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Diverso da chi?, due volte diverso

Esce in sala la commedia con Luca Argentero che propone una famiglia "diversa".
di Marianna Cappi

Il triangolo sì
Luca Argentero (46 anni) 12 aprile 1978, Moncalieri (Italia) - Ariete. Interpreta Piero Bonutti nel film di Umberto Riccioni Carteni Diverso da chi?.

lunedì 16 marzo 2009 - Incontri

Il triangolo sì
Luca Argentero è Piero, un gay "al 150%", che si ritrova candidato sindaco per il centrosinistra in una roccaforte di destra del nord-est e finisce per innamorarsi di Claudia Gerini alias Adele, la "furia centrista", bigotta e antidivorzista. Una disgrazia? No, una commedia: Diverso da chi?, l'esordio alla regia di Umberto Carteni, sceneggiato da Fabio Bonifacci, per la nuova coppia del cinema italiano Cattleya-Universal. Più di trecento copie previste per la sortita, anteprime sold out e il plauso dell'Arcigay, felice che il film contribuisca a rompere il tabù della bisessualità. Guai a chi dice ancora che "il triangolo no".

È nata prima l'idea di un bimbo con due padri o l'idea dell'ambientazione politica?
Bonifacci: La prima idea, quella che mi ha divertito e mi ha spinto a scrivere questa storia, era quella di un puro ribaltamento: l'idea di un gay, convinto difensore della causa, simbolo del movimento omosessuale, che si ritrova al vertice in politica e a quel punto si innamora di una donna. Tutto viene capovolto: l'amore da nascondere è quello uomo-donna e la paura del protagonista è quella di confessare al padre che ama una lei. Il contesto politico nasce dalla volontà di fare di lui un simbolo, perché il ribaltamento fosse ancora più efficace. Il finale, invece, è venuto da solo, dal percorso dei personaggi. All'inizio non sapevo nemmeno io come sarebbe andata a finire.

La satira politica, all'interno del film, non nasconde riferimenti a partiti odierni e reali. Avete adeguato strada facendo la storia all'attualità?
Tozzi: Non ci crederete ma è la realtà che si è adeguata alla nostra storia.
Carteni: Sì, infatti il film è stato girato un anno fa e scritto ancora prima.
Bonifacci: Per questo vado molto orgoglioso della battuta su Obama, perché è stata ideata quando era ancora un candidato sconosciuto. Naturalmente ero pronto a sostituirla, mi è solo andata bene.

Secondo voi il film racconta una storia impensabile, oggi come oggi, in Italia?
Carteni: No, non credo, tanto che ho ricevuto la testimonianza di una persona che ha visto il film e mi ha scritto un'email dicendo che avevo raccontato la sua storia.
Gerini: No, ma questo non vuol dire che il film sia una ricetta o il manifesto della nuova famiglia. Certo per crescere un bambino due padri sarebbero utili, perché uno non basta mai.
Argentero: La vera fantascienza, spesso e volentieri, è la realtà. Se andassimo per strada a conoscere le vere famiglie vedremmo ben altro che questo. E poi, per me, famiglia vuol dire prendersi cura di qualcuno, volergli bene. È questo che conta.

Alla fine del film, sfera politica e sfera privata si dissociano. È inevitabile?
Carteni: La politica è sempre un passo indietro rispetto a quello che accade.
Argentero: È normale, le istituzioni si muovono molto più lentamente dei fenomeni sociali. Quando si tocca l'essere umano, però, le istituzioni dovrebbero stare più attente.
Nigro: Va detto anche che in altri paesi questo ritardo non c'è.
Il personaggio di Piero fa esplicito riferimento a Nichi Vendola, Pannofino è un sindaco che alza muri come ne abbiamo già conosciuti, la Gerini, invece, a chi si ispira?
Gerini: Alla Pivetti? Scherzo. Non mi sono ispirata a nessuno. Sono un sogno.
Bonifacci: Non è un personaggio reale, tanto più che la storia stessa s'incarica di mettere il personaggio in una condizione limite: ha una possibilità su 4 milioni di rimanere incinta e le capita proprio in questo modo.

Quanta responsabilità ha il Vaticano nei ritardi culturali del nostro paese?
Argentero: Viviamo in un paese in cui la laicità delle istituzioni è messa spesso a dura prova. Esistono paesi in cui l'influenza del Vaticano è meno forte e che comunque non vivono peggio di noi, se la cavano bene. Detto questo, io non sono convinto che sia giusta la liberalizzazione ad oltranza di qualsiasi istanza, secondo me serve una controparte, perché così quando si arriverà al sì – e sono convinto che ci si arriverà, sulle questioni più umane - ci si sarà arrivati al termine di un confronto e di un dibattito.
Tozzi: Il film, tra l'altro, ha ottenuto l'approvazione del Centro Cattolico del Cinema, che ci ha visto dentro un valore universalmente positivo. È un organismo molto selettivo, che determina l'accesso delle pellicole alle sale del cosiddetto circuito parrocchiale.
Bonifacci: Non so se sapete che, nell'avanzatissima Svezia, Stieg Larsson è morto accumulando 10 milioni di diritti che sono andati tutti al padre e al fratello perché, sebbene lui vivesse da 30 anni con la sua donna, non erano sposati e lei non ha potuto ereditare nulla. E là la voce del Vaticano quasi non arriva. Il problema del Vaticano da noi, se mai, è quello di ideologizzare le questioni. Questo film è stato scritto, girato e interpretato in un clima scevro da qualsiasi ideologismo, nella massima libertà.

Era previsto che fosse proprio questo il primo film Cattleya-Universal? Come va il vostro matrimonio?
Borg: Abbiamo iniziato a frequentarci con Lezioni di Cioccolato e anche prima, ma ufficialmente questo film è nato ad accordo non ancora firmato. C'è una lunga lista di film in programma e per ora il matrimonio è idilliaco.
Tozzi: È un film che era stato programmato prima dell'accordo ma è comunque il tipo di film che ci piacerebbe fare insieme: una commedia popolare che tocchi temi della società reale, forse in maniera più autentica di come si possa fare con altri generi.

Fare un film su un tema così scottante rischia di diventare un esercizio di equilibrismo. È stato così?
Bonifacci: Quando ho cominciato a scrivere non mi sono messo addosso la preoccupazione di non offendere nessuno, perché non si può fare satira in questo modo. Sono solo andato a parlare con Grillini, che all'epoca era l'unico gay della politica, almeno l'unico dichiarato, perché volevo evitare che il film si prestasse a strumentalizzazioni politiche. Ho capito che l'importante era non raccontare la storia di un gay convertito, non solo perché infastidisce ma soprattutto -ed è la cosa più importante per il mio lavoro- perché non è assolutamente verosimile. Un gay si può innamorare di una donna ma prima o poi la sua natura riaffiorerà.

Come hai costruito il tuo personaggio?
Argentero: Grazie all'aiuto del regista e del costumista, Roberto Chiocchi. Con Roberto abbiamo puntato sull'eleganza di Piero e sulla misura, sul suo non aver bisogno di esagerare perché è un personaggio con un ruolo pubblico. E poi l'alchimia l'abbiamo creata in coppia, con Filippo Nigro, anche grazie all'idea dello sceneggiatore di farci allenare nel canoismo, uno degli sport più faticosi al mondo. Alla fine eravamo davvero una coppia di coniugi isterici. Ma per fortuna ci siamo limitati a remare...
Nigro: Ad un certo punto mi sono dimenticato dell'orientamento sessuale del mio personaggio. Remo non può avere un figlio, questa è l'unica grande differenza con un eterosessuale, ma anche tante donne non possono averlo.
Cederna: Sono felicissimo di essere l'attore che dice la battuta su Obama, perché chi è uso alla commedia sa che è una battuta che vale oro, felice di aver lavorato con Antonio Catania, con cui non lavoravo dai tempi di "Mediterraneo", e felice di aver lavorato con Claudia, di cui non conoscevo lo straordinario talento comico, al punto che -nonostante tutto il teatro che ho fatto- davanti alla sua interpretazione spesso non sono riuscito a trattenermi dal ridere.

In conclusione...
Bonifacci: Quel che più mi preme sottolineare nel film è che non è tanto il tipo di famiglia che i protagonisti raggiungono ad essere importante, ma il metodo col quale lo raggiungono. Si confrontano in onestà intellettuale ed emotiva e alla fine trovano il loro finale. Ma non è quello che conta, è il percorso.

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