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ONDA&FUORIONDA

Anna Karenina: genesi di un'opera che è molto più di un film.
di Pino Farinotti

Keira Knightley in una scena del film Anna Karenina di Joe Wright.
Keira Knightley (39 anni) 26 marzo 1985, Teddington (Gran Bretagna) - Ariete. Interpreta Anna Karenina nel film di Joe Wright Anna Karenina.

domenica 24 febbraio 2013 - Focus

C'è Anna Karenina nella sale. Il romanzo di Tolstoj segue, a poche settimane, i Miserabili, di Hugo. È dunque tempo di opere, e di autori, che fanno parte del più alto incanto della letteratura. Autentici patrimoni dell'umanità. Poi si può discutere all'infinito sui film derivati, sull'identità del master cartaceo, sulla contaminazione, sulle regole dell'opera cinematografica che sono diverse da quella letteraria, sull'evoluzione del sociale e dell'utenza. Ci siamo abituati -magari non tutti- alla priorità del cinema, alla sua invadenza: testi stritolati in nome del botteghino e ... delle licenze della cosiddetta settima arte. Basta pensare agli ultimi "Tre moschettieri", o a Sherlock Holmes, addirittura alle manipolazioni Shekespeariane, o proprio al musical "Miserabili" che certo Hugo non avrebbe gradito. E con lui molti "fedeli", me compreso. Ma è un discorso inutile e improprio. Libro e film: roba diversa. È così e basta. Poi si può valutare la qualità della contaminazione, certo. Si può valutare il film, e si finisce sempre lì. Anna Karenina ha avuto una dozzina di edizioni. Sono scese in campo non solo attrici o dive, ma autentiche divinità come Greta Garbo, due volte, e Vivien Leigh. E poi Bloom, Bisset e Marceau, fra le altre. Il romanzo è un collettore completo: amore, passione, tradimento, onore, scandalo, tormento, rimorso, vendetta, castigo. Se vogliamo, tutta roba da ottocento. E così, in nome dell'evoluzione e del progresso, ecco che questa edizione presenta alcune soluzioni ed artifici. Si parte con un teatro, sontuoso nel barocco e nella platea dell'altissima società russa di metà ottocento. Teatralmente vengono rappresentati alcuni episodi e personaggi. Storie che possiamo definire co-protagoniste rispetto alla vicenda principale. È come se gli autori considerassero quelle figure, come modelli di se stessi, acquisiti dal mondo, inutile ri-raccontarli. Personaggi, per dirla alla Pirandello, "che avevano già trovato un autore". La trovata-teatro è suggestiva e articolata, e niente di nuovo certo: momenti di musical con fraseggi persino grotteschi, ballerini bloccati come statue per lasciare la scena ai due protagonisti, attori che usciti di scena si rifugiano fra le quinte, persino qualche inserto di coro greco. Il teatro è anche la sede appropriata dei simboli. Ed è un simbolo forte di seduzione il ballo travolgente fra Anna (Knightley) e Vronskij (Taylor-Johnson). Il regista Wright e lo sceneggiatore Stoppard sono gente colta e accreditata, conoscono quella materia. Romanzo, cinema, teatro: triplo gioco, forse uno di troppo. Tutto questo finisce però per depotenziare per lo meno le storie parallele. La vicenda di Anna e del suo amore tragico, quella no, quella è intoccabile. E continuerà ad esserlo. Chissà per quanti film ancora. C'è un altro mezzo trasversale che tutto unisce, che è il treno come strumento del destino: in treno nasce il rapporto fra gli amanti, il treno mette fine alla vicenda e alla vita dell'infelice.
Sul film mi fermo qui, e non intendo richiamare edizioni o fare confronti. Sono interessato al focus generale sull'opera.

Convenzioni
Lev Tolstoj scrisse Anna Karenina fra il 1873 e il '77. Il personaggio di Anna, che si innamora di un ufficiale, lascia la famiglia con un gesto che sfida le convenzioni di quella società, alta, gretta e falsamente puritana, che non perdona chi osa trasgredirle, trasferì la sue angosce e la sua infelicità mortale a chi l'aveva creato. Per arrivare alla Karenina naturalmente Tolstoj aveva fatto, nel privato e nella propria cultura un grande esercizio. Conosceva le donne. Le conosceva bene. Aveva esplorato tutto e scritto tutto. Anna era la summa, la sintesi, era onnicomprensiva. Una donna per tutti i libri e per tutte le vite delle donne. Era l'intenzione dello scrittore. E fu così. Per arrivare a tale consapevolezza aveva fatto, oltre al resto, un profondo esercizio di matrimonio. Aveva sposato Sofja Andréevna che gli aveva dato tredici figli. Unione complicata, soprattutto per Sofja, che aveva sopportato il sopportabile. A trovare Lev arrivavano donne da tutto il mondo e lui le accoglieva...benevolmente. Fra Sofja e Lev c'era un patto di sincerità. Ciascuno avrebbe letto, giornalmente, il diario intimo dell'altro. E così lo scrittore era costretto a tenerne due, quello autentico, e quello leggibile dalla consorte. Davvero molto materiale su cui costruire l'universale Anna.

Campioni
E naturalmente non mancava a Tolstoj la conoscenza dei grandi modelli della letteratura. Secondo lui tutto girava intorno a pochi campioni capaci di contenere tutte le storie e tutti i destini. Per cominciare Elena, la grande fedifraga. Una vicenda di... tremila anni prima. Perfetta. Un altro momento fondamentale è la trilogia dell'Orestea: i contrasti, vitali e mortali, all'interno della struttura famigliare: padre, madre, fratello, sorella e amante. E poi, naturalmente, nel "pianeta dell'amore", l'infinita Giulietta. Omero, Eschilo e Shakespeare: siamo nel massimo sortilegio e nell'antropologia dei sentimenti umani. Fra le eroine a lui vicine nel tempo Tolstoj citava Jane Eyre di Charlotte Brönte e Carmen di Mérimée. Jane ha il coraggio di mettere in discussione il proprio amore perché l'uomo che ama le ha mentito. Dunque rispetto e parità. Carmen non ama più José, si è innamorata di Lucas. Sa che sarà uccisa da José, ma difende la facoltà di cambiare idea. Non la cita mai ma lo scrittore russo non poteva non essere a conoscenza della vicenda di Emma Bovary, creata da Flaubert vent'anni prima di Anna. Emma, più completa e complessa della Karenina nella sua autodistruzione, era già una creatura del novecento. Terminata "Karenina", Tolstoj entrò in una profonda crisi spirituale che lo portò a rivedere tutto: sentimenti, morale, soprattutto fede. Basta citare le sue opere successive: Confessione, In cosa consiste la mia fede, Saggio di teologia dogmatica, e una traduzione dei Vangeli. Mi sembrava opportuno inquadrare "a ritroso" la genesi di un'opera che è molto, molto di più del film di questi giorni.

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