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ONDA&FUORIONDA di Pino Farinotti

29 settembre: cento anni fa nasceva Michelangelo Antonioni.
di Pino Farinotti

In foto il regista Michelangelo Antonioni.
Michelangelo Antonioni Altri nomi: (M. Antonioni ) 29 settembre 1912, Ferrara (Italia) - 30 Luglio 2007, Roma (Italia).

domenica 30 settembre 2012 - Focus

Quando si dice "grande cinema italiano" accanto ad artisti come Visconti, Fellini, De Sica, Rossellini, in automatico si dice "Antonioni". È stato certo un grande autore, ma non sarebbe bastato; è stato un inventore e un legislatore. Storicamente viene considerato colui che ha girato pagina, sorpassando il "realismo" e anche la stagione successiva della "commedia". Antonioni si pose, nei primi Anni Cinquanta, come l'autore di una doppia evoluzione, importante, decisiva, quella sentimentale e quella del linguaggio. Le storie della gente semplice e povera erano già state raccontate. Il commesso viaggiatore coinvolto suo malgrado nella vicenda di una ragazza madre, la popolana che cerca di difendersi nella Roma occupata dai nazisti, i pescatori disperati di Aci Trezza, l'attacchino cui rubano la bicicletta, erano vicende, ed era un cinema, di un'Italia sconfitta e poverissima che doveva rifare se stessa.
C'era tempo solo per resistere e sopravvivere, tutto il resto era un lusso. Il regista di Ferrara intese che ci voleva dell'altro, che c'erano altre fasce che potevano essere raccontate. C'erano i borghesi, persino i ricchi. Certo non era semplice, occorreva soprattutto cultura, e ad Antonioni non mancava. In questo senso il suo percorso giovanile è un cartello di alto apprendistato. Laurea in economia e commercio, esperienze di teatro, basso profilo, scrittura su testate di cinema, sceneggiature, cortometraggio, documentario. E poi una frequentazione "obbligatoria", il Centro Sperimentale di Cinematografia, gran collettore e formatore di talenti. Indispensabili poi le collaborazioni con gente come Visconti, Rossellini e Zavattini. E, sopra tutto, eccolo in un breve ma preziosissimo ruolo, aiuto regista di Marcel Carné. Il nobile suggello francese è il battesimo della predestinazione. Come lo era stato per Visconti che, fresco di collaborazione con Renoir, rientrato in Italia, aveva firmato Ossessione, il più grande film italiano di sempre.

Ispirazione
La base colta di Antonioni si esprimeva anche nella sua ispirazione e conoscenza letteraria. Il modello era Cesare Pavese, e non solo per il film Le amiche, tratto appunto dal romanzo "Tra donne sole" di Pavese, ma perché altri titoli di quella stagione possono essere definiti "pavesiani". Come diceva lo stesso regista.
Dunque nel 1950, con Cronaca di un amore, Antonioni chiudeva e staccava il neorealismo. È una storia milanese di borghesi. Una bella indossatrice, che passa il tempo negli atelier, tradisce il marito con un giovane triste che vive di espedienti. Nella vicenda, come in quelle che seguiranno, nessuno è mai felice, nessuno decide mai qualcosa di definitivo, l'amore c'è e non c'è, il futuro... chissà, lui e lei non si comprendono mai. Il disagio e il vuoto sono privati ed estensibili e tutto il resto. E poi, come detto, il linguaggio: sequenze lunghe, in bianco e nero anche quando prevaleva, negli altri, il colore, tutto lento, poche parole, lunghi sguardi in cerca di qualcosa che non si trova perché forse non c'è. Dieci anni dopo, col famoso trittico L'avventura, La notte, L'eclisse, il regista perfezionerà quel vuoto spaventoso, traslando i sentimenti nella nuova stagione, del cinema e del Paese. Adesso un certo benessere c'era, dunque quell'insoddisfazione radicale era ancora più tragica.

Antonioni non è sempre stato capito dal grande pubblico, come lo erano i suoi omologhi Visconti e De Sica per esempio. E spesso ha diviso anche la critica. È divertente lo stralcio che gli dedica Dino Risi, maestro "diverso", genio della commedia, ne Il sorpasso. Gassman, alla guida della famosa Aurelia supercompressa, parla col giovane Trintignant, chiacchiere di tutto, in libertà: "... la solitudine, l'incomunicabilità, poi quell'altra cosa quella che va di moda oggi, l'alienazione, come nei film di Antonioni, l'hai visto L'eclisse? Io ci ho dormito, n'a bella pennichella... bel regista Antonioni...". Il ferrarese è stato un artista della ricerca. In molte chiavi. Ne Il deserto rosso studia la disposizione del colore, rispetto ai momenti del racconto. Importante la fase girata in lingua inglese, come Blow-up sull'ambiguità della realtà trasmessa dalle immagini, e poi Zabriskie Point, un road sulla ribellione giovanile, e ancora Professione: reporter, l'istantanea conosciuta dell'insoddisfazione trasferita ad altri confini. Ricordabile un suo esperimento in alta definizione, quando non era prassi accreditata, e la collaborazione con Wenders nel film a episodi Al di là delle nuvole.

Antonioni ha ricevuto grandi e numerosi riconoscimenti, dovunque. Gli mancava un Oscar, ma gli Americani glielo concessero alla carriera, tardivo, nel 1995. Con Il deserto rosso si è aggiudicato il Leone d'oro di Venezia (1964) e con Blow-Up la Palma d'oro a Cannes, che gli ha attribuito anche una Palma alla carriera.
La straordinaria, quasi maniacale attitudine alla ricerca emerge, direi si sublima, dopo il 1985, quando Michelangelo venne colpito da un ictus che gli ha inibito gran parte della vitalità. Aveva grandi difficoltà nella parola, allora scrisse dei racconti, di livello naturalmente, che glieli pubblicò il "Corriere", e dipinse piccoli quadri che vennero accettati dalla Biennale di Venezia. Artista completo, di vertice.
Mi sono incontrato con Antonioni una volta. Era il 2006 nell'ambito del BA Film Festival di Busto Arsizio. A me venne assegnato un riconoscimento come autore di 7 km da Gerusalemme, il film che vinse la manifestazione. Il vecchio regista ricevette l'ultimo premio, alla carriera. Era su una sedia a rotelle, non parlava, riusciva a sorridere con enorme fatica, faceva cenni lenti, con la mano sinistra. Tutta la sua parte destra era "morta" da tempo. È morto l'anno dopo, a 95 anni.

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