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La politica degli autori: Nuri Bilge Ceylan

Un regista capace di rendere inediti anche i racconti più universali.
di Mauro Gervasini

In foto il regista turco Nuri Bilge Ceylan.
Nuri Bilge Ceylan (65 anni) 26 gennaio 1959, Istanbul (Turchia) - Acquario. Regista del film C'era una volta in Anatolia.

mercoledì 13 giugno 2012 - Approfondimenti

Una rondine non fa primavera, ma quattro? Forse non sarebbe bastato un film come Uzak, vincitore nel 2003 del Gran premio della giuria al Festival di Cannes, a fare di Nuri Bilge Ceylan uno dei più importanti cineasti degli anni Zero. Ma adesso, dopo altri due titoli magnifici (Il piacere e l'amore del 2006 e Le tre scimmie del 2008) e un quarto, C'era una volta in Anatolia, in uscita nelle sale italiane il 15 giugno, è impossibile avere dubbi. Un autore non troppo popolare alle nostre latitudini, ed è un peccato. Il grande pubblico, poco curioso, non lo conosce e non viene messo nelle condizioni di apprezzarlo, dato che le sue opere sono sempre uscite alla chetichella, vittime della maladistribuzione nazionale. La critica non si è mai completamente abbandonata al suo sguardo e ai suoi ritmi, preferendo spesso altri registi di più immediata fruizione. Eppure Nuri Bilge Ceylan (Istanbul, 1959) ingegnere elettronico e fotografo, ha un rarissimo talento: quello di saper rendere particolari, visivamente e narrativamente inediti, racconti che sono invece universali. Non esiste esotismo nei suoi film. Istanbul non è la città alla quale ci hanno abituato altri titoli turchi "d'autore" o le grosse produzioni occidentali affamate di location eccezionali; riflette invece sensazioni epidermiche (il gelo di Uzak, per intenderci), vive di scorci e materia che rispecchiano le interiorità dei protagonisti, secondo un procedimento di adesione luogo-personaggio non nuovo eppure ogni volta sorprendente. Racconti universali che spesso riguardano la perdita. In Uzak un fotografo e suo cugino perdono rispettivamente la moglie e il lavoro; in Il piacere e l'amore un uomo (interpretato molto bene dallo stesso regista) e una donna, pur forse amandosi ancora, sembrano condannati ad una sorta di determinismo della separazione, perdendo stupidamente il piacere di amarsi. In Le tre scimmie un tizio accetta di andare in galera al posto del suo capo, in cambio di riconoscenza futura e denaro. Nel frattempo sua moglie diventa amante dello sfruttatore, sorta di donna-oggetto, e solo il taciturno figlio adolescente pare reagire con radicalità imperscrutabile. Un formidabile triangolo con echi di noir americano, e dove è la morale a sciogliersi in un meccanismo sempre più tragico.

C'era una volta in Anatolia è probabilmente il capolavoro di Nuri Bilge Ceylan. Altro dramma nero dove tre uomini, un commissario, un procuratore e un medico, devono condurre nel cuore dell'Anatolia il sospettato di un delitto affinché ritrovi il cadavere della sua vittima. Il presunto assassino pare Godot: si aspettano sue rivelazioni ma non reagisce, come se non esistesse e facesse parte dell'ambiente scarnificato circostante. Invece i tre "inquisitori", singolarmente al centro di vicende suddivise in altrettanti atti checoviani, rivelano animi sempre più contorti e tormentati man mano che l'indagine e il viaggio procedono. Non sappiamo se Nuri Bilge Ceylan abbia mai letto Dürrenmatt ma crediamo che al grande scrittore svizzero il film sarebbe piaciuto immensamente. Anche per l'epilogo. Il ritrovamento del cadavere trasforma i tre in funzionari dell'assurdo che agiscono secondo consuetudini meccaniche e totalmente disumane: trasportare il cadavere, farlo riconoscere alla moglie, procedere all'autopsia, senza che nessuno si preoccupi delle persone (in primis il morto). Si capisce allora quanto saranno destinati a somigliare all'assassino, che nel suo brutale silenzio ha portato alle estreme conseguenze l'indifferenza già di tutti.

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