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La politica degli autori: Andrew Niccol

Un regista che riflette su un'idea di fantascienza umanista.
di Mauro Gervasini

In foto il regista Andrew Niccol.
Andrew Niccol (59 anni) 10 giugno 1964, Auckland (Nuova Zelanda) - Gemelli. Regista del film In Time.

mercoledì 15 febbraio 2012 - Approfondimenti

Un giorno Andrew Niccol, regista pubblicitario nato in Nuova Zelanda nel 1964, riuscì ad essere ricevuto da Scott Rudin, potente produttore hollywoodiano (Sister Act, Il socio...). Aveva con sé un soggetto, la storia di un tizio ignaro di vivere fin dalla nascita in una specie di soap opera, anzi, meglio ancora in un reality show, prima però che i reality fossero se non inventati, codificati. Un soggetto eccezionale, convenì Rudin, che mise sotto contratto il giovane cineasta (allora trentaduenne) affinché portasse a termine la sceneggiatura. Poi la beffa. Ottenuto il consenso di una star, Jim Carrey, per il ruolo del protagonista Truman Burbank, Rudin non se la sentì di lasciare il progetto in mano a un regista senza nome come Andrew, e la direzione fu affidata a Peter Weir. Con l'aggravante della nazionalità: per un neozelandese essere sostituito da un australiano è una macchia indelebile.

The Truman Show (1998) resta il capolavoro mancato di Andrew Niccol, mancato perché non lo ha diretto lui. Ma lo ha scritto, ispirandosi a Philip K. Dick (in particolare a "Tempo fuor di sesto", del 1959). E dentro c'è tutta l'attenzione del regista per le contraddizioni dell'epoca cosiddetta postmoderna, a volte proiettata nel futuro e a volte semplicemente intersecata con la contemporaneità. La doppia faccia della tecnologia, feconda e distruttrice, il deserto postumano arido di sentimenti e relazioni, le mutazioni economiche del modello neoliberistico e quelle antropologiche dei sudditi/spettatori dei vari regimi "catodici". Per non parlare della più strepitosa raffigurazione cinematografica dei non luoghi di Marc Augé, al centro di The Terminal di Steven Spielberg (2004), da un soggetto originale proprio di Niccol. Con la sola eccezione di Lord of War (2005), storia piuttosto ambigua e molto confusa del trafficante d'armi Nicolas Cage, Andrew Niccol regista ha sempre riflettuto su un'idea di fantascienza umanista, basata soprattutto sulla scrittura, a volte autarchica (Gattaca è privo di effetti speciali digitali) che non rinnegasse la matrice teorica del genere, storicamente concentrata sulla metafora delle fobie collettive. Se negli anni '50 a far paura erano i comunisti, McCarthy e la bomba atomica, nei '90 di Gattaca (1997) sono le possibilità della scienza applicata alla genetica ad alimentare un nuovo immaginario fobico, e infatti il film racconta di una società distopica dove oligarchie perfette vengono concepite in laboratorio manipolando il dna, e invece la manovalanza è figlia dei corpi, per questo debole e schiava. Possente rappresentazione della più subdola forma di razzismo biologico, Gattaca disegna anche un sistema politico temibile e possibile, o non inverosimile, che rimanda a totalitarismi novecenteschi ma rivestiti di simbologie estremamente attuali. Non è un caso che sia coinvolto nel cast uno scrittore e politologo radicale come Gore Vidal.

Interpretato da Ethan Hawke, Uma Thurman e Jude Law, resta, questo, il miglior film di Niccol insieme a The Truman Show, anche se non gli è troppo lontano il nuovo In Time, nelle sale italiane dal 17 febbraio. Il ritorno a una società suddivisa rigidamente in classi si riflette in un futuro nel quale gli uomini e le donne sono programmati geneticamente per crescere fino a venticinque anni, con un anno di vita in più. Dopo il quale ogni minuto va guadagnato, se no si schiatta. I poveri lavorano e il proprio tempo se lo sudano in catena di montaggio, oppure lo barattano stando attenti a non farsi derubare. I ricchi vivono per sempre in una Time Zone a metà tra l'isola blindata di La terra dei morti viventi di Romero e Wall Street. Questo lo scenario di un action che rimanda a Gattaca per la dinamica tra i protagonisti, con l'eroe schiavo (Justin Timberlake) e la principessa (Amanda Seyfried) amanti e complici in lotta contro l'ordine mondiale. L'idea del tempo come moneta corrente è un altro elemento che collega Niccol a Dick.

Da non sottovalutare anche S1mOne (2002) appesantito dal protagonista Al Pacino, troppo gigione, ma ancora una volta puntuale nel cogliere uno dei nervi scoperti della contemporaneità, in questo caso le possibilità/paure del virtuale. Molto interessante, da un punto di vista teorico, la raffigurazione del personaggio di S1m0ne: nella finzione del racconto è la simulazione al computer di una donna bellissima, nella realtà è interpretata da una attrice in carne e ossa, Rachel Roberts, ma nella postproduzione cinematografica è una sorta di sintesi tra umano e virtuale, dato che l'interprete è stata "ritoccata" in digitale, con effetto ancor più pericolosamente affascinante.

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