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Il volto del gangster

Black Mass e le trasformazioni di Johnny Depp.
di Roy Menarini

Johnny Depp (John Christopher Depp II) Altri nomi: (Oprah Noodlemantra ) (60 anni) 9 giugno 1963, Owensboro (Kentucky - USA) - Gemelli. Interpreta White Bulger nel film di Scott Cooper Black Mass - L'ultimo gangster.

domenica 11 ottobre 2015 - Approfondimenti

Il gangster movie ha sempre avuto problemi ad essere classificato. Basta sfogliare i volumi di critica e storia del cinema che lo hanno, di volta in volta, catalogato come sottoprodotto del noir, del poliziesco, del mystery e altro ancora, per rendersi conto delle incertezze di genere. Invece il gangster movie ha un'identità irriducibile: è quel tipo di film dove, esista o meno il contraltare delle forze dell'ordine, tutto lo spazio emotivo e narrativo appartiene al cattivo.
Nelle varie fasi del gangster movie - dal muto di The Musketeers of Pig Alley (1912) di David W. Griffith al periodo d'oro degli anni Trenta, dalle Rapina a mano armata e Giungla d'asfalto dei Cinquanta ai Novanta di Quei bravi ragazzi, Tarantino e oltre - è cambiata la società di riferimento, il contesto metropolitano, la tipologia del crimine (dall'alcool alla droga, dalle scommesse clandestine al racket della prostituzione, ecc.) ma non l'allegoria di fondo: il capitalismo.
Il gangster movie è consono al cinema americano perché racconta l'ascesa capitalista del malvivente, che affascina perché si libera delle leggi che regolano la concorrenza e accumula la ricchezza sfidano giustizia, morale, onestà della sua comunità. Black Mass è solo l'ultimo esempio della fila, e poco importa - in fondo - che racconti una storia vera, a sua volta abbastanza sconcertante per quanto riguarda le connivenze tra malavita e FBI. Questo genere di solito permette anche affreschi antropologici di un certo spessore (qui le "tribù" etniche di Boston, più volte ritratta dalla Hollywood contemporanea), e di ricorrere a ampie sintesi cronologiche - il crimine, come il capitalismo, si capisce meglio se lo si osserva nell'arco di decenni.
Johnny Depp, a sua volta, è sempre stato affascinato dalla figura del gangster, almeno a giudicare da alcune scelte della sua filmografia. Purtroppo per lui, a Scott Cooper manca la visionaria intuizione di Michael Mann in Nemico pubblico, che regalava a Depp una sorta di documentario sul divo mentre impersona Dillinger, grazie allo straniamento della ripresa digitale. Né Black Mass sembra offrire quella grande metafora dell'Actor's Studio che era Donnie Brasco, dove il passaggio di consegne da Al Pacino a Johnny Depp avveniva travestendolo da storia di un infiltrato che imita e rielabora gesti, linguaggio, comportamenti di un gangster anziano.
Dal punto di vista attoriale, Black Mass giunge in un momento di crisi della carriera di Johnny Depp che, dopo alcuni successi planetari in versione clownesque o freak (dalla saga dei Pirati dei Caraibi alle varie incarnazioni fiabesche), si è ritrovato senza più un pubblico di riferimento, ormai sfinito dai vezzi e dalla stucchevolezza dei suoi ruoli. Il film di Scott Cooper giungerebbe dunque a soccorrere Depp offrendogli ancora una volta il ruolo più affascinante in assoluto, il gangster appunto. Il problema è che, anche oggi, Depp sembra voler rinvenire nel trucco lo spazio artistico per operare al meglio. Ma, sebbene la sua performance sia inattaccabile, la sua ferocia indiscutibile, la sua ripugnanza credibile, a non funzionare è il suo volto. Il ricorso alle lenti celesti, lo scadente lavoro col lattice per la stempiatura, il poco verosimile colore dei capelli non funzionano; insomma la maschera costruita sul suo volto diventa una gabbia, invece che un moltiplicatore emotivo. Manca il corpo di Jimmy. Si perde il magnetismo dello sguardo di Depp. Il continuo gioco tra attore e personaggio va a tutto detrimento del primo.
In buona sostanza, latita il carisma, che è il grande elemento di distinzione tra il leader e la gang, tra il divo e il comprimario, tra il gangster movie e il thriller qualsiasi. Quel carisma, per esempio, che permetteva, senza nemmeno bisogno di una partitura musicale, a James Gandolfini di esplicitare - episodio dopo episodio - che lui era Tony Soprano e tutti gli altri no.

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