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Lo scandalo della Banca Romana: tra passato e presente

La nuova miniserie di Raiuno in onda domenica 17 e lunedì 18.
di Alessandra Giannelli

Uno spaccato sociale importante
Giuseppe Fiorello Altri nomi: (Giuseppe Fiorello ) (55 anni) 12 marzo 1969, Catania (Italia) - Pesci. Interpreta Mattia Barba nel film di Stefano Reali Lo scandalo della Banca Romana.

venerdì 15 gennaio 2010 - Televisione

Uno spaccato sociale importante
Lo scandalo della Banca Romana è una storia italiana che viene raccontata, per Rai Uno, in un film di Stefano Reali, domenica 17 e lunedì 18 gennaio, e che vede come protagonisti Beppe Fiorello (il giornalista Maria Barba), Andrea Osvart (Renata), Lando Buzzanca (il governatore corrotto Bernardo Tanlongo), Vincent Perez (Clemente Claudet), Ninni Bruschetta (commissario Cavatterra), Ramona Badescu (Ida Tanlongo), Stefano Molinari (Carloni), Marcello Mazzarella (Gustavo Biagini), Lollo Franco (da non perdere, a detta del regista, nei panni del padre di Mattia) e Maurizio Mattioli. La Rai, su questo tema, come ha fatto notare Fabrizio Del Noce, "ha già dato" con uno sceneggiato nel 1977, sebbene focalizzato soltanto sul personaggio di Bernardo Tanlongo e non allargata a tutte le implicazioni né arricchita di un tocco di melodramma e sentimentalismo dell'epoca. Uno spaccato sociale molto importante, concepito perché raccontasse un determinato periodo storico, in cui, successivamente, si è inserito un fenomeno internazionale, come quello degli scandali delle banche. Una fiction ben congegnata anche grazie a un notevole cast, prosegue il direttore di Rai Uno, che spera emergano le varie chiavi di lettura che la stessa offre. Elementi che si fondono e che riguardano fatti veri, con veri imputati e personaggi realmente esistiti, sebbene quello di Fiorello sia inventato, anche se, di fatto, l'elemento giornalistico ci fu proprio con Il corriere della sera. Uno spaccato successivo all'annessione, quello dell'Italia giolittiana e degli anni precedenti alla Prima guerra mondiale, una serie con un preciso messaggio storico e politico, per realizzare non soltanto una fiction spettacolare, ma anche di servizio pubblico.

Romanzo di formazione
Un film che nasce dall'idea del produttore, Alessandro Iacchia, desideroso di raccontare una realtà attuale, e che, per l'interesse che suscita, è oggetto di trattative con la Spagna, la Francia e il Sud America. Una gestazione faticosa, nel realizzarlo, per la necessità di combinare la ricerca storica con l'aspetto drammaturgico che erano stati decisi con Andrea Purgatori e Laura Ippoliti, gli sceneggiatori (insieme a loro Luigi Calderone) che hanno messo in piedi questa storia su cui poi si è inserito il regista. Una storia raccontata come un thriller, e non nel solito stile oleografico, per far risaltare l'innocenza di questo giornalista, che parte con "gli occhi grandi" per voler cambiare il mondo, ma che poi farà la scelta sbagliata. Fiorello, infatti, veste i panni di un giovane giornalista siciliano che si trasferisce a Roma con l'idea di cambiare il mondo, ma si ritroverà a dover mettere da parte la sua onestà. Nelle note di regia Reali parla di "romanzo di formazione" raccontando che, da subito, ha trovato ottima la sceneggiatura che raccontava la storia di un uomo con le peculiarità proprie di molte persone. Un uomo onesto che, dopo aver perso questo principio, cerca di recuperarlo con tutte le forze; in questa ricerca, Reali intravede, appunto, il romanzo di formazione.

Beppe Fiorello, è così facile essere corrotti?
Mi sono chiesto per quale ragione mi chiamano spesso per raccontare storie di questo genere. Mi piacciono molto questi personaggi, specialmente nel modo in cui li racconta Stefano, mi assomigliano anche un po' tutti in qualche modo. La prima proposta è arrivata da Alessandro Iacchia, che mi ha fatto scoprire questa storia di cui io non sapevo niente. Spesso, con il mio mestiere, ho studiato quello che avrei dovuto studiare quando dovevo. La curiosità mi ha spinto a saperne di più, ho letto qualcosa e ho scoperto che si tratta di un racconto non antico, ma moderno, un dramma attuale che ricorda anche quanto da poco accaduto in America. Mi sembrava curioso raccontare un fatto di cronaca moderna, vestita da Ottocento, con le carrozze, etc….
Lando Buzzanca, ci parla del suo personaggio?
Io sono stato raccomandato da Del Noce per fare questa parte (in realtà è stato il contrario)! Mi sono preparato su questo personaggio storico, l'unico della fiction. Stefano ha preteso che lo facessi in modo che si percepisse come onesto e aveva ragione lui perché l'informazione che ho avuto è che lui era un uomo tutto famiglia e lavoro. Lui distribuiva denaro ai poveri del suo rione, anche se questo nel film non si vede. Un uomo probo che viene chiamato il corruttore perché, evidentemente, la corruzione era un fatto istituzionale, protetta e lui si adegua al clima. Lui, però, non è mai l'iniziatore, ma è sempre preda di terzi.

Andrea Osvart, cosa può dire del personaggio che interpreta?
Anche il mio personaggio è 'tutto in mezzo' perché Renata arriva a Roma come la compagna di questo direttore del giornale corrotto e quando incontra Mattia Barba percepisce una cosa che da tempo non vede in nessuno, scoprendo in lui la purezza e ne viene attratta. Scopre, guardando in se stessa, che non è quella donna che è stata usata, sfruttata e messa in mostra e basta, ma di essere una donna di morale e coraggiosa e fa la sua scelta. Il messaggio del mio personaggio è che ognuno ha sempre una scelta; le persone dovrebbero avere il coraggio di guardarsi dentro e non farsi influenzare.
Andrea Purgatori, cosa si può dire di più su questa fiction?
Una cosa veramente importante è che la Banca d'Italia esiste proprio perché c'è stato questo scandalo. Questa fiction è stata girata in luoghi in cui, normalmente, le fiction non entrano come piazza di Spagna o piazza di Pietra e questo va detto perché si tratta di un ulteriore sforzo produttivo.

Perché parlare degli scandali bancari esteri e non di quelli italiani come il "caso Parmalat"? Avete timore di pestare i piedi a qualcuno?
Del Noce: "Tutte le vicende giudiziarie non definitivamente chiuse, per le disposizioni del Consiglio d'Amministrazione, non possono essere raccontate, tantomeno in una fiction".
Reali: "Il film, certamente, è un'allusione alla realtà di oggi e, soprattutto, alla impunità di chi delinque! La fiction è molto più allusiva a ciò che è accaduto in Italia che non ai grandi scandali esteri perché Madoff non potrà godersi i suoi soldi con tutti gli ergastoli che avuto, contrariamente a quanto avviene da noi".
Laura Ippoliti: "Non si tratta di mascherare i fatti perché abbiamo paura di parlarne. Il punto è che il grande valore dei nostri racconti storici acquistano pregio quando si trova una chiave che getti luce sui problemi del presente, il tutto leggendo le vicende anche dal punto di vista della gente comune. Lo scandalo che raccontiamo può essere definito la madre di tutti i crack finanziari, stranieri e italiani, senza bisogno di fare riferimenti specifici. Quello che ci tenevamo a far risaltare è che allora, come oggi, alla fine i veri perdenti sono gli uomini comuni".
Stefano Reali, ce l'abbiamo un po' nel sangue questo modo di comportarsi, visti i fatti di ieri e di oggi?
Si, mi sembra di si. Una delle cose che questa fiction ha affrontato è stato il problema della autenticità. Quando mi è arrivata la sceneggiatura di Laura e Andrea, ho visto che c'era la possibilità di cambiare i nomi per non far arrabbiare gli eredi. Noi, però, approfittando del fatto che c'erano degli atti pubblici di un processo, abbiamo usato nomi e cognomi veri e che ritroviamo nei libri di scuola. La realtà è che, in quel momento, i giornalisti avevano un'attitudine alla possibilità di attaccare il potere che ha fatto si che uno scandalo del genere avvenisse. Un momento storico in cui i giornalisti sfidavano a duello i direttori dei giornali. Questo non è solo un paese 'a umma umma', ma abbiamo avuto un passato di combattenti, di giornalisti che scrivevano quello che, realmente, vedevano e che venivano anche incarcerati per questo. Quello non era un modo lassista di vedere le cose. Abbiamo avuto una crescita politica di un certo tipo che ci ha fatto però allontanare da quello che è stato un periodo nobilissimo, di grande confronto sociale, che è stato il figlio del Risorgimento e dell'Unità d'Italia. Scusate l'ardore, ma è un argomento che io sento molto, non è vero che siamo tutti figli di Alberto Sordi.

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