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ONDA&FUORIONDA di Pino Farinotti

Saviano e la sindrome dell'ascensione: credeva di essere Dio, era Celentano. Di Sigmund Freud.
di Pino Farinotti

In foto Roberto Saviano durante la trasmissione de La7 "Quello che non ho".
Roberto Saviano (44 anni) 22 settembre 1979, Napoli (Italia) - Vergine.

domenica 20 maggio 2012 - Focus

Mi è stata chiesta un'analisi del fenomeno Saviano. Mi ci applico volentieri, perché considero il medium "tivù italiana" molto interessante anche se, lo confesso, ho fatto una certa fatica a ...raccapezzarmi. Roberto Saviano va scomposto in due momenti fondamentali, molto diversi fra loro. Nel primo, il soggetto aveva firmato un libro che un insieme di congiunture fortunate ne aveva fatto un caso, un fenomeno in evoluzione ed espansione esponenziali. Dove la figura del protagonista veniva connotata in chiave positiva e coraggiosa, quasi eroica, persino con segnali di martirio. Successivamente è intervenuta una mutazione genetica e filosofica che ha trasformato il modello in uno strumento socio-sentimental-cultural-moral-politico che ne ha stravolto il primo stato. Si direbbe che lo scrittore sia stato assunto, incorporato in un'Accademia che intende porsi come faro del mondo, destrutturarlo, angosciarlo, piuttosto che cambiarlo. Questa espansione ipertrofica ha portato a rimuovere un dato acquisito e diventato oggettivo - mi sono riferito anche a giudizi di vostri specialisti della cultura e della critica - : la qualità "medio-bassa della scrittura del soggetto, e dei contenuti relativi. Tuttavia la modesta cifra "letteraria e di sostanza" di Gomorra non penalizza il contenuto coraggioso che ho detto sopra. L'autore, confortato, lusingato, beatificato dalla nuova Accademia, si è sentito legittimato a mettere mano alla cultura, alla morale, al linguaggio, al pensiero e al vocabolario. A porsi come esempio, come primo motore e nuovo legislatore. E come profeta laico. Ti dice: ascoltami, perché io sono molto vicino alla verità. Fidati di me e diventa uno dei nostri. Ma ascoltami davvero, perché se rimani estraneo alla mia novella sarai un cittadino di serie b o c. Anzi, non sarai neppure un cittadino.
Il "profeta" rappresenta dunque la punta emergente dell'Accademia, i cui membri hanno a loro volta buona visibilità e incidenza. Tutti soggetti attivi nel dichiarare il degrado e vettori di angosce maggiori. La parte finale, quella buona, della proposta, magari della soluzione, quella che servirebbe, non c'è. L'Accademia si ferma all'angoscia e alla profezia.

Indizi
Sintomatici e ricchi di indizi sono il corpo e il volto del soggetto durante la sua performance televisiva. Un primo segnale si manifesta anche sulla postura. Il continuo ondeggiare del busto è il riflesso della ricerca di un assetto fisico stabile e di quello psicologico: un'insicurezza dei contenuti. Il soggetto "molleggia". Celentano, appunto. Anche la fronte aggrottata nel momento della dettatura della verità rimanda all'artista della via Gluk. Nell'inconscio Saviano non è sicuro della sua sentenza, ma la ricerca incessante del consenso e dell'autoaffermazione gli inibiscono la protezione della fase cosciente. Detto semplicemente: nessuna autocritica.

Il Saviano presenta la fisionomica degli argomenti che porta, "è" gli argomenti che porta. E riesce ad accreditare una competenza superiore a quella dei comunicatori tradizionali: conduttori, speaker, specialisti, opinionisti, capiservizio. È come se l'Accademia, con la beatificazione, gli avesse attribuito anche una parvenza di grazia.
Se la tragedia di Beslan, la mafia &'ndrangheta&camorra, i suicidi, i morti da amianto, i corrotti , le brutte notizie tutte o lo status generale, orrendo e indegno del Paese –fatto oggettivo- ti viene raccontata da un conduttore, i punti di angoscia possono essere molti, se te la racconta un profeta con grazia, raddoppiano. Qualcuno dice: che dia indicazioni più serene, un minimo di speranza, di tanto in tanto. Ma Saviano conosce solo quell'acqua poco limpida, e in quello stagno nuota. Altrove non sopravvivrebbe.
Trattasi dell'attitudine irresistibile a condannare (al rogo se esistesse ancora) chi non la pensa come lui. La chiave del concetto è doppia: si innesca da una presunta superiorità intellettuale –sempre per via di quella grazia-, che non può misurarsi con un opportuno deterrente di ironia, della quale lo scrittore è del tutto sprovvisto, passando attraverso la cosiddetta teleologia, così definita dal Rizzoli Larousse: "(gr. télos, fine e lògos, discorso) ricerca del fine delle cose". In sostanza non interessa il racconto della notizia, ma il risultato che intendi ottenere attraverso la notizia.

Opposti
Ho rilevato, nella mia ricerca, comportamenti diversi, magari opposti del pubblico: Roberto Saviano certamente divide il gradimento. Una frase reiterata e precisa come una formula è questa: "come lo vedo, cambio canale". A fronte dello "sgradimento" annoto il successo del suo programma televisivo. Uno sdoppiamento che può essere rapportato a quello del soggetto protagonista. E rilevo, tattile, il coefficiente di angoscia collettiva che si incrementa di getto sui primi piani del Saviano, per poi assestarsi nelle ore successive con picchi comunque più alti rispetto al dato normale.
Un soggetto che esercita un'azione così impattante non può che prestarsi a una reazione proporzionale. Saviano subisce attacchi violenti. Annoto gli interventi del signor Giuliano Ferrara, talentoso goliarda della scrittura, con propensione al paradosso che ha insultato pesantemente lo scrittore-profeta. Viviamo in un momento di assenza di verità assolute e ogni opinione può valerne un'altra. Nessuna intelligenza mediatrice e super partes può assumersi il compito di un esatto giudizio di merito. Dunque le idee del Saviano e del Ferrara hanno lo stesso peso. Ma nel momento in cui lo insulti, il tuo antagonista, in automatico, diventa migliore di te. E Roberto Saviano non deve essere insultato. Al netto della evoluzioni intervenute, egli rimane una personalità intellettualmente onesta, e in pericolo. Dunque da rispettare.

Concludendo con delle sintesi, e dovendo attribuire delle definizioni, ed esponendomi alle critiche degli specialisti miei colleghi, mi rifarò a un lessico televisivo, e userò modelli semplici ed estremi. Anche per ragioni di spazio. In un soggetto giovane questo impatto accelerato e violento ha dunque provocato una serie di sindromi. La prima è quella del titolo, una summa generale.
Sindrome dell'assunzione: credeva di essere dio ed era Celentano.
Seguono:
Sindrome della commedia: credeva di essere Dante ed era Staffelli.
Sindrome del sociale: credeva di essere Alberoni ed era Fede.
Sindrome della ribalta: credeva di essere Gassman ed era Pupo.

Citazioni
Mi rifaccio a due altre citazioni rispetto alla sede che mi ospita, MYmovies.it, dunque al cinema. Esempi da fiction, funzionali e certo estremi. Il film Il colosso d'argilla, con Humphrey Bogart, racconta di una cricca criminale nell'ambiente del pugilato. Viene scovato un gigante messicano, pauroso a vedersi ma col pugno e la mascella di un bambino. Truccando e corrompendo, incontro dopo incontro, tutti vinti dal finto pugile, ignaro di tutto anche della propria mediocrità, la cricca lo porta all'ultimo match, con un campione che non sta al gioco e fa sul serio. E lì la verità viene drammaticamente a galla. Un'altra memoria è per il leggendario Quarto potere, dove il magnate onnipotente Orson Welles sposa una ragazza senza talento, che canterebbe. Welles le compra la claque, le compra il teatro, e le compra i critici. Ne fa una cantante famosa che non sa cantare. Quando il sipario si strappa e arriva la verità, la donna finisce in una casa di cura.
Naturalmente Saviano non è un gigante di argilla e neppure un finto soprano, è solo un soggetto a disagio in un gioco gonfiato, ma il pericolo del sipario strappato lo corre. E sarebbe un peccato data la sua storia iniziale. Se la mia lunga e riconosciuta esperienza potrà in qualche modo servire, mi dichiaro pronto per qualche seduta con lui, e con i suoi sponsor membri dell'Accademia che gli stanno intorno. Se posso essere utile...

Un'appendice finale. Mi sono riferito all'Accademia come movimento. Ma un nome lo devo fare: Luciana Littizzetto. Che ha posto se stessa come modello sessuale, strutturando la teoria con linguaggio anomalo, estraneo allo stile della psicoanalisi. Se il modello Littizzetto dovesse accreditarsi vedrei scardinata la mia dottrina del sesso come motore di tutte le azioni umane. Cento anni di regole e comportamenti adottati, sarebbero stati inutili. Dovrei rivedere tutto.

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