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Polvere bianca e cronaca nera

Dopo una travagliatissima gestazione distributiva, il film sul mondo della cocaina diretto da due esordienti trova il suo spazio di visione.
di Edoardo Becattini

Polvere Pulp
Giovanni Capalbo . Nel film di Danilo Proietti, Massimiliano D'Epiro Polvere.

martedì 12 maggio 2009 - Incontri

Polvere Pulp
Un tempo era la droga dei potenti: la droga di Tony Montana, di George Jung o dei vari "padroni della notte". Veniva illuminata dalle mille luci di New York e spacciata solo da "bravi ragazzi". Oggi invece la cocaina è la droga di tutti, il cui uso e abuso si è espanso su tutti i ceti sociali e ha vissuto un passaggio dalla mondanità alla quotidianità, tanto che le sue tracce si trovano tanto nei privé dei festini fra vip quanto nei bagni dei locali più infimi, tanto nelle case popolari quanto nelle stanze del potere. Perfino il suo smercio si è costruito un solido sistema economico a struttura piramidale che va dalla criminalità organizzata fino al piccolo pusher sciagurato, in modo da risultare capillare e alla portata di tutte le tasche. Proprio dalla parte che riguarda consumatori e consumo sono partiti qualche anno fa Massimiliano D'Epiro e Danilo Proietti per realizzare un documentario "senza filtro" sugli effetti del consumo di cocaina su varie fasce d'età, e attorno a quelle esperienze riportate in video hanno poi costruito la sceneggiatura del loro Polvere.
Polvere parte infatti da una cornice in qualche modo "metanarrativa", un ragazzo che vuole realizzare un film sulle numerose esperienze di consumo di droga che stanno proprio intorno a lui, per arrivare a costruire un film meno vicino al realismo documentaristico che all'iperrealismo del genere hard boiled. Protagonista della pellicola, oltre ai volti noti e semi-noti di Primo Reggiani, Gianmarco Tognazzi, Francesco Venditti, Gaia Bermani Amaral, Rita Rusic e Loris Loddi, la stessa cocaina, vero e proprio io narrante del film, nonché collante delle varie storie e demiurgo dei destini dei suoi protagonisti.
Come nasce l'idea del film?
Massimiliano D'Epiro: Qualche anno fa io e Danilo Proietti abbiamo realizzato un documentario, "Cocaina", con il quale abbiamo cercato di analizzare il fenomeno del consumo della droga a partire dai suoi effetti. Ci siamo confrontati in modo diretto con le esperienze di molti tossicodipendenti e da lì è venuta l'idea di costruire attorno ad esse una trama di finzione, e così è nata l'idea del lungometraggio. Il problema vero è stato quella della produzione, ma abbiamo avuto la fortuna di incontrare Umberto Massa che ha deciso di finanziarci con la sua casa di produzione, la Kubla Khan. Non abbiamo ricevuto alcun finanziamento da parte dello Stato e, visto il tema affrontato dal film, trovo sia una cosa piuttosto grave.

È stato un problema trovare una distribuzione?
Massimiliano D'Epiro: Il film trova finalmente il buio delle sale dopo un lungo periodo di incertezza distributiva e di polemiche di vario tipo legate alla rappresentazione del mondo della droga che abbiamo affrontato nel film. In realtà non abbiamo nient'altro che portare sul grande schermo quello che succede abitualmente nel mondo al di fuori di una sala cinematografica come questa. Oggi la cocaina è accessibile a tutte le fasce sociali. Ha un prezzo ormai irrisorio, perché si può comprare con soli otto euro.
In che modo un film come Polvere aiuta a combattere il consumo di droga?
Danilo Proietti: Il film vuole veicolare un messaggio. Un messaggio preciso che credo emerga in modo piuttosto chiaro da ciò che avviene sullo schermo, e che rappresenta in un certo senso quello che può succederti in una notte anche prendendo un solo grammo di cocaina.
Massimiliano D'Epiro: Non si tratta di un film moralista, perché lascia la vera interpretazione di tutto allo spettatore. Quel che per noi era importante era mostrare tutta una serie di negatività, per lasciare poi allo spettatore la capacità di comprendere perché sia realmente un male. Fare la morale può anche ottenere un effetto contrario a quello ricercato, per questo possiamo dire che in un certo senso questo film è "immorale", perché lascia alla capacità del singolo la comprensione profonda dell'entità del problema.
Gaia Bermani Amaral: Il vero problema è che la cocaina non passa come una piaga reale, quando invece è ormai qualcosa che riguarda l'intera società. C'è davvero troppa leggerezza nell'affrontarla.
Gianmarco Tognazzi: Un film magari non cambia niente, ma nel nostro paese non ci sono molte pellicole che parlano di questo problema. Noi non parliamo del consumo di droghe in generale, ma affrontiamo un tema specifico che è la polvere, la cocaina, che ormai tocca tutti i ceti sociali e tutte le fasce d'età. Un film non ha il potere di cambiare la società, ma può sensibilizzarla, anche attraverso personaggi sgradevoli ed enfatizzati.
Quanto è diffuso il problema della cocaina in Italia?
Danilo Proietti: Basta pensare a quel che leggiamo quasi quotidianamente sui giornali e sulle pagine di cronaca nera. Secondo alcune indagini, si consumano una media di 500 chili di cocaina al giorno in tutta Italia, soprattutto al Nord. Tutti pensano che la cocaina si usi solo nel fine settimana, ma ci sono anche persone che la usano tutti i giorni, che arrivano addirittura a fumarla e ne muoiono.
Primo Reggiani: Il problema dell'uso di cocaina ormai non ha più limiti ed è inutile nasconderlo. La prendono i commessi dei supermercati, gli operai, i musicisti, i pittori, gli scrittori, i giornalisti. Io stesso ho degli amici che per affrontare quotidianamente la giornata di duro lavoro ricorrono alla cocaina.

Nel film l'io narrante è la cocaina stessa?
Massimiliano D'Epiro: Sì, abbiamo pensato che l'idea di far narrare gli eventi in voce over alla rappresentasse una possibilità unica per dimostrare il proprio ruolo di protagonista in ogni vicenda. D'altronde era inutile far parlare un tossico o uno spacciatore: la cocaina stessa era più fascinosa e intrigante e sapeva rendere giustizia a sé stessa.
Avete pensato a far partecipare il vostro film ad un festival per agevolarne l'uscita?
Massimiliano D'Epiro: Abbiamo tentato di far partecipare il nostro film ai vari festival in Italia, ma non abbiamo mai ricevuto risposte positive, anche perché purtroppo la logica vuole che se non hai già una distribuzione sicura, difficilmente verrai selezionato. Inoltre, volutamente non abbiamo voluto realizzare un film d'autore ma un film pop, proprio come il problema della cocaina è un problema legato al consumo ordinario: la cocaina è pop.

Quale sarà secondo voi l'accoglienza del messaggio del film da parte del pubblico?
Gianmarco Tognazzi: I principali problemi legati alla distribuzione sono stati causati dall'incomprensione che il nostro film potesse incitare al consumo di cocaina. Il che è una cosa assurda, visto che in questi anni in cui su internet ha girato il trailer del film, ho ricevuto personalmente moltissimi contatti da parte di docenti liceali e universitari che mi chiedevano di organizzare delle proiezioni scolastiche. Se solo un minuto di trailer su YouTube ha già messo in moto tutto questo, sono convinto che il film saprà essere ben recepito dai suo spettatori.

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