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Il corpo è lo spettacolo

Dal sublime al kitsch: Behind the Candelabra.
di Roy Menarini

Matt Damon e Michael Douglas in una scena del film Dietro i candelabri di Steven Soderbergh.
Matt Damon (Matthew Paige Damon) (53 anni) 8 ottobre 1970, Cambridge (Massachusetts - USA) - Bilancia. Interpreta Scott Thorson nel film di Steven Soderbergh Dietro i candelabri.

sabato 7 dicembre 2013 - Focus

Quello che Steven Soderbergh è diventato in questi anni (uno dei più grandi cineasti viventi) viene confermato, e anzi compendiato, in Dietro i candelabri. Nella storia di Liberace e della sua vita privata (che l'artista era riuscito abilmente a nascondere, almeno al grande pubblico), Soderbergh riesce miracolosamente a fare tante cose insieme: una storia dello spettacolo americano anni Settanta/Ottanta, una ricostruzione biografica degna di nota, uno studio del kitsch statunitense, una riflessione sulla cultura privata omosessuale, un lavoro teorico sugli attori (la mascolinità risaputa di Douglas e Damon ribaltata di segno), un repertorio di costumi e oggetti, una parabola sull'ipocrisia prima che il camp - con Madonna prima, e Lady Gaga poi - diventasse un fenomeno di massa.

Soderbergh realizza però un altro film-nel-film, quello più nascosto sotto i lustrini e le improbabili pellicce di volpe indossate dai protagonisti: un film sulla politica del corpo. E qui il protagonista non è più Liberace ma Scott, l'amante del grande showman nonché il biografo da cui il regista ha tratto la materia narrativa.

Come nel bellissimo Magic Mike, il corto circuito tra fama, denaro e corpo resta indissolubile. Là i ballerini maschi inscenavano una pratica spettacolare tradizionalmente femminile (lo spogliarello) volgendola al maschile e utilizzando - oltre alla loro prorompente fisicità - stereotipi cari anche alla cultura gay, come il feticcio del poliziotto, del motociclista e altre icona di virilità parodistica. Qui, nel regno dell'omosessualità (casa Liberace è in fondo la Xanadu di un Charles Foster Kane versione gay), emergono le stesse figure, e il padrone di casa, messi gli occhi su Scott, comincia a plasmarlo secondo l'arredamento e i canoni somatici richiesti dall'ambiente. Deve trasformarlo da vaccaro con l'accento del sud a raffinato esteta dell'esagerazione. Cattivo gusto, sì, ma consapevole e volontario.

Ecco perché Soderbergh insiste tanto sui litigi tra gli amanti, con Scott che protesta la propria prigionia, e soffoca dentro un carcere dorato. E Liberace che a sua volta si sente ingiustamente accusato, perché lui ha "dato tutto" e non fa altro che "dare, dare, dare", senza comprendere perché Scott si trovi in difficoltà. E come Scott sostituisce il precedente amante, scolpito dalla chirurgia, anch'egli verrà prima o poi spodestato da uno più giovane. Liberace invecchia, l'immagine speculare dei suoi ragazzi, no. I ricchi e i potenti possono permettersi un ritratto di Dorian Gray, almeno in quello che guardano, se non in quello che sono.

A casa Liberace, insomma, si gioca - come sempre in Soderbergh - una partita simbolica tutta americana, oltre che una drammatica lotta di classe, apparentemente sepolta sotto la storia d'amore di una coppia troppo privata per poter essere felice.

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