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La politica degli autori: i fratelli Wachowski

Due strani personaggi con la science fiction distopica nel sangue.
di Mauro Gervasini

I fratelli Wachowski con Tom Tykwer alla premiere europea del film Cloud Atlas.
Lilly Wachowski (56 anni) 29 dicembre 1967, Chicago (Illinois - USA) - Capricorno. Regista del film Cloud Atlas.

mercoledì 9 gennaio 2013 - Approfondimenti

Il progetto tutto tedesco di Cloud Atlas, dal 10 gennaio nelle sale, è come noto di Tom Tykwer ma i fratelli Wachowski non hanno esitato a gettarvisi dentro a capofitto, intuendo l'eccezionalità dell'impresa. Un film di quasi tre ore tratto dal libro "L'atlante delle nuvole" di David Mitchell, con sei differenti storie che si intrecciano attraverso le epoche. Dalla guerra civile americana, con la lotta solitaria di un uomo contro la schiavitù, al 2321 postatomico quando un altro uomo, o forse lo stesso, scopre una (nemica? amica?) civiltà. I fratelli hanno scritto e diretto i due episodi ambientati nel futuro (oltre al più antico, nell'800 americano) rispolverando la passione mai sopita per la fantascienza. Strani personaggi Larry e Andy Wachowski di padre polacco, nati a Chicago rispettivamente nel 1965 e 1967. Da qualche tempo sono per la precisione diventati Lana e Andy Wachowski, avendo Larry scelto di essere donna. Sapendo loro per primi di essere originali e forse non identificati o identificabili come un Ufo, in società si fanno chiamare Wachowski Starship. Hanno esordito nel 1996 con il lesbo-noir Bound - Torbido inganno ma è la science fiction distopica a scorrere nel sangue, alimentata da visioni, letture di fumetti e romanzi, giochi di ruolo e videogame. Un compendio di consumi pop e immaginario di massa concentrato in due uniche persone. O se preferite, in una sola astronave.

Dobbiamo ai Wachowski un classico come Matrix, il loro principale e indiscutibile contributo al genere. A dire il vero la saga nel suo insieme (tre episodi) finisce per essere confusa e pretenziosa. Inoltre gli effetti speciali, oggi, paiono già modernariato, segno che il digitale rischia di invecchiare ben più precocemente di qualsiasi trovata alla Ray Harryhausen (avete mai rivisto il primo Spider-Man di Sam Raimi?). Il Matrix originale del 1999 ha però il merito di avere tradotto in cinema e forse addirittura in mito l'intuizione dickiana della Matrice, un'illusione/mondo creata dalle macchine, il liquido amniotico di un'umanità ormai inerte utilizzata come batteria. Attenzione: l'idea non è del tutto nuova bensì desunta quasi alla lettera da una puntata di Doctor Who dove una macchina, chiamata appunto Matrice, crea una realtà di tipo lisergico, ma il gioco del film è proprio quello postmoderno della contaminazione e della sintesi visionaria. L'immaginario ricreato ha quindi una potenza assolutamente inedita. Pagine, visioni, pensieri di tutto il cyberpunk con una respiro cinematografico straordinario, grazie anche all'"invenzione" del cosiddetto flow-motion (la ripresa a 12.000 fotogrammi al secondo).

Più controverso il capitolo V per Vendetta, diretto dal sodale James McTeigue nel 2005 ma dalla Wachowski Starship prodotto e sceneggiato partendo dal romanzo a fumetti omonimo di Alan Moore e David Lloyd. Scarso il successo di pubblico anche se oggi la maschera di V (graficamente creata da Lloyd partendo dalla fisionomia facciale di Guy Fawkes, il cospiratore che nel 1605 tentò di far esplodere il parlamento britannico) è simbolo degli "indignati" di tutto il mondo. L'idea del film è interessante perché ribalta l'assunto di Matrix, che era soprattutto un action movie. Riappropriandosi della letterarietà di Moore, V per Vendetta procede con un ritmo tutto suo, poche scene madri e con al centro due protagonisti, Hugo Weaving perennemente mascherato e Natalie Portman figura quasi iconica, che alla battaglia per la libertà sembrano anteporre quella psicologica per l'identità, più cerebrale che marziale. Esattamente l'opposto di Neo, il quale ai limiti della ragione, ingannata dalla Matrice, sostituisce la coscienza del corpo. Rispetto all'opera di Moore (che ha ripudiato il film) V per Vendetta dei Wachowski impone una riflessione sulle ragioni della violenza come atto politico e rivoluzionario alla luce dell'11 settembre, con una radicalità (anche ambigua) che solo un film fantastico poteva permettersi.

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