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Caccia all'Ottavo Re di Roma

Una nuova miniserie poliziesca per la prima serata di RaiUno.
di Edoardo Becattini

Da sinistra Sergio Friscia, Raffaella Rea, Gedeon Burkhard, Alina Nedelea e Denis Fasolo
Gedeon Burkhard Altri nomi: (Gideon Burkhard / Gedeon Burkhart ) (54 anni) 3 luglio 1969, Monaco di Baviera (Germania) - Cancro. Interpreta Daniele Piazza nel film di Michele Soavi Caccia al Re - La Narcotici.

venerdì 14 gennaio 2011 - Televisione

Abbandonando momentaneamente i romanzi popolari e il melodramma seriale che ha garantito il successo degli ultimi prodotti (Terra ribelle, Paura di amare e Rossella), il prime time di RaiUno cambia faccia e propone un ritorno alla tradizione tutta italica del poliziottesco coniugata coi temi sociali più attuali. Diretta da un virtuoso frequentatore del cinema di genere come Michele Soavi (Dellamorte Dellamore, Arrivederci amore, ciao), Caccia al Re – La narcotici è il racconto in sei puntate (in onda a partire da domenica 16) della complessa operazione "Caput Mundi": la prima indagine affidata al vicequestore Daniele Piazza, subentrato come dirigente della sezione narcotici in seguito a un grosso scandalo di corruzione. In questo primo incarico, la nuova squadra di Piazza si troverà subito ad affrontare l'impero di un importante trafficante, detto l'Ottavo Re di Roma, con il quale Piazza ha un conto in sospeso da lungo tempo.
Ad interpretare il vicequestore è stato chiamato il tedesco Gedeon Burkhard, volto molto amato dai telespettatori de Il commissario Rex e di Squadra Speciale Cobra 11, affiancato dagli altri membri della squadra Raffaella Rea, Alina Nedelea, Sergio Friscia, Denis Fasolo e Valentino Campitelli. Del "lato oscuro" fanno parte invece l'Ottavo Re di Roma Stefano Dionisi e i suoi scagnozzi Michele D'Anca, Libero De Rienzo, Ricky Memphis e Bruno Conti. In mezzo alle due opposte fazioni stanno invece i giovani protagonisti della storia, adolescenti irretiti dal pericoloso gioco della droga, che nelle parole degli autori e degli attori sono i veri destinatari di questa nuova produzione. Una produzione in cui l'elemento didattico e civile ha quindi una forte presenza in quanto, come sostiene a gran voce Maurizio Masciopinto, responsabile delle relazioni esterne della Polizia di Stato: "Non è vero che il bene non fa ascolto!".

Dopo due film per il cinema, cosa l'ha attratta a tornare alla tv?
Michele Soavi: Mi ha molto affascinato il tema della serie. La sceneggiatura affrontava il mondo della droga tema in modo crudo, realistico, senza falsi buonismi. Si trattava di un lavoro molto accurato, scritto a partire da fatti di cronaca. La droga è sempre un tema molto attuale e dare su questo argomento dei messaggi ai giovani è un dovere didattico e terapeutico. Il servizio pubblico ha il dovere di fare questo tipo d'informazione, di raccontare qualcosa che ci faccia vedere il riflesso dell'immagine di noi e di come sono e cosa rischiano i nostri figli. Caccia al Re è tutto questo, condito da un buon ritmo e da una storia molto avvincente.

C'è qualcosa in comune fra Daniele Piazza e i suoi poliziotti precedenti?
Gedeon Burkhard: Sono ruoli sempre più drammatici, ma non hanno molto in comune fra loro a parte il fatto che sanno come usare un'arma. Il commissario Rex era un po' favola, Cobra 11 più improntato all'azione. In questa serie invece, il mio personaggio è vittima di un tragico destino e ciò lo avvicina molto più degli altri a una persona reale.

Cosa ti ha spinto a diventare l'Ottavo Re di Roma?
Stefano Dionisi: Ho accettato con grande passione perché mi ero divertito molto a lavorare con Michele Soavi per Il sangue dei vinti. I nostri cattivi sono interessanti perché appartengono al mondo criminale di tutti i giorni, ma in fondo sono sempre i soliti cattivi... La parte più importante della storia è senza dubbio quella che coinvolge gli adolescenti e il tema della droga. Finora non si era mai affrontato con una storia così affascinante e un tale talento di regia il problema dei ragazzi adolescenti che si avvicinano alle droghe.

Come si è svolto il lavoro degli sceneggiatori?
Leonardo Fasoli: In effetti, per noi l'obiettivo fondamentale era sviluppare il punto di vista degli adolescenti, cercare di raccontare le cose con un massimo di aderenza alla verità e di rispetto nei confronti dell'argomento. Occorreva prestare attenzione a non criminalizzarlo in maniera troppo facile per non essere troppo superficiali e rischiare di ottenere l'effetto contrario.
Maddalena Ravagli: Era fondamentale non condannare semplicemente l'uso della droga in quanto tale, ma indagare in quale modo e perché gli adolescenti si avvicinano e si integrano al business della cocaina. Non assumere una presa di distanza, ma chiedersi quindi in prima persona come ci comporteremmo se succedesse ai nostri figli. Uno dei grandi problemi attuali è proprio l'enorme distanza che c'è fra i giovani e i loro genitori.

Cosa ti ha spinto a diventare una poliziotta?
Raffaella Rea: In una fiction di questo tipo è il linguaggio con cui si racconta il problema a fare la differenza. Molto spesso notiamo uno scollamento fra materia trattata e storia realizzata, qua invece ho notato fin dalla scrittura una forte aderenza ai problemi della realtà. Inoltre, come donna, mi affascinava interpretare una poliziotta che per una volta non mettesse da parte la sua femminilità ma che anzi ne facesse un segno della sua passione e dedizione al lavoro.

Dopo tanti polizieschi, è la tua prima volta da cattivo?
Ricky Memphis: Sì, ma è il cattivo meno cattivo di tutti. Livio Vitale è sì un infame spacciatore che guadagna sulla pelle della gente, ma è anche un sognatore, un uomo diabolicamente ingenuo. In questo lavoro vedrete una Roma che è molto vicina alla situazione reale. Magari non capita proprio tutti i giorni di incontrare spacciatori come l'Ottavo Re, soprattutto se non te li vai a cercare, però attraverso la storia si percepisce come nella nostra società in questo momento ci sia una forte aria di criminalità e di perdita dei valori.

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