Lo strano caso dei Manetti Bros, al secolo Marco e Antonio Manetti, cineasti romani eccentrici e rockettari. Nessuno come loro è attaccato ai generi, spesso con accenti truci e senza paura di esagerare, sia che affrontino l'action/noir di Piano 17 (2005), l'horror di Paura 3D (2012), persino la fantascienza di L'arrivo di Wang (2011), uno dei loro titoli migliori, anche solo per il coraggio di gettarsi a capofitto in un tipo di racconto fantastico, con tanto di effetti speciali digitali, che di solito terrorizza le nostre produzioni. Molto preparati tecnicamente, si suddividono i ruoli come fossero un collettivo di scrittura: uno dirige l'altro supervisiona o fa l'operatore, e viceversa, e un po' della loro passionaccia cinefila sono riusciti a infonderla anche alle prime serate televisive. Ora su Rai 2 con Rex, italian version del tedesco Il commissario Rex, sul celebre cane lupo poliziotto. Ma resta ovviamente L'ispettore Coliandro il loro capolavoro, serie ispirata a Carlo Lucarelli ma capace di avere sul piccolo schermo un respiro insolitamente proprio, irriverente, anche grazie al protagonista Giampaolo Morelli, che sta ai Manetti come Robert De Niro a Scorsese.

Proprio grazie a Morelli i due fratelli adesso giocano in trasferta. Lui, napoletano, è riuscito a strapparli per un po' alla Capitale per realizzare nella sua città Song'e Napule, dal 17 aprile nelle sale. Un poliziottesco neomelodico dove l'ex Coliandro interpreta Lollo Love, ruspante cantante partenopeo invitato a un matrimonio in odor di camorra. Lo sbirro Paolo Sassanelli, fisico del ruolo come pochi altri, costringe il mite collega raccomandato Alessandro Roja a infiltrarsi nella band, sapendo lui suonare il piano. La posta in palio è la cattura di un brutale killer che nessuno ha visto in faccia. Musiche degli Avion Travel per una commedia d'azione come appunto solo i Manetti potrebbero non solo girare, ma addirittura concepire. Inseguimenti stile Umberto Lenzi in pieno centro a Napoli, mentre tutti gli altri girano in periferia; pseudo soggettive di proiettili come in gun fight stile Hong Kong, «perché sia subito chiaro che non è Gomorra». Il Manetti touch non fa prigionieri, è un concentrato di iperrealismo estetico, capacità e caparbietà tecnica, qualche debito alla sintesi imposta dai videoclip (dal cui milieu i Brothers provengono), nessuna velleità autoriale, gusto dell'eccesso. Da Coliandro a Wang, è tutto un volersi smarcare dalla marca "televisiva" media dei nostri prodotti popolari.

Ottimi artigiani, Marco e Antonio seguono la lavorazione di un film dalla A alla Z, dalla scrittura al casting. Hanno scoperto o valorizzato attori e facce che non si dimenticano. Ad esempio molto bravo il giovane protagonista di Paura 3D Lorenzo Pedrotti, già visto nei film di Mirko Locatelli, o la "sinologa" Francesca Cuttica di L'arrivo di Wang, fino alla sorprendente Serena Rossi di Song'e Napule, primo ruolo al cinema dopo la lunga gavetta di Un posto al sole. Amano rischiare in tutto, i Manetti, ai quali va il merito di avere (ri)valutato il ruolo dei caratteristi (indimenticabile Antonino Iuorio in Piano 17), come era nella tradizione dell'italico cinema popolare, oppure di avere strappato al mortale abbraccio degli "autori" interpreti sublimi (e qui svetta Ennio Fantastichini in L'arrivo di Wang). Anche qualche passo falso sul cammino, come Zora la vampira (2000) prodotto da Carlo Verdone, che forse meritava maggior fortuna. Una coerenza cristallina però, che rende le loro storie veraci sia che raccontino di sanguinari serial killer che di cani poliziotto.