore, Un français è la storia di una remissione, un romanzo d'iniziazione che ricostruisce un'epoca attraverso la vicenda dissennata del suo protagonista.

Parabola che procede per ellissi brutali dal bastone al pentimento, Un français svolge la cronaca di una destra estrema passata in trent'anni dalle quinte al centro del palcoscenico politico. Diastème ritorna alle radici del male, riemergendo tutto quello che il FN si ostina a dissimulare sotto una vernice di rispettabilità. Dietro il folclore viril-patriottico, Un français approccia un soggetto delicato e rivela una banda di ignoranti patetici mossi da una seta di vendetta sociale. L'autore redige una sorta di 'genealogia' del pensiero frontista e dell'estrema destra, cronica malattia francese che evolve nel nome ma persiste nella sostanza.
Intenzionalmente realista il film reitera una violenza quasi insopportabile lontana dalla stilizzazione manierista di Arancia meccanica. Passaggio 'visibilmente' necessario per l'autore che traghetta lo spettatore nella seconda parte del film in cerca di un'identità per il suo protagonista.