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Lucio Dalla: grande talento trasversale, amico di tutti

Il musicista bolognese si è spento per un infarto a 69 anni.
di Pino Farinotti

In foto Lucio Dalla con Gianni Morandi nel corso della terza serata dello scorso Festival di Sanremo.
Lucio Dalla 4 marzo 1943, Bologna (Italia) - 1 Marzo 2012, Montreaux (Svizzera).

giovedì 1 marzo 2012 - Celebrities

Il titolo vuole intendere la completezza dell'artista. Quando a Sanremo, quest'anno, i cantanti venivano, tutti, annunciati come artisti, il suono creava un piccolo fastidio, una legittimazione un po' alta di chi si apprestava a cantare. Ma poi, quando entrò Dalla, "artista" era legittimo, nella sua accezione più nobile. Ho due ricordi personali di Dalla. Una volta, a Porto Cervo il cantante&musicista&tutto era alla presentazione di un libro di Daniela Azzola, The end. Alla fine voleva acquistare il volume che naturalmente l'autrice gli regalò. Allora lui lo prese in mano, se lo mise all'altezza degli occhi e si fece fare una fotografia. Che bella promozione e che bella azione. Era così Dalla, veloce, spiritoso, generoso.
Lo scorso anno ho presentato allo spazio Oberdan di Milano il film Quijote (Chisciotte) di Mimmo Paladino. Una lettura onirica, piena di licenze, personale, di Cervantes da parte del grande pittore della transavanguardia. Nel ruolo di Sancho Panza c'era Lucio Dalla, che aveva firmato anche la colonna sonora. Il don Chisciotte, un artista avanzato con regole proprie, un'edizione irreale&surreale&tutto, davvero una possibilità assoluta per un musicista/attore (oltre al resto). Non sono un fautore del sincretismo artistico, ritengo che uno scrittore debba scrivere, un pittore dipingere e un cantante cantare. E che un regista debba fare i film. Salvo eccezioni. Dalla era un'eccezione. Non è davvero facile definire, in sintesi, tutte le sue gamme. All'inizio non conosceva la musica. Da ragazzo ascoltava il jazzista Chet Baker e prese quegli spunti. Il suo strumento era il clarinetto, ma ne toccò molti altri. I registri della sua voce erano buoni per il jazz, la melodia, addirittura la lirica. I suoi testi sono alti. Spesso si dice "poeta" estendendo generosamente l'attribuzione, ma con Dalla la definizione era legittima. E poi quella sua capacità di essere trasversale rispetto a tutti i bacini. Musica leggera, testi leggeri, ma anche musica e testi... tutt'altro che leggeri. È notorio, ufficializzato in una sua popolare canzone che era nato il 4 marzo del 1943 (stesso mese, anno e solo un giorno prima di un altro Lucio, Battisti). Partecipazioni, piccoli gruppi, tentativi: tutto questo per arrivare al 1963 quando Lucio, ventenne, suscita l'interesse di Gino Paoli che ne fa un cantante solista. Da quel momento Dalla, di anno in anno, di canzone in canzone, di apparizione in apparizione, diventa parte della cultura generale e del costume italiani, come i grandi modelli dello spettacolo musicale, com'era stato Modugno, e poi Celentano e Battisti, De André.
Dalla ha cadenzato la vita e le possibilità di incanto di tante generazioni. È stato uno di quei rari dispensatori che poi quando vengono a mancare, come adesso, ti rendi conto che avevano, e ti avevano dato, qualcosa in più degli altri. Soprattutto te lo avevano dato nei termini della qualità. Ci sono cantanti leggeri che portano grandi argomenti sulla felicità, sulla vita e sul destino. Proposte sproporzionate, che vengono da una fonte che non sa misurare se stessa. Ma Dalla sapeva che la musica e le parole per la musica possono essere importanti ma devono restare in quell'ambito, che è soprattutto quello dell'evasione. Piazza grande, Caruso, Com'è profondo il mare, L'anno che verrà, Nuvolari, Attenti al lupo, Canzone. E tanti altri titoli. Eccolo il suo patrimonio, trasmesso, accolto e inserito nel profondo della nostra più bella memoria. Tutto questo è molto importante. Dalla riusciva a sperimentare senza farlo pesare. È anche stato attore mai banale. Del suo esercizio con Paladino ho detto sopra. Naturalmente non poteva che essere come sempre, in tutti i ruoli affrontati, compreso quello di attore. Aveva volto e corpo di grande "carattere". Nel suo La mazurka del barone della santa e del fico fiorone, Pupi Avati, accanto a Tognazzi e Villaggio, inserì una piccola parte, anche per Dalla. Roba grottesca. Molto più sera è la performance del musicista-cantante ne I sovversivi, dei Taviani. Recitare era semplice e naturale per Dalla, come suonare uno strumento... o quasi. Nel 2007 al teatro Comunale di Bologna firmò la regia dell'opera "Pulcinella" di Igor Stravinskij. Si trattava di musica, anche se in registri molto diversi. Ma se c'erano di mezzo note e spettacolo, per Lucio Dalla, faceva poca differenza. Affrontava e risolveva.

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