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Il Bush di Oliver Stone: una caricatura

Bush secondo Stone: l'abbiamo scampata bella.
di Pino Farinotti

W., un ritratto grottesco
Josh Brolin (56 anni) 12 febbraio 1968, Los Angeles (California - USA) - Acquario. Interpreta George W. Bush nel film di Oliver Stone W..

martedì 20 gennaio 2009 - Approfondimenti

W., un ritratto grottesco
Ho visto W., il film di Oliver Stone sul presidente George W. Bush. Una premessa. Non c'è dubbio che Bush jr non sia stato uno dei migliori presidenti degli Stati Uniti. Una certa corrente lo accredita persino come il peggiore in assoluto. Gli americani usano quattro aggettivi fondamentali, essenziali, impietosi a definire i loro presidenti: attivo, passivo, positivo, negativo. Non è facile che un presidente possa attribuirsi entrambi gli aggettivi felici: attivo&positivo. Forse, nell'era recente, solo Reagan e soprattutto Clinton se li sono guadagnati, forse, appunto. La prospettiva, seppure corta, sembra davvero indicare in Bush un capo che ha fatto molti errori e qualche disastro. Certamente tutti noi abbiamo misurato spesso, dal vivo, la sua inadeguatezza, abbiamo rilevato gli imbarazzi dei suoi interventi in diretta, dove non aveva tempo per consultarsi, certo sfavorito anche dalla sua fisiognomica. C'erano senza dubbio, nella sua postura, nella comunicazione, accenti grotteschi: non aveva la faccia presidenziale, così come non ne aveva il passo, o il cappello. Tutto questo è ormai accreditato. Ma Oliver Stone fa di Bush jr un imbecille pericoloso. Se davvero George W. è stato quello di Stone, il mondo, tutti noi, l'abbiamo proprio scampata bella. Dobbiamo compiacerci di essere ancora vivi. L'attore Josh Brolin dà corpo e volto al presidente, il regista lo fa assomigliare all'originale in maniera impressionante. Ebbene il modello che ne segue è un mix fra Jerry Lewis, Forrest Gump e Jim Carrey quando fa l'idiota.

Gli anni giovanili
Gli anni giovanili di George sono devastanti. Sempre una bottiglia in mano, quasi sempre un hamburger pieno di farcitura, ragazze incinte con relativo intervento riparatore (del padre). Non si riesce a capire da dove gli arrivi il minimo, indispensabile background di cultura politica: viene solo citato un passaggio a Yale. In società è ridicolo e maldestro, ride, scatta, sputacchia continuamente. Conosce la futura moglie Laura ed è incredibile come riesca a conquistarla. Lei è una democratica, non condivide tutto del fidanzato. Sono fermi in macchina, discutono, lui si arrabbia schiaccia l'acceleratore e va deliberatamente contro un muro. Reazioni, nervi, da futuro leader del mondo? Il padre gli si rivolge come al figlio scemo.
I Bush sono un'influente famiglia americana, George senior è già vicepresidente, è stato eroe di guerra, vorrebbe che il figlio fosse all'altezza. Ma junior intende diventare allenatore di una squadra di baseball e se proprio è lecito sognare, un giorno potrà essere il presidente della lega di quello sport. Poi George si rifugia in una comunità per alcolisti e il capo gli parla come a un portatore di handicap, la mano sulla spalla, sillabando e ripetendo lentamente i concetti. Poi gli prende le mani, gliele giunge e lo fa pregare come si fa col bimbo alla prima comunione. E poi, naturalmente, il rapporto col padre, interpretato da James Cromwell, attore dinoccolato, altissimo, grande classe. Il padre è sempre incombente, il figlio sempre a guardare dal basso, impacciato, complessato. Giocano persino a fare a pugni, e junior non può che soccombere. Quando il primo Bush perde il secondo mandato, sconfitto da Clinton, junior decide che vendicherà il padre e un giorno sarà presidente. La motivazione regina gli viene... direttamente da Dio. Come accadeva ai leader del Sacro Romano Impero. Riesce nell'intento, per due amministrazioni.

Verso il grottesco
Ma davvero l'America, il popolo, il senato, i media, l'intelligentia, non sono riusciti a porre un filtro, un cordone sanitario garante, una protezione da un simile personaggio? Ebbene no, non ci riescono. Bush presidente è 'guidato' da consiglieri pazienti. In una scena uno di loro, il 'genio', gli insegna tutte le risposte, Bush ripete come uno scolaretto delle elementari. In riunione col vicepresidente Dick Chaney, (l'ottimo Richard Dreyfuss) a sua volta paziente e didattico, Bush davanti a un tovagliolo apparecchiato sul tavolo presidenziale, si fa il solito hamburger, aggiusta con le mani la farcitura, si succhia le dita e discute del destino del mondo. Anche nel privato, con la moglie, discute, in una sequenza: va in bagno, si siede, srotola la carta igienica, si pulisce, si rialza e riprende gli argomenti. Stone proprio non ama il suo presidente. I grandi nodi vengono toccati: l'11 settembre, Saddam, la decisione dell'intervento in Iraq, basato sulle presunte armi chimiche e nucleari che il dittatore nasconderebbe. Quando si scopre che le armi non esistono il gruppetto - i soliti Rice, Powell, Chaney - ci restano proprio male. Il regista ripercorre una parte di strada dell'altro grande nemico cineasta di Bush, Michael Moore. Ma Moore aveva usato documenti, immagini reali, cogliendo Bush in contesti ridicoli e grotteschi, portandoli, con faziosità troppo palese, verso la propria tesi del presidente-idiota. Stone, rifacendolo con un attore, ne ha reso una caricatura estrema, un cartone animato. Tanto che l'originale, già compromesso e grottesco di suo, nel confronto, almeno in quello estetico, finisce per guadagnarci. È il limite del recente Stone, che dopo stagioni di opere ottime, anche straordinarie, si è ritenuto un referente-eroe, maestro massimo, titolare infallibile della verità storica americana. Ha perso le misure. Come se si consultasse quotidianamente con Michele Santoro. Un'altra mezz'ora di film e sarebbe riuscito nell'impresa di rendere Bush junior persino simpatico.

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