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Kevin Greutert, l'uomo che uccise l'enigmista

L'incontro con il regista dell'ultimo capitolo della saga di Saw.
di Ilaria Ravarino

Il regista Kevin Greutert al centro, sul set di Saw VI con gli attori Tobin Bell e Peter Outerbridge.
Kevin Greutert (59 anni) 31 marzo 1965, Pasadena (California - USA) - Ariete. Regista del film Saw VI.

domenica 5 giugno 2011 - Incontri

Ospite della seconda edizione del Fantasy Horror Award di Orvieto, il regista Kevin Greutert sembra gradire l’atmosfera che da qualche giorno grava sulla cittadina medievale. Cielo scuro, nubi cariche di pioggia, lampi e persino grandine sulle vie acciottolate, sulle guglie del Duomo, sugli elmi dei figuranti in costumi fantasy che animano i pomeriggi del festival umbro. «Ho sentito un paio di tuoni bellissimi», dice Greutert con l’orecchio allenato ai dettagli, quello del regista nato montatore: ex editor di Titanic, promosso dal 2009 alla guida della saga di Saw VI, qui per tutti Greutert è l’uomo che ha ucciso l’Enigmista. O almeno il suo franchise: con il suo Saw 3D la saga di Jigsaw si è chiusa nell’ottobre del 2010, «definitivamente», dice lui. «Non mi sorprenderebbe se prima o poi qualcuno volesse tirar fuori un prequel, ma l’Enigmista così come l’abbiamo conosciuto è finito. Senza possibilità di ritorno».

Come si sente ad aver legato il suo nome all’ultima grande saga horror americana?
Ancora adesso non mi sembra vero. Girare Saw è stato un sogno che si realizzava. Avevo il mio lavoro come montatore, e non avevo mai seriamente pensato di fare il regista: figuriamoci se mi sarei potuto immaginare di essere ricordato per un film come Saw. Sono felice, e orgoglioso, di averlo condotto alla fine.

La fine: ne è sicuro?
Sono sicuro che Saw 3D sarà il mio ultimo film della saga. Prevedo un reboot del franchise, prima o poi. Ma non un altro "Saw". "Saw" è finito.

L’Enigmista è il Freddie Krueger del nuovo millennio?
Sì, credo sia destinato a diventare un’icona horror dei nostri tempi. La maggior parte dei mostri, nei film horror di oggi, vivono nell’ombra. Sono personaggi violenti ma lineari. Jigsaw ha una marcia in più: è una persona, non un personaggio. È furbo, sicuro di sè, a suo modo è convinto di essere un eroe. C’è in lui una grande, accattivante complessità.

Quali sono le differenze fra i mostri di ieri, come Freddie Krueger, e quelli di oggi?
Per me Jigsaw è in qualche modo più simile a Hannibal, il cannibale de Il silenzio degli innocenti che al Krueger di Nightmare. Come Hannibal, in lui non c’è niente di soprannaturale: ti spaventa perché è una persona, non un mostro, quindi incarna un tipo di orrore che potrebbe esistere veramente.

Un orrore talmente spaventoso che la saga è stata accusata di indulgere alla violenza. Cosa risponde alle critiche?
Che non sono d’accordo. Gli horror non sono problematici per la società, anzi. Credo che, attraverso le storie e le performance degli attori, film come Saw aiutino la gente a sublimare certe paure ataviche. Per me hanno un’utilità sociale.

La sua più grande paura?
Ha a che fare con la più importante fiaba dell’uomo moderno, e cioè "Frankenstein". Io credo che il giorno in cui tutti i 7 miliardi di persone sulla Terra saranno finalmente tecnologizzate, quello sarà il momento in cui la tecnologia ci si rivolterà contro. Immagino un mondo alla Terminator, con gli uomini dominati dalle intelligenze artificiali.

Incubi ricorrenti ne ha?
Certo, come tutti i registi stressati. Quando sono sotto pressione sogno di rifare gli esami del liceo. Una volta ho sognato Jigsaw. Ma non era un incubo: era una specie di commedia.

Il film più spaventoso che ricorda?
Ho un enorme rispetto per Il silenzio degli innocenti, ma anche Suspiria di Dario Argento è tra i miei preferiti. Il problema è che i film meno recenti, pur essendo bellissimi, ben fatti e ricchi di ispirazioni, raramente mi spaventano.

Un regista di horror può vincere un Oscar?
È rarissimo. Non credo che l’Academy sia pronta.

I suoi prossimi progetti?
Ancora niente di pronto. Sto pensando a un film da regista: qualcosa tra l’avventura, la fantascienza e l’horror.

Cosa ricorda dell’esperienza da montatore di Titanic?
Tutti sapevamo che stavamo facendo qualcosa di speciale. È stato durissimo, c’è chi ha lavorato per quindici mesi ininterrottamente, senza un giorno di pausa: Cameron ti impegna parecchio. Ma così come può succedere che la troupe si renda conto di lavorare a un film che non vale niente, noi sapevamo benissimo che avevamo fra le mani una di quelle cose che ti capitano solo una volta nella vita.

Chi è il suo mito a Hollywood?
Il mio eroe è Werner Herzog, un regista che ha fatto anche horror, documentari, film d’avventura. Per me è uno dei più grandi registi moderni.

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