Christopher Walken incontra il pubblico italiano.
Il secondo degli incontri proposto da Mario Sesti ed Antonio Monda per l'iniziativa "Viaggio nel cinema americano" ha portato a Roma uno degli attori più cult di Hollywood. Walken, capello dritto e occhio spiritato, si è raccontato senza troppe cerimonie: gli esordi come ballerino di musical. L'Actors Studio. L'esperienza con Cimino che ha segnato la svolta della sua carriera. I grandi registi con cui ha lavorato e quelli con cui ancora non ha avuto occasione. Diplomatico e politically correct non si è mai sbilanciato. Alla domanda di Monda sul perché Hollywood non fa lavorare Cimino ha risposto che "forse l'amico preferisce un'attività più solitaria e con meno responsabilità, come scrivere". Sesti ha sottolineato che Walken, divenuto icona di genere, ha avuto l'abilità di non restare vittima del suo personaggio continuando a cimentarsi sempre in nuovi ruoli. A sentire l'attore, in vena di grande umiltà, la versatilità espressiva è merito della capacità dei bravi registi come Spielberg o Tarantino. E mentre dalla platea fioccavano le domande, lo stesso Walken sembrava sorpreso dalla cinefilia del pubblico astante, che chiedeva di titoli quasi dimenticati, come Roseland di James Ivory, o di film meno noti al grande pubblico, come Fratelli di Abel Ferrara. Battuta finale: "...in che percentuale ritiene che siano stati importanti i capelli nel suo lavoro?" Sorriso luciferino di Walken.
Gli americani del settore spettacolo difficilmente danno risposte frontali, fingono di non comprendere temi scomodi o glissano su temi compromettenti. Soprattutto non concedono mai performance extra ai caché concordati. Cosìcché tutti quelli che si aspettavano almeno un accenno di tip tap, sono rimasti a bocca asciutta. In sala erano presenti anche Giancarlo Giannini e Carlo Lizzani.