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ONDA&FUORIONDA

È tornato Il Gattopardo nelle sale.
di Pino Farinotti

Burt Lancaster (Burton Stephen Lancaster) Altri nomi: (Hecht-Hill-Lancaster / Lancaster ) 2 novembre 1913, New York City (New York - USA) - 20 Ottobre 1994, Century City (California - USA). Interpreta Don Fabrizio, il principe di Salina nel film di Luchino Visconti Il gattopardo.

domenica 10 novembre 2013 - Focus

Sono andato a rivedere Il Gattopardo al cinema. L'opera di Visconti è stata restaurata dalla Titanus e dalla Cineteca di Bologna, con collaborazione con Martin Scorsese ("non sarei Scorsese senza il Gattopardo") e di Gucci. A posteriori, come sempre accade, si innescano le cosiddette revisioni, riletture, omissioni, ripensamenti. E si impone, purtroppo, la politica. Girano anche sequenze che Visconti, certo dopo ragionamenti opportuni e sofferti, tagliò. Si racconta dell'intervento di personaggi importanti del Partito comunista di allora, che avrebbero suggerito, magari cercato di imporre al regista certi contenuti graditi a Mosca. Nel quadro di un paradosso interessante: Luchino Visconti votava PC e tutti lo sapevano. Il modello che aveva confuso tutte le idee era Fabrizio di Salina, un principe che accetta il nuovo status della Sicilia che diventerà parte del regno d'Italia, con un nuovo re, un Savoia, Vittorio Emanuele II, al posto di un Borbone. Dunque un principe "rivoluzionario". Non ortodosso, incomprensibile, rispetto all'ideologia marxista. Visconti, che certo conosceva le misure esatte dei contenuti e dello spettacolo, usò le forbici. Una sequenza che tagliò è quella che propongo. Assolutamente politica. Il protagonista è don Calogero Sedara (Paolo Stoppa), un ricco, furbo possidente che intuisce quanto sia meglio stare dalla parte dei nuovi venuti, a cominciare da Garibaldi. Dice a un contadino: "Se uno non possiede niente non può votare." Contadino: " Se questo asino fosse mio potrei votare." Sedara: "Invece è del padrone, è lui che vota." Contadino: "Allora, se ho capito bene, è l'asino che vota... io non so leggere né scrivere, il nuovo re non mi interessa, mi interessa la terra." Sedara: "Abbiamo fatto la rivoluzione, adesso faremo le nuove leggi e avrete la terra, ma l'avrete perché l'avete aspettata, non come quelli di Girgenti che l'hanno occupata con la forza e marciscono in galera. Anche il principe di Salina, che è un gentiluomo, voterà sì per l'Italia."

Focus
E' utile anche un piccolo focus sulla situazione della cultura italiana ai tempi del Gattopardo-film. In quell'anno prese vita un movimento letterario, il cosiddetto Gruppo 63. Ne facevano parte personaggi di levatura importante, delle lettere e della cultura, fra questi Achille Bonito Oliva, Furio Colombo, Umberto Eco, Giorgio Manganelli, Edoardo Sanguineti. Il movimento faceva propria l'ideologia marxista, le storie narrate dovevano essere, tutte, in quella chiave. Scrittori che si occupavano dell'animo individuale, diciamo così, come Cassola, Bassani e Pratolini, venivano messi all'indice. In questa ottica di lettura e revisione risultava, per esempio, che il Risorgimento (secondo il Gattopardo) fosse un'occasione mancata di rivoluzione. Poi naturalmente c'erano le letture contrapposte. E come quasi sempre accade, a fronte di due spinte opposte, il "corpo" finiva per rimanere immobile. In questo clima è chiaro che Visconti dovesse fare molte valutazioni. Ma possedeva una base granitica grazie a Lampedusa e ... a Visconti. E non era davvero semplice cercare di non fare di quel titolo un capolavoro. Che adesso rivediamo nella sale, nel ruolo, lo ribadisco ancora, di pietra di paragone col cinema attuale, che ... non ne esce bene.
La sala, l'Anteo di Milano, era gremita di giovani. All'uscita rilevavo nei loro occhi qualcosa di imprevisto, e di attonito. Anche se la tua educazione estetica e sentimentale parte da modelli come Pulp Fiction e si struttura coi blockbuster americani oppressi da effetti speciali, il Gattopardo rivela una qualità, una grazia, che anche se non sono abituali e sono magari misconosciute, si impongono ugualmente, anche se la tabula è rasa. E i ragazzi lo intuivano.

Indispensabile
Una citazione indispensabile: l'attore protagonista Burt Lancaster. Chi mi legge conosce la mia attitudine alla selezione che, di getto, la memoria riesce a comporre senza ricerche o richiami, che poi è la più vicina alla sostanza. Non ricordo una performance di quella forza, forse Day Lewis che fa Lincoln. E così mi espongo, dichiaro un assoluto: Burt Lancaster è il più grande attore (di cinema) di sempre. E porto le prove, ricordando semplicemente alcuni ruoli. Lancaster fa il gangster ne I gangster da Hemingway; l'uomo del west in Sfida all'O.K. Corral; vola sui pennoni del galeone nel Corsaro dell'isola verde; è l'acrobata (senza controfigure) in "Trapezio"; il detenuto-scienziato ne "L'uomo di Alcatraz"; e poi il principe di Salina, appunto, e ancora, con Visconti, il magnifico, triste professore di "Gruppo di famiglia in un interno". E molto, moltissimo altro. Nessuno, lo riaffermo, possiede tutti quei registri. E così in alto.
Per concludere: sono in programmazione nelle sale, fra gli altri, questi due titoli, Les enfants du paradis (1945) e La grande illusion (1936), di Carné e Renoir. Opere legate al periodo del Fronte popolare, che io considero il momento più alto del cinema del mondo. Cineasti che riuscivano a far parlare un ferroviere o un vilain come dei poeti, capovolgendo dunque un assunto che separa, quasi con violenza, i due linguaggi. Altre due termini di paragone, durissime prove, per i titoli di adesso.

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