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Venezia 70, l'Algeria di Allouache

Il concorso si chiude con Es-stouh (Les Terrasses).
di Annalice Furfari

In foto il cast di Sacro GRA, in concorso alla 70. Mostra del cinema di Venezia.
Gianfranco Rosi 1964, Asmara (Eritrea). Regista del film Sacro GRA.

venerdì 6 settembre 2013 - News

Grande soddisfazione alla Mostra del Cinema di Venezia, ieri, per Sacro GRA di Gianfranco Rosi. Per la prima volta, nella lunga storia del festival, un documentario italiano partecipa in concorso. Già questo è un ottimo risultato, ma lo è ancor di più l'apprezzamento della critica e del pubblico. "Essere in concorso - ha affermato il regista in conferenza stampa - è già una vittoria per il cinema documentario, per quanto io abbia sempre cercato di non fare grandi distinzioni tra i generi. Il fatto, però, che questa distinzione venga superata dalla Mostra e dal suo direttore mi sembra molto importante". Con Sacro GRA Rosi racconta la capitale. Girando per tre anni con un mini-van sul Grande Raccordo Anulare di Roma, il regista ha scoperto mondi invisibili, da cui emergono personaggi sfuggenti e apparizioni fugaci. "Questa - spiega Rosi - è una Roma poco conosciuta, un polmone esterno rispetto al pantano romano. Dopo molti film fuori dall'Italia, era il momento giusto per raccontare questa storia, un modo per conoscere meglio Roma e di riflesso il nostro paese, oggi in forte crisi di identità".

Molto elegante, dalla splendida fotografia in bianco e nero, La Jalousie di Philippe Garrel, presentato ieri in concorso. Al Lido, con il regista francese, gli attori Anna Mouglalis e Louis ed Esther Garrel, figli del cineasta. Questa intensa storia d'amore, fatta di passioni ed emozioni esasperate, si interroga sulla dicotomia tra il sentimento e il bisogno economico. Molto positiva l'accoglienza al festival, per un film ambientato in un mondo di attori di teatro che credono profondamente nella loro arte, ma faticano a spiccare.

Sempre in concorso, ha ricevuto lunghi applausi dal pubblico Jiaoyou (Stray Dogs) di Tsai Ming-liang, cantore malese della solitudine e dell'alienazione contemporanea, vincitore di un Leone d'oro al Lido nel 1994 e due Orsi d'argento a Berlino. Pressoché privo di dialoghi, dalle inquadrature molto ricercate ed estremamente dilatate, Jiaoyou (Stray Dogs) è il dramma di un uomo disoccupato e abbandonato dalla moglie, che vive per strada con i due figli, cercando di mantenere un'idea di famiglia. "Spero che sia il mio ultimo film - ha affermato il regista 55enne in conferenza stampa - ma credo nel destino". Chissà che la Mostra non lo induca a ripensarci.

Fuori concorso ieri si è imposto Walesa dello stimato cineasta polacco Andrzej Wajda. Il film racconta la vita del premio Nobel Lech Walesa, fondatore del sindacato anticomunista Solidarnosc, coraggioso elettricista operaio che ha dato la spallata decisiva al crollo del comunismo in Polonia. "Un eroe dei suoi tempi", come l'ha definito il regista, che è stato accompagnato al Lido proprio dal sindacalista settantenne. Sempre fuori concorso, abbiamo visto il documentario Pine Ridge di Anna Eborn, che racconta le vite di alcuni nativi americani nella riserva di Pine Ridge, nel South Dakota.

È già tempo di tirare le somme, per un festival che non ha regalato grandi sussulti cinematografici, rispetto a edizioni passate. Oggi, nella penultima giornata prima della chiusura, arriva l'ultimo film in concorso, Es-stouh (Les Terrasses) dell'apprezzato regista algerino Merzak Allouache, che porta avanti la sua peculiare indagine sulla complessa e tormentata società algerina, dove i tetti delle case, un tempo luoghi di relax e incontro, sono oggi scossi dalla violenza e dalla morte. Cinque terrazze di Bab El-Oued, quartiere popolare di Algeri, ospitano cinque storie diverse, che si svolgono nell'arco di una sola giornata. Molteplici personaggi, reali o immaginari, si avvicendano, con racconti a volte tragici, a volte divertenti.

Fuori concorso oggi vedremo Unforgiven di Lee Sang-il, remake giapponese del capolavoro di Clint Eastwood Gli spietati. Il film è ambientato a Hokkaido nel 1880. Jubei Kamata è un killer molto temuto. Scomparso dalla circolazione per dieci anni, l'uomo riappare, vedovo e con due figli a carico, costretto a riprendere la spada per le disperate condizioni economiche in cui versa la sua famiglia. Due grandi registi a confronto sul terreno dell'amicizia, nel documentario fuori concorso intitolato Che strano chiamarsi Federico - Scola racconta Fellini. Ettore Scola fruga nel suo cassetto dei ricordi, per ricostruire piccoli ma importanti episodi della vita di Federico Fellini. Ricordi che riportano alla luce i luoghi e le emozioni provate in quasi cinquant'anni di amicizia.

Nella sezione Orizzonti vedremo La prima neve di Andrea Segre, tornato al cinema di finzione dopo lo stupefacente esordio nel 2011 con Io sono Li. Il regista italiano mette ancora una volta a frutto la sua esperienza di documentarista attento ai problemi dell'immigrazione, per raccontare una storia incentrata sul rapporto tra un undicenne che vive tra le montagne del Trentino, e soffre per la perdita recente del padre, e un giovane originario del Togo, fuggito dalla Guerra in Libia e incapace di accettare la propria paternità. Sempre in Orizzonti sarà presentato l'iraniano Mahi Va Gorbeh di Shahram Mokri, girato in un unico piano sequenza e basato su una storia vera, quella di tre cuochi alla ricerca della carne per il ristorante per cui lavorano, in una remota regione del Caspio. Ma nei dintorni l'unica carne presente è quella di un gruppo di studenti giunti per una gara di aquiloni.

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