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La politica degli autori: Abdel Kechiche

La grandezza di un regista originale e mai conforme.
di Mauro Gervasini

In foto Abdel Kechiche con Lea Seydoux e Adele Exarchopoulos durante la cerimonia di premiazione al Festival di Cannes.
Abdellatif Kechiche Altri nomi: (Abdelatif Kechiche / Abdellatif Kechiche ) (63 anni) 7 dicembre 1960, Tunisi (Tunisia) - Sagittario. Regista del film La vita di Adele.

mercoledì 23 ottobre 2013 - Approfondimenti

Chi ama il cinema arriva a considerare certi autori come "propri". Li scopre, li ama, li segue, li tratta con riguardo anche quando deludono, sempre con un pregiudizio positivo. Per noi è il caso di Abdel Kechiche, tunisino di nascita ma cresciuto a Nizza, classe 1960, prestante attore prima di passare dietro la macchina da presa. Folgorati sulla via di Venezia nel 2000, quando Tutta colpa di Voltaire vinse il premio per la migliore opera prima. Per noi l'imprinting, l'impressione di essere di fronte a un cineasta già maturo, capace di raccontare una storia di "banale immigrazione" con sguardo inedito. Un ragazzo arriva a Parigi dalla Tunisia e si integra solo nei bassifondi, accanto ai marginali, ai morenti, legandosi a una ragazza francese che soffre di disturbi psichici. Nessun pietismo, disprezzo per il vittimismo e la correttezza politica, anzi una certa brutalità sociale anche verso la marginalità, mai trattata con romanticismo. L'antiretorica di Kechiche incontra la poesia alla prova successiva, il meraviglioso La schivata (2004) film low budget girato in una scuola della banlieue parigina con giovani attori non professionisti (ma la protagonista Sara Forestier è poi diventata volto magnetico del nuovo cinema francese).

La schivata e Marivaux. I ragazzini di una scuola superiore devono mettere in scena un capolavoro della commedia dell'arte francese, e il ruolo principale va al giovane beur innamorato della bionda compagna di classe. Timidezze, sfrontatezze adolescenziali, la polizia e il quartiere, il rischio per tutti, e soprattutto per il protagonista, di soccombere al determinismo sociale. Kechiche aderisce agli stati d'animo acerbi ma veri dei ragazzi; il risultato è un affresco che lascia stupefatti per freschezza e tenerezza, nonostante la radicalità dello sguardo nulla conceda di edificante allo spettatore. A sorpresa, La schivata vince il César come miglior film catapultando Kechiche nell'olimpo dei grandi. Il capolavoro al giro successivo: Cous cous (2007) vincitore morale della Mostra di Venezia di quell'anno (gli diedero il Gran premio della giuria preferendo per il Leone d'oro Lussuria - Seduzione e tradimento di Ang Lee, insulso filmetto). Un operaio navale magrebino disoccupato, dopo avere restaurato un cargo nel porto di Sète, sogna di poterci aprire un ristorante. Ma gli intoppi burocratici prima, e il destino avverso poi, gli mettono i bastoni tra le ruote. Nella parabola dell'operaio e della sua straordinaria famiglia (dove l'unico parente francese è "lo straniero" del gruppo) si ravvisa una progressione drammatica forse un po' troppo "scritta", questo è vero. Tuttavia Cous cous ha una messa in scena così potente da sedurre senza rimedio; e la presenza di Hafsia Herzi, la figlia del protagonista che da un certo punto diventa l'eroina, fa cambiare prospettiva al film erotizzandolo totalmente, come si trattasse di un corpo vivo.

Venere nera (2010), il titolo successivo, è il più controverso. Racconta la vera storia di Saartjie Baartman, la cosiddetta Venere ottentotta appartenente a una delle ultime tribù primitive dell'Africa australe, verso la fine del XIX secolo fatta sfilare in teatri, circhi, postriboli e locande di Londra e Parigi. La ragazza fu poi letteralmente venduta alla scienza, e il calco del suo corpo è stato restituito al Sudafrica solo nel 2002. La programmaticità si rivela anche in questo caso il difetto di Kechiche, che ha una visceralità brutale nel narrare ma commette l'errore di rendere ricattatorio il calvario della sfortunata protagonista. Forse un passo falso, decisamente superato al giro successivo, storia recentissima. La vita di Adele, da questa settimana in sala, vince la Palma d'oro a Cannes e riconferma tutta la grandezza di un regista originale e mai conforme.

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