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Habemus Belén

Esce in sala Se sei così di dico sì, commedia con la strana coppia Rodriguez-Solfrizzi.
di Ilaria Ravarino

Talita Cortès (Belén Rodríguez) sdraiata sul setto della sua camera d'albergo in una scena del film Se sei così ti dico sì di Eugenio Cappuccio.
Belen Rodriguez (39 anni) 20 settembre 1984, Buenos Aires (Argentina) - Vergine. Interpreta Talita Cortès nel film di Eugenio Cappuccio Se sei così ti dico sì.

giovedì 14 aprile 2011 - Incontri

Che Belén Rodríguez sia davvero così, e che tutti le dicano di sì, è un fatto ormai assodato. Dai reality tv al cinema d’autore l’ascesa della showgirl argentina sembra inarrestabile, un successo che non conosce battute d’arresto, che divora e fa proprio tutto quel che incontra, annientando il ricordo delle cadute (Vallettopoli, la cocaina, i rapporti con Fabrizio Corona e Lele Mora), e trasformando le riuscite in trionfi.
Le ha detto sì De Laurentiis, incartandola nel cinepanettone sudafricano e dicendo di lei, nemmeno tanto sottovoce, che «una così le bestie feroci se le mangia a colazione». Le ha detto sì la Rai, prima con Sanremo e poi con Montalbano perché «quel che tocca, diventa oro – disse un mese fa Fabrizio del Noce - Solo lei e Gigi Proietti sono capaci di far salire lo share di quattro punti». E più di recente le hanno detto sì anche i fratelli Avati, suggerendone caldamente il nome al regista Eugenio Cappuccio alle prese con il suo primo film Medusa, Se sei così ti dico sì, diventato immediatamente “il film di Belén”. «Fu Pupi Avati a propormi Belén, io non la conoscevo e dissi che volevo incontrarla – ha detto il regista in conferenza stampa a Roma – ci siamo parlati, abbiamo scoperto che i nostri padri si chiamano allo stesso modo, cioè Gustavo, e poi le ho spiegato che tipo di regista sono io. Lei si è detta pronta a seguire tutte le mie indicazioni, e devo dire che è stata un’ottima complice». Davanti ai giornalisti, scortata da due bodyguard e seduta accanto al compagno di set Emilio Solfrizzi, la Rodríguez non ha nascosto niente: né l’aiutino ricevuto dagli Avati, né l’emozione per la prima pellicola a dotarla di parola, né tantomeno quell’esplosivo corpo, di cui il film s’approfitta «per provocare il pubblico – ha detto – e per mostrare il cinismo del mondo dello spettacolo, dove se sei figa passi per forza per essere scema». Cosa che lei, evidentemente, non è.

Signorina Rodríguez , non le bastava la tv?
Belén Rodríguez: Amo la tv ma sto percorrendo un cammino, step by step, che dai reality mi ha portata al cinema. Non penso di aver saltato nessuna tappa nella mia carriera. Recitare mi regala tante emozioni, mi sento come se avessi scoperto un altro mondo, quello del cinema. Interpretare un personaggio e uscire da sé è un gran lavoro psicologico, forte e complicato, che mi ha fatto molto bene.

Come vi è venuta l’idea del film?
Antonio Avati: L’idea è venuta a me, mentre guardavo quei programmi tv sulle vecchie glorie degli anni ‘80, e poi osservando i fan assiepati sotto casa mia, in centro, davanti all’albergo delle star. All’inizio immaginavo i due protagonisti un po’ più sfatti e spietati di come sono nel film, ma va bene così, sono soddisfatto.

Solfrizzi e Rodríguez sono una coppia insolita: come avete scelto gli attori?
Avati: Noi abbiamo suggerito Belén, Solfrizzi l’ha voluto Cappuccio. Non guardando molta tv e non andando mai al cinema, io e Pupi non lo conoscevamo. Mia moglie l’aveva visto in Tutti pazzi per amore, ma vedendolo in questo film si capisce che è anche un grande attore di cinema.

Il film uscirà contro Habemus Papam di Nanni Moretti: vi spaventa la concorrenza?
Antonio Avati: Che ci importa? Noi habemus Belén.

Rodríguez e Solfrizzi: a chi vi siete ispirati per i vostri personaggi?
Emilio Solfrizzi: Alle persone che incontravo nei bar o nelle serate in Puglia e in Calabria, agli inizi della mia carriera. Quel mondo di provincia lo conosco bene, meglio di quello televisivo. Ho conosciuto tante persone, umanamente ricchissime, che il nostro ambiente considererebbe dei vinti. Trovo agghiaccianti quelle trasmissioni in cui c’è la vecchia gloria della musica che canta, e intanto alle sue spalle appaiono le immagini di quando era giovane: la tv è così, i vinti più sono vinti e più fanno share. È un mondo crudele e spaventoso, sono felice che in questo film se ne parli.
Belén Rodríguez: Cappuccio mi diceva di pensare a una come Paris Hilton, ma non mi accontentavo di ispirarmi solo a lei. Il mio personaggio doveva tirar fuori una sensibilità che lo rendesse più positivo di come sembrava a prima vista.

In effetti il suo personaggio somiglia più a lei che alla Hilton…
Rodríguez: In comune abbiamo alcune paure, ma è normale per chi fa questo lavoro: sei in diretta e hai l’adrenalina a mille, poi torni a casa e ti ritrovi da sola con te stessa. Belén è un personaggio: non che io finga, ma in tv devo essere sempre sorridente e frizzante, mantenere alto quell’umore che è il motivo del mio successo. E questo nonostante possa avere anche io qualche problema. Fuori dalla vita lavorativa sono una ragazza normale, non una diva: le dive oggi non esistono più, non c’è nessuna come la Loren. E poi, come il mio personaggio, anche io ho pochissimo tempo. Mi piacerebbe diventare madre, ma i nuovi contratti continuano a far slittare il proposito. Non che sia tardi, ho solo 26 anni...

E invece in cosa si sente diversa dal suo personaggio?
Rodríguez: Lei è viziata e capricciosa, mentre io credo di avere un cuore grande, molto più grande del mio lato B. E poi si considera una specie di azienda vivente, è una che vuole cavalcare l’onda del successo e pensa solo ai soldi. Io invece voglio fare una carriera seria: questa cosa del film mi ha intrippato un casino, recitare per me non è un passatempo, non è uno scherzo.

Si sente un’attrice ormai?
Rodríguez: No, e quando me lo dicono mi vergogno. Non mi piace rivedermi sul grande schermo. Ho un copione, mi innamoro del mio personaggio, cerco umilmente di calarmi nei suoi panni. Tutto qui.

Nel film si parla anche del prezzo dell’insuccesso. Come si supera?
Rodríguez: I fallimenti in Italia te li perdonano solo quando sei morto.
Solfrizzi: Bisogna sapere che l’insuccesso è una cosa che coinvolge anche gli altri, compresi quelli che hanno investito su di te. Nella caduta non si è mai soli. La verità è che nella vita non bisognerebbe avere né troppo successo né troppo poco: il successo genera molta invidia.

Lei che è un attore di successo, ha mai pensato di sfidarsi passando alla regia?
Solfrizzi: sì, è da tanto che ci penso. Ma ho troppo rispetto per quel mestiere per improvvisarmi. Diciamo che per adesso mi godo la comodità del mio ruolo da attore.

Quando le hanno detto che avrebbe recitato con la Rodríguez , come l’ha presa?
Solfrizzi: per natura non mi fido dei pregiudizi. Ho aspettato di incontrarla, e mi sono trovato davanti una persona normale. Sono entusiasta di lei, è una ragazza vera con tanta voglia di lavorare.

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