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Nero story: non nel senso di noir, ma di Franco

Un attore dal talento non ampiamente riconosciuto.
di Pino Farinotti

Dall'Italia a Hollywood
Franco Nero (Francesco Sparanero) Altri nomi: (Frank Black / Lescovar / Frank Nero ) (82 anni) 23 novembre 1941, Parma (Italia) - Sagittario. Nel film di Giancarlo Planta Angelus Hiroshimae.

lunedì 22 marzo 2010 - Focus

Dall'Italia a Hollywood
F ranco Nero ha presentato in anteprima a Hollywood l'ultimo film di cui è protagonista, Angelus Hiroshimae. "È il mio ruolo più estremo, quello che amo di più, per molte ragioni" ha dichiarato. Le "ragioni" ci sono davvero, artistiche e personali, dolorose. Ma prima di scrivere del suo "Angelus" è doveroso un promemoria di Franco Nero.

Biografia
Una sua biografia termina con questa frase: "l'attore è stato diretto da molti registi importanti del cinema italiano, ma anche da artisti come Buñuel e Fassbinder. Il talento di Franco Nero è stato abbondantemente riconosciuto e legittimato" .
Dico che l'ultima affermazione è impropria: il talento è stato riconosciuto, ma non abbastanza. Nel novembre dell'anno prossimo Nero compirà settant'anni. Certo, ha fatto molto. Era un divo a 25 anni. Ma quando avrebbe potuto dare il meglio, negli anni '80/'90 il cinema gli si è sottratto, non lo ha ignorato, ma non gli ha concesso ciò che avrebbe dovuto. Perché il cinema italiano era cambiato, impegnato a rincorrere il sociale e la politica. Dedito a trasfigurare alcuni dei codici che sono indispensabili al cinema, ne sono il cuore e la testa: l'eroe, il buono che prevale sul cattivo, il modello in cui ci si può identificare, dunque migliore di noi e con maggiore appeal. E poi naturalmente le storie: i sentimenti diventavano banali, i genitori dovevano essere cattivi, il diverso era sempre migliore di te, se non ti facevi almeno uno spinello diventavi uno sospetto. E poi si dileguavano i generi. I nuovi protagonisti si chiamavano, fra gli altri, Orlando, Lo Cascio, Fantastichini, Amendola, e più tardi Marcoré, Bisio, De Luigi. Modelli di un cinema provinciale e modesto che avrebbe allontanato il pubblico, quasi azzerato l'esportazione, e che sarebbe stato ignorato dai grandi Premi. Certo non era più il cinema di Nero, di un divo, di un eroe. La sua faccia internazionale e nobile, il suo appeal, i suoi occhi brillanti come alogene azzurre, non servivano più.

Carriera
F ranco Nero in carriera è stato il westerner Django, il cavaliere Lancillotto, il deputato antifascista Matteotti, Garibaldi, Walter Audisio, più celebre come Valerio, il giustiziere del duce. Poi ha fatto padre Cristoforo manzoniano. Ha dato corpo e volto a un detective alla Bogart in Un detective e al capitano dei carabinieri de Il giorno della civetta, da Sciascia. E a cento altri personaggi. È stato chiamato da autori importanti e da maestri veri come Huston (La bibbia), Logan (Camelot), Buñuel (Tristana) e Fassbinder (Querelle de Brest). Nell'epoca "oscurantista" certo non è stato fermo, ma ha dovuto emigrare, anche in cinematografie minori. Nero è una sorta di primatista: presente in film prodotti da oltre trenta paesi. Nel 2003 l'attore propose un western alla Commissione consultiva del ministero, per il finanziamento. Facevo parte della Commissione e mi impegnai perché venisse attribuito il riconoscimento di "opera di interessa culturale", che venne attribuito, poi il film si arenò sui finanziamenti. Il titolo era Gli implacabili, dissi a Nero che c'era già stato un film con quel titolo, con Clark Gable, allora lo cambiò. Sarebbe stato un bel film, avrebbe rievocato Leone e un genere che aveva avuto una bella storia e un felice destino. Nero aveva chiamato gente importante, come Mickey Rourke e Jon Voight, due premi Oscar. Davvero un film troppo bello... per essere fatto. Nero e il western erano estranei al momento e al movimento del cinema italiano.

Vanessa
Ho incontrato molte volte Franco Nero, spesso lo accompagnava Vanessa Redgrave. I due si sono sposati quattro anni fa. La loro storia è conosciuta. Si conobbero sul set di Camelot, grande amore. Sono stati compagni per anni, hanno avuto un figlio Carlo Gabriel, si sono separati e ritrovati e alla fine... sposati, appunto. Vanessa e Franco hanno girato insieme Letters to Juliet, produzione cospicua, americana, con un budget di lancio molto importante. Ma a Nero importa il suo Angelus Hiroshimae, italiano. All'anteprima di Hollywood erano presenti, fra gli altri, Quentin Tarantino, Helen Mirren e Paul Mazurski. Da quelle parti il nostro attore è amato, e riconosciuto più che da noi. Il film è diretto da Giancarlo Planta. La storia: siamo vicino a l'Aquila, un cacciatore (Nero) spara e ferisce un essere molto strano, una specie di angelo giapponese. Se lo porta a casa e lo cura. Elementi di letteratura: il Libro degli Haiku, di Jack Kerouac, e di surrealismo. Con un significato personale: il cacciatore aveva perduto suo figlio. Ed è qui che reinserisco il doppio significato dell'inizio, "personale e doloroso". Perché anche Nero, proprio un anno fa perse una "figlia". Ho posto le virgolette perché Natasha Richardson, figlia di Vanessa e del suo primo marito, Toni il regista, morta per emorragia cerebrale provocata da un incidente sugli sci, era per Franco una vera figlia. L'ho sentito più volte dire proprio "mia figlia Natasha". Franco Nero, gran passionale, si è avvicinato a questo film con una ... passione esponenziale. Ecco le ragioni di quella dichiarazione "... è il ruolo che amo di più".

Cultura
Un film surreale da un testo di cultura giapponese del grande Kerouac; la Redgrave; gli amici americani; Hollywood e l'Aquila, con ciò che può rappresentare. Questo è Franco Nero attuale. Il cinema italiano non gli s'addice. No davvero.

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