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Puccini: la vita, la musica, l'universo femminile

Una biografia che sottolinea gli aspetti melodrammatici dell'esistenza di Puccini.
di Alessandra Giannelli

Puccini, un progetto internazionale
Alessio Boni (57 anni) 4 luglio 1966, Bergamo (Italia) - Cancro. Interpreta Puccini nel film di Giorgio Capitani Puccini.

giovedì 26 febbraio 2009 - Televisione

Puccini, un progetto internazionale
Rai Uno, nei giorni 1 e 2 marzo, trasmetterà la fiction dedicata alla vita e alle opere del musicista lucchese Giacomo Puccini, con la co-produzione Rai fiction e Compagnia Leone Cinematografica, prodotta da Francesco e Federico Scardamaglia, sceneggiata da Francesco Scardamaglia, Nicola Lusuardi e Fabio Campus, per la regia di Giorgio Capitani. Ad interpretare Puccini, l'attore Alessio Boni. Il progetto televisivo nasce dalla volontà della Rai di celebrare il genio artistico del musicista, ma si iscrive anche in un disegno editoriale più ampio, che è quello di raccontare le personalità italiane che appartengono alla storia più o meno recente e, facendo questo, di rapportare il senso dell'identità nazionale, ma anche di annodare i fili della memoria storica del nostro Paese. Quindi, un progetto fortemente nazionale che trova, nel servizio pubblico, una forte ragione di essere, ma anche un progetto internazionale perché Puccini, insieme a Verdi, è il grande maestro del melodramma italiano, un genere molto amato all'estero e che è un forte elemento di riconoscibilità culturale dell'Italia.

Musica e donne
Nel raccontare questa storia era necessario, trattandosi di una biografia, scegliere una chiave di racconto, quindi un elemento che desse un senso a quello che è lo scorrere degli avvenimenti nella vita dell'artista, così, la prima scelta è stata quella di sottolineare gli aspetti melodrammatici dell'esistenza di Puccini, decidendo di renderla un'opera "pucciniana", come ha sottolineato Tinni Andreatta, di Rai Fiction, e questo lo si può vedere in alcune scene riguardanti il rapporto del maestro con il genere femminile, dirette da Capitani in toni, appunto, melodrammatici. La serie rende la vita di Puccini simile alla sostanza della sua materia artistica. Questo percorso è stato fatto lungo due direttive: l'utilizzo di alcuni stilemi di quello che è il romanzo di formazione letterario, e il fatto di utilizzare una delle ossessioni di Puccini, quella cioè di associare i soggetti da musicare a figure femminili. La storia inizia con Puccini diviso tra la tranquillità della provincia e le difficoltà degli studi del Conservatorio di Milano, ma anche il problema di dove si trova l'ispirazione. In questo periodo Puccini è ossessionato dal fantasma di Ghigliozzi (interpretato da Sasa Vulicevic), che è un musicista fallito che, per il maestro, rappresenta lo spettro, la paura proprio del fallimento e che però continua a perseguire il sogno di gloria; dall'altra parte, invece, c'è il sogno di Elvira (Sophie Von Kassel), moglie di un ricco commerciante, che lui conosce a Lucca, e che ama di un amore assoluto. Questi fantasmi vengono "sconfitti" con il primo successo di Puccini, Le Villi, opera che viene portata in scena a Milano e che gli permetterà di avere Elvira. Da questo momento in poi, il racconto è costellato da una serie di figure femminili che portano avanti la storia. Elvira si incarna nella prima grande eroina pucciniana che è Manon Lescaut, il cui successo nel 1893 porta Puccini alla notorietà. Dopodiché, un amore giovanile della sua vita da bohemién si trasformerà nel personaggio di Mimì e Tosca è la rappresentazione di una donna che lo porta a vedere una rappresentazione della "Butterfly"; infine, la piccola Doria suggerirà il personaggio che sta dietro al mistero di Turandot. La figura di cornice sarà quella di Liza Berman (Francesca Cavallin), una giovane giornalista viennese che dà la forza al maestro di superare la malattia, vivendo al di là della morte fisica, portandolo al canto di "Vincerò" con cui si interrompe l'ultima opera di Puccini. Questo è stato il percorso scelto dagli sceneggiatori che hanno fatto un sapiente lavoro, molto complicato, di elaborazione mitica conosciuta su Puccini, rendendola moderna. Il regista si è immedesimato, allo stesso tempo, nella fragilità emotiva del maestro e nella sua vitalità artistica. Alessio Boni ha lavorato studiando a fondo tutti quelli che sono gli elementi esteriori, ma anche l'anima di quello che è il personaggio fino a farlo proprio; quindi, riuscire a muoversi con grande naturalezza negli abiti, facendo un'interpretazione di un suo Puccini, vivendo le passioni e la forza del maestro. Le musiche, oltre che del noto musicista, sono di Marco Frisina, che è riuscito a restare fedele allo spirito di quell'epoca e di quella musica.

La personalità di Puccini
G iorgio Capitani ha dichiarato di essere un regista molto fortunato perché, soprattutto in questi ultimi anni, ha avuto la possibilità di raccontare dei personaggi e dei sentimenti, conquista importante che permette non solo di entrare nel personaggio, ma anche di fare un'opera psicanalitica su se stessi. Incantato dalla musica del maestro lucchese, Capitani ha sempre sognato di fare un film su Puccini e quando gli è stato proposto, ha cercato, dopo una grande gioia, di approfondire il personaggio, rimanendo incredulo di fronte a ciò che aveva scoperto: la fragilità del musicista, un uomo assolutamente insicuro, che pensava di essere sempre in crisi di ispirazione, ma che aveva anche paura della morte. Così, il fatto che fosse anche un gaudente lo aiutava ad esorcizzare questa paura, un modo per sentirsi vivo. È stato facile, per il regista, realizzare il film perché era ben scritto ed è stato interpretato da Boni con grande maturità. Ogni attore, in verità, si è ricreato il suo personaggio, a cominciare da Boni, ma anche Andrea Giordana, che interpreta Giulio Ricordi. Sono state tutte conquiste, ribadendo che è stato il film meno faticoso che ha fatto nella sua vita e che gli ha dato più allegria.
La serie, presentata già a New York, è stata molto apprezzata e seguita, anche grazie all'interpretazione di Alessio Boni, che è veramente "diventato" Puccini, affiancato da tanti bravi attori, tra cui Stefania Sandrelli, nel ruolo di Albina, sua madre.
Alessio Boni, specializzato nei "personaggi e sentimenti", ricorda di aver ricevuto il copione della serie di ritorno da un viaggio in Argentina (dove era andato per realizzare un film, di prossima uscita, sui desaparecidos) e di aver scelto Puccini da subito, dopo una sola lettura (come gli accadde quando lesse La meglio gioventù, confessa). Ricorda anche di aver letto un'intervista di Puccini e, mentre lo faceva, aveva in mente tutta la storia, così con il copione che lo tenne sveglio tutta la notte e che, la mattina dopo, gli fece accettare la proposta. Non è stato per il grande genio, ha ammesso Boni, ma perché, leggendo la storia per com'era sceneggiata, si andava dentro le mura di casa, si andava dietro le sue paure, la sua grande personalità, la sua forza. La personalità che lui voleva perseguire era ciò che lo rendeva grande, voleva arrivare al cuore di tutti. Aveva voglia di godersi la vita, adorava le donne, tutto ciò lo distoglieva dallo studio, che viveva come una costrizione. Tutto questo, grazie a un cast d'eccellenza, che ha amato Puccini più di lui e che da tutto questo è stato trascinato.

Un genio delle emozioni
S tefania Sandrelli racconta del suo personaggio che ha interpretato proprio come una madre, una madre di un figlio "importante"; un personaggio che ha vissuto sulla sua pelle perché sentiva, fin da piccola in quel di Viareggio, la musica del grande Puccini. Suo nonno Pietro, che del maestro conosceva tutto, le raccontava ogni aneddoto; ciò le ha permesso di vivere questo ruolo, anche se piccolo, come una grande emozione. Ha raccontato, infine, che un giorno, non portando gli occhiali sebbene miope, ha veramente creduto che Alessio Boni, che camminava verso di lei, fosse Puccini! In quel momento, non era una fiction, ma la realtà.
A ndrea Giordana confessa che tutto ciò che sente di Puccini lo commuove per il suo forte potere di penetrazione nel suo cuore, perché è stato un genio nell'interpretare le emozioni. In questa fiction, incalza l'attore, è accaduto "un miracolo": tutti "parlavamo" con Puccini in qualche misura, interagivamo con questo artista perché tutti noi attori, soprattutto, abbiamo avuto a che fare con la creatività, con la ricerca di creatività per l'esattezza. Si sente che in Puccini, dietro la sua opera, c'è sempre stato un grande travaglio e questo, per similitudine, mi fa pensare al mio mestiere e alle inquietudini che può dare. Tutti noi attori ci siamo sentiti un pezzo di Puccini.

Per quale motivo l'idea di stilare la prima parte di Puccini solo sulla sua giovinezza?
F rancesco Scardamaglia: "Non ci siamo posti un problema di bilanciamento tra la prima e la seconda parte, ma abbiamo voluto raccontare, nella prima parte, la scoperta della propria dimensione. Ci rivolgiamo a un pubblico che vede, nel raggiungimento dell'identità, qualcosa che lo riguarda profondamente; c'è sembrato di raccontare il tratto di strada di un essere umano verso la propria identità, verso la propria vocazione artistica, scoprendo qualche cosa che normalmente altri mezzi di divulgazione racconterebbero meglio, come un documentario. In una miniserie ci è sembrato importante raccontare il romanzo di formazione del musicista, quali sono gli elementi che hanno costruito la sua identità artistica e che hanno segnato la sua carriera. Questo è stato il nostro percorso. Così, come per Papa Giovanni, nella serie, la prima parte racconta della vocazione al sacerdozio. Per noi, a differenza di un documentario, è importante raccontare la formazione, anche se, stavolta, non si tratta di un papa". Giorgio Capitani: "Il film è stato fatto, scritto e recitato con modestia. Tutti quanti hanno fatto la loro parte senza fare niente di più. Noi abbiamo raccontato la vita di Puccini e l'abbiamo raccontata cronologicamente".

Chi è Liza, nella vita di Puccini?
F rancesca Cavallin: "Liza ha un duplice aspetto, quello di rappresentare una "donna nuova", che si sta emancipando, che è un'intellettuale e che vive l'amore in maniera abbastanza libera. È il personaggio che aiuterà Puccini, attraverso un'intervista, a scoprire e ad avvicinarlo a nuove sonorità musicali, che ritroviamo nella Turandot, tanto da aiutarlo a ultimarla; poi c'è un personaggio più simbolico, che rappresenta la vita e questo è il senso di Liza Berman. Io desidero ringraziare Giorgio Capitani, che anche questa volta ha creduto in me e che mi ha regalato, forse non sapendolo, un ruolo molto bello perché è legato a mie vicende personali. Io sono laureata in Storia moderna contemporanea, ma sono specializzata nell'arte di Klimt e, grazie alla costumista, ho potuto fare delle citazioni da Klimt e per un'attrice questa è una grandissima opportunità. Lo ringrazio perché mi ha fatto rivivere ciò che avevo studiato e che, quindi, mi appartiene come donna.

Chi sono gli altri personaggi?
S asa Vulicevic: "Il mio è Ghigliozzi e quello che posso dire, come artista, è che Puccini è stato un bravo musicista. Mi piace che sia considerato un fantasma, il mio personaggio, un fantasma dal quale tutti fuggono, ma è importante che ci sia.
Alberto Gimignan (nel ruolo dell'autore Ferdinando Fontana): "Quando si parla di Puccini, si parla, come è stato detto, del nostro dna. Quando ci viene presentato un personaggio simile, ci si butta a capofitto. Il mio personaggio è quello di un traghettatore, di uno che intuisce il genio di Puccini e lo proietta verso lidi in cui può manifestarsi. Una bella responsabilità, ma anche un gran divertimento farlo. Abbiamo avuto la possibilità di realizzare tutto ciò grazie alla "rolls royce" della fiction italiana, che è Giorgio Capitani!".

Qual è il rapporto con la musica lirica, ma anche con l'opera di Puccini, di Alessio Boni?
Io amo la musica classica, anche se posso sentire dai Radiohead ai Pink Floyd, ma, dopo un po', devo tornare per forza a Bach perché nasce tutto da lì. Quando mi sento giù metto il Requiem di Mozart, anche se può sembrare strano. Puccini lo conoscevo, anche se solo le opere più importanti, ma poi le ho ascoltate tutte. Ovvio che più ascolti una musica, più ti entra nell'orecchio e fai parte dell'uomo che l'ha scritta. Tutte le volte che c'era un pezzo difficile, come l'addio con Liza, Giorgio mi metteva la musica e, prima del "motore", me la spengeva ed io entravo dentro il personaggio. Consiglierei a tutti i registi di ispirarsi a una musica per ogni personaggio. Sono amante della musica, l'ho amata ancora di più e mi ha fatto capire quanto Puccini amasse l'essenza delle donne; in tutte le opere di Giacomo Puccini l'eroe è femmina".

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